Là mi vedranno (Mt 28, 10)

Poesie dove faccio cantare tante persone. In una persino Gesù. Spesso parla direttamente il protagonista, anche dove non scrivo tra parentesi un nome, sempre di fantasia. Sono storie inventate, nate però dalla vita di un prete che vive, cresce, in mezzo alla gente e ne sente il canto. “Maria da parte sua custodiva tutti questi fatti-parole lasciandoli condiscendere nel suo cuore” (Lc 2, 19).

Ferragosto

Nel lungo silenzio d’estate,
entrato il ristoro dell’anno,
la poesia saliva dalla carne e dal sangue,
come una caparra dell’assunzione.
Sentivo cantare la vita, persone,
l’umano dolore, le gioie,
nella sconfinata Compassione.

Via lucis

Nella cineteca della memoria
prendo il film della tua storia
con sorpresa sempre nuova
di mille sfumature inavvertite.
E cercandoti mi scopro,
lì, sull’argine nebbioso,
a metà del primo tempo,
nell’ultima parola, non colta,
di quel canto, ai titoli di coda.

Via dei miracoli

Come un lucignolo si spegne al vento
e la mano lo accarezza, coprendolo.
Così ti custodivo.
Come dal cielo viene il bello
e stupito senti un canto.
Così ci conoscevamo di nuovo
nel tempo.
Ed il Signore voleva che nulla
mi costasse fatica
e ci allietava Maria nella sua casa.

Pellegrinaggio per l’Appia antica

Lucignoli fumiganti
per catacombe ancora
nella notte di Roma
del quo vadis.

La natura del vento

La notte nel silenzio le canzoni
volavano dai cuori nelle case
passando magari da bugigattoli
aperti al fresco dell’estate.

Il vento le portava, che’ sa molte
cose, le più nascoste pure.
Le posava discreto con un soffio
leggero nel riposo ignaro.

Erano sogni d’amore, preghiere
implorate da madri ansiose,
suppliche di pace ed altre belle cose
che sole la brezza può fare volare.

La dodicesima ora

Ogni sera che viene
è una sera che piango.
Riguardo il mattino.
Ogni terra che penso
è speranza lontana,
di giorni lontani,
che amo soltanto
in una foto del futuro.
Ritorna la sera.
Ritorna il mio letto, la mia nave,
la mia solita nave di sempre,
in cui piango da solo terre lontane.
Ogni terra che penso
è una sera, è un mattino.
Ogni terra che penso domando:
sei forse tu la mia terra?

La lotta dell’attesa

Ora qui, sul monte, vedo la gola
che mi apre al vento e alla luce
delle stelle.
E’ come se all’ordine mio,
alla mia salita,
la nebbia sia svanita
del non volere un’attesa.
Com’è bella ora la piccola luce,
come un canto degli angeli
al vegliare dei pastori,
o cometa che svela e fuga
il falco alto levato.

La cognizione del dolore

La foglia dorata d’autunno
lasciata cadere al vento
come se fosse inverno,
senza potare quel ramo,
senza bagnare quel campo,
nel mite ristoro del sole
volata lontano.

Vocazione matrimoniale di Lorenzo

In questa notte d’estate la campagna
nel silenzio stellato riposa
e nel silenzio ha mille parole.
L’ulivo assopendo risplende,
ti sogna Corinna, si vede.
La luna mi dice che t’amo
e più non rivela,
niente vuol dirmi di te.
E quel girasole che freme per l’alba forse parla per te?
Il rivo argentato sussurra:
“Aspetta domani, lasciati andare,
non senti il canto di questa lucente preghiera?”

Conversione di Rainer all’edicola dolomitica

Mi aspettavi, benigno, ogni giorno
all’incrocio
tra il fiume nebbioso e l’argine antico,
appeso ancora a quella croce incorniciata da un tetto alpino.
Una lanosa stella ai tuoi piedi
ed un lucignolo bigio.
E mi parevi ogni giorno un poco
più chino, un poco più vicino…

Oblazione di Vincenzina

Alla luce sbilenca dalla soffitta buia
lo sguardo tendeva in attesa ogni sera
come venisse di là qualcosa
che in fondo non c’era,
come volasse uno sposo chimera.

Come il barlume fosse preghiera
venuta dal cielo
ed i camini sui tetti davanti
angeli santi in vedetta
per dare la buona novella.
Come miracolosa si rivelasse ogni cosa.

Speranza di popoli marini

Stasera alla rotonda il cannocchiale
non dispiega che altro mare.
Più lontano, nitido, l’orizzonte
che nasconde i sogni dell’uomo
e i segreti del tempo.
Solo una nave ora si scorge appena, osare l’impresa di toccare
il domani delle persone.
In questa sera d’inverno,
calato un tepido sole,
tutto riposa sereno.
Anche il dolore ed il male,
come nel cannocchiale,
trovano più esatta collocazione.
Nel fresco pungente della notte
che viene già entra il sapore dell’estate.

Pasqua

Ed ora anche tu mi sei vicina,
cosi’, senza dire ancora niente,
portata dai gelsomini,
cantata dal vento,
lasciando fare al tempo.

Frammento 3

Era lì all’ultimo banco della chiesa,
oltre la vetrata stormiva la quercia
nel vento di maestrale che andava
a primavera.

La rada

C’è una spiaggia lungo la rada
dove un tiepido sole splende
triste in questo novembre.
Lì tu celi e riveli il tuo mistero
e domandi sempre e non cerchi
più risposte.
Solo guardi il mare che brilla
e si perde nella foschia lontana
e non hai più domande
e domandi sempre.

Notte di Natale

Nella notte di Natale
angeli cantano, pastori
vengono, stelle portano
magi sui loro cammelli.

Quieta la piccola luce
i cuori spaventati
e svela e fuga
il falco alto levato.

Il vuoto pneumatico

Le sirene lontane chiamano al lavoro
ma il lavoro non c’è sono solo ricordi
che esalano dalle nubi d’amianto
di questa alba rossa e già grigia
che rimane dentro come una ferita.
Ma io che vedo ogni cosa straniata
in questo tempo da un pensiero malato,
io sento anche un invicibile canto,
come il fiore germogliato nella crepa del muro,
come il verso imperterrito del gallo…

Il sole triste della nomenklatura

Io non so più – diceva – che questo tempo
grigio dove tutto è spento, banale, senza senso.
E non vorrei morire come sciogliendomi
al vento, senza che alcuno veda.

Eppure ricordo l’odore dell’erba tagliata
nel campo di calcio e il “pensiero”
che soffiava nell’aria. E il pallido sole
nel cielo argentato non era triste più di tanto.

La natura della luce

L’amore nasce come un tramonto – diceva –
Un raggio di sole infiamma un breve tempo
e tutto trasluce, quieto, nel vespro,
nella naturale mancanza di senso.

Ma la favilla avvampò nel riposo
e Ti pensa ogni momento e si stupisce
e perdutamente si perde in questo vento.

Preghiera del vespro.

La sera tu vieni sileziosa
come una pace segreta
tra il vento e la rosa.
Un raggio di luce rossa
ferisce per un solo istante
la siepe odorosa di gelsomini.
Qui nella campagna
tu parli confidenzialmente
come il marito e la sposa.
Come la mamma e il bimbo
che rotola sull’erba
senza farsi male.
E la mamma ride contenta
di tale gioco che
non le dà pensiero
ma solo infonde fiducia
in questo tempo di prova.

Predica di san Francesco

Voglio somigliare il tuo verso
al canto poverello ma terso
del fringuello, canti com’è bello
il Suo amore a tutto l’universo.
Il crocifisso è impresso dentro te
come al mite pettirosso,
ogni dolore senti, ogni pianto.
E tu somigli il Suo sguardo
al dolce sole di questo vespro
quando l’allodola torna al suo nido
e si ode il lieto eco del suo canto.
Alla colomba, all’aquila, al falco,
ti accosto, ad ogni volatile preposto
ad ogni canto, ad ogni volo,
a ricordarmi il cielo.

Massimiliano Maria Kolbe

Ogni dolore grava sulle nostre spalle
– treno che corre, vento che soffia
e porta lontano le lacrime –
ogni dolore amaro – per la valle,
montagne nere e tramonti rossi –
ogni dolore – ad ogni fermata
una ferita da ricordare.

Natale

Come i pastori andiamo alla stalla
se angeli ci hanno chiamato,
come i magi ci incamminiamo
se una stella ha brillato per noi…

Ricordi di un prete

I poveri palazzi di periferia
non mi hanno mai messo tristezza,
cio’ che fa male sono gli agglomerati
indifferenti, pare, al passo del vicino.
Dove la città digradava in campagna
le case si facevano basse, vedevo prati
di pecore, di mucche, di cavalli…
come un miracolo proprio sperato
tutto davvero era più semplice e buono.
La domenica dopo la siesta il prete
anziano s’incamminava forse da un amico
alle case della quercia, sul colle.
E tornava al tramonto col suo basco nero
calcato sulla fronte e la tonaca tonda,
ormai lo sapevo, che odorava di vino.
La gente scendeva al paese a folate
di famiglie, di amici, così modesta, essenziale,
da consolare il cuore nella sua povertà.
Ed io dal terrazzino vedevo nel campo
cavalli pezzati come fosse il Minnesota d’inverno al tempo dei cheyenne
e recitavo, spiazzato dalla prima
missione, sereno il salmo della sera.

La macchina del tempo

Boccali di vino lasciati sulla tavola vuota,
finestre schiuse sull’aia non più nota,
un tempo allegra di vita semplice e buona.
Può tornare anche il tempo su quella strada,
dove un gallo bastava a salvare l’anima nostra
e l’asinello era un messo del cielo che ci parlava.

Madonna del Divino Amore, antico santuario

Da questo poggio guardi
nello sguardo del cielo
distese serene di campi,
villaggi sparsi tra i colli,
gioie e dolori dal vento
portati a questa casa
e soffri e speri e sogni
sogni miracolosi e belli.

L’anniversario

Ancora cerco quel berretto giallo
che portavi nelle notti d’inverno
per scaldarti il capo.
Era quello il tuo segreto.
Così brillava il tuo sguardo
in ogni tempo,
così guardavi il mondo…

Tu ad Ischia d’estate

Nel cielo riarso d’estate nubi accaldate,
tristi, dileguano come fosse un miracolo.
Nella piazzetta, tra i pini e i fichi d’india,
due gatti contendono, nella siesta che odora
di aghi e di resina nuova. Ma il vento leggero
di questa isola anche di quel miagolare fa un dolce eco,
che culla il riposo dell’uomo. Le case bianche, screpolate,
sono fresche, di mura spesse, anche da esse giungono echi
di parole, di bimbi, di risa, di grida. Tutto è un eco di pace,
familiare, di riposo, di vacanza, che va oltre, come un incanto
che forse niente, nessuno, almeno per un poco, vuole davvero
rovinare. Tutto è un eco di te, naturale, anche
al cuore che ancora non ti vede.

Teresa di Calcutta

…e la notte ora sento è il tuo petto che mi stringe e m’innamora…

Chiamata di Frida

Il sole argentato imbianca questa rada,
il mare brilla della luce fioca, la foschia lontana…
Che cielo mi parla nell’alba roca dei gabbiani e così mite mi infuoca?

Il colore del cielo

Di rosa e di rossi è fatto questo tuo canto
che spera in un cielo che ancora non è.
La fragile foglia dell’eucalipto rinfresca l’aria
di un fremito verde al soffio di un tempo
che però non viene. Nel folto del bosco filtra
una luce che prima non c’era e ti scopri
ancora mancante, tu mancante, all’appuntamento.

La croce del sud

Ho amato la tua dedizione canina
più di ogni cosa.
Non per comodo uso da schiava,
ma per la pace dell’amore sicuro.
Hai amato la trasparenza colombina
della mia vita con la sua debolezza
più della forza felina, per poggiare
il tuo viso sul mio petto, fiduciosa.
Ma come ogni cosa, anche la più bella,
senza la stella è ben poca cosa,
ci perdevamo nel niente, per niente,
come chi troppe volte ha aperto e chiuso
porte e finestre della sua casa
e più non vede oltre.
Tu sei il dolore ed il riso dell’amore
perduto per niente e riavuto
scoprendo presente da sempre lì fuori
a due passi, nel cielo, una piccola stella.

Un canto d’estate

C’è una stella nel cielo e più sotto la luce di un lampione,
la segnaletica stradale di questa viuzza di paese
unta e bisunta che porta al mare d’estate. E l’unto e
bisunto fa ricordare del male che c’è, forse ignaro
d’essere male, ma che unge e bisunge anche il bel litorale.
Quello però non lascia di principiare a portare,
anzi rovescia, un cielo di stelle come lampare nel mare
ed un mare che brilla come un cielo vicino…

Canto di Natale

Nella notte di Natale, ultimo pastore
a venire un barbone: chiede aiuto
per la radio mal funzionante,
come a udire il canto degli angeli.

Avvento

Tutto canta della tua attesa
nella rossastra luce diffusa
che mite accarezza le morenti
foglie e le doglie discrete
dei rami nel viale che porta
a case quotidiane e misteriose…
Che tempo, quanto tempo,
ti resta? Tutto trasluce,
quieto, nel vespro, senza risposta…

Frammento 1

…ah, luce, ah, pace,
dell’Amore fatto umano,
che scioglie ogni tormento,
ogni oscuro cammino!

Frammento 2

… io che la vita ancora non so,
io che l’attendo, sempre più cose
io perdo e ti amo di meno e ti cerco
di più.

Canto del pescatore

Tutto e niente, ogni cosa
è brezza del mare argentato.
Ancora veglia l’innamorato.
E mille stelle e vele sciolte
e reti colme e non colte
al povero pescatore d’aurore.

Innamorati

Non era così, non era di lì,
ma non fa nulla, l’amore
divorava anche quell’erta,
quella strada brulla.
E subito tornava la lavanda
e la mentuccia, in mezzo
al grano, ai papaveri,
alle rondini e al sole dell’estate.

Frammenti di un canto

Ah, che la terra canta
solo se canti tu…

E nella valle trema
l’antico paese laggiù
alla rugiada dell’alba.
E l’attesa lo scalda
di pace e di speranza…

Stupore fu al morente
forse il non morire
ma già vivere di più.

Canti della sera

…il tempo che starei con te
è un tempo tra la notte
e il giorno, nè farei molto…
con te sulla porta di casa,
a guardare il mondo che si quieta
e a sentire l’eco della sera
nelle nostre parole…

Un barbone

Che cielo verrà
che voi non avete conosciuto?
Noi morivamo sulla via
nel tepore di un mattino d’inverno
e tutto era così dolce
che ci pareva di sognare.

Robertino

Il cantare delle cose era il tuo sguardo,
suonatore Jones ti chiamavo…

La vedova giovane e l’uomo perso

La sera stendi i panni al primo piano
– torni dal lavoro tra il vociare dei bambini
che giocano in piazza- ed io son sempre lì,
come non visto, a contemplare la tua morte
silenziosa e forte, io che come te vivo di figure
che si muovono a mezz’aria tra i volti di tutti i giorni,
di parole che odo e nessuno pronuncia,
di pensieri che confondono il passato,
il presente, il futuro, con la ruota del dolore.

Poesie dell’alba

Tuo il canto di campi
anelati da poesie dell’alba.
Mi fremevano parole nel cuore
a guizzi e a lampi.
Che aria nuova danzeranno
finalmente le distese di girasoli?

Luci nella via

In quell’anonima strada di periferia
chi avrebbe pensato di incontrare
la vita. Questo diceva confusa, nuova,
l’anziana signora. Le avessi potuto parlare,
le avrei detto del potersi fidare, del non credere
all’inganno solo viscerale. Le avrei detto:
se viene una luce lasciati portare,
non temere il deserto se lo vuole il cielo,
ma temi le verdi praterie senza notte,
né luna, né stelle, né pioggia, il lume artificiale.

Abramo, che ebbe fede sperando contro ogni speranza

Niente.
Non vedo ancora niente lì sul monte.
Forse le stelle alpine sono le sole
a credere ancora ad un tempo che viene,
loro hanno in dono petali di lana per il vento e la neve.
Lì sulle cime calve battute dalla tramontana
vi è tanto turbinare che non alza in volo niente.
Ma una felicità insensata ancora pervade l’aria,
su per la mulattiera, ancora è come lana.

Conversione

Com’era bella la sera quella sera,
una canzone semplice cantava
non sarà una chimera ed intuivo:
davvero ci ameremo per sempre.
Che luce serena rischiarava l’aria,
che luce vera, semplice e buona
che dava vita, così spontanea
da non essere notata ma era
la fonte di ogni cosa. E che aria
alla campagna andava, umile
e tersa come l’anima tua.
La vita sapeva di lavanda
e di mentuccia ed era grano,
rondini, papaveri, il cardo,
l’olivo, luna nascente, margherita.

Ultimo giorno della vita nascosta, canto a Maria

Il pane fragrante nella piccola brace,
i panni stesi, la porta schiusa,
ogni cosa di te, intorno a te,
sommessa svelava una pace.
Tra la madia, la falegnameria, il piccolo orto,
imparai una piccola, semplice, via.
Piccino la notte sognavo che un manto di stelle
custodiva la terra dal male con un dolce canto.

Una piccola vela nel mare

Io che veleggio su questa dolce barca
che il vento porta leggera ed alla sera
appoggio il peso della giornata alla tua riva
io più non so di porti-chimera senza rifugio
che l’uomo cerca perduto per mari sempre stranieri.
Sì, questa dolce barca che ora porta
anche voi, porta il mare alla terra
e la terra al mare, a questa costa
che così chiara separa e cuce
ogni cosa al cielo. Senza
essere vista, dopo la sera,
quando ogni domanda, stanca, riposa.

Secondi vespri

Giungevano quei campi
alla filanda,
poi al villaggio,
portati dagli olmi,
dai cornioli,
fino al bosco
che si faceva colle
quasi monte ed oltre
da un ribasso
si vedeva all’orizzonte
il mare
ed al tramonto
un sole enorme rosso…

Comunità in cammino con Maria e Gesù

Era come allora, tra gli ulivi
e il verde,
tra tetti di tegole consunte,
quella gioia fraterna
e sperante,
quella pace oltre le beghe
e tua madre silenziosa
che ascoltava sempre.

Il pregare della sera

Un eco che prima non c’era
sentivi la sera
come fosse ora quell’aia
interno della chiesa
e si ascoltasse
nel vespro naturale
la voce profonda delle cose,
ciascuna portata al suo riposo,
alla sua naturale dimora.

Il segreto del tempo

Quando veniva una luce di sera,
quella della luna, quella di una stella,
sentivo una dolcezza fiduciosa e serena.
Veniva una preghiera,
come dal cielo, come dalla terra
e vedevo dal convento le valli,
i villaggi,
portare il segreto del tempo,
che alcuno sapeva e ognuno conosceva.

Colle santuario (“Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco angeli gli si avvicinarono e lo servivano” Mt 4, 11).

Nella tersa notte delle distese,
delle colline ormai assopite,
piccole luci di strade, di case,
brillano nel segreto del tempo.
Semplice e bello, senza pretese
di glorie rinomate, di chiacchiere astruse.
Anche piccole luci sono corti
celesti di lucciole incantate.
Così è vedere da questo poggio
di grazia tutte le cose.

L’estate della risposta

Furtiva pare ogni cosa
nel freddo mattino invernale,
estranea la terra al mare.

Sconnesso ognuno, incerto,
cerca non sa cosa,
come un porto chimera,
una domanda ignota.

Il segreto del tempo (2)

Sparsi villaggi per i colli
rifrangono qua e là raggi
del tramonto. Come fitte
lancinanti di luce o grida
di perché rivolte al cielo.
E velano e rivelano il segreto
del tempo, di ogni sentimento
umano che parla nel silenzio
e attende la risposta di qualcuno
chiedendola all’eterno.

Olio e vino (Lc 10, 34)

Come disegnava scheletri fantasma
un gioco d’ombre e bastava spostare
una sedia vicina al lumino della sera
così, come a fanciullo, veniva la luce.

Diego Armando Maradona

Ra o ciel p’ ‘a povera ggente
ca maj ‘e vint niente,
senza “sant” in alt scfere?
Suffrenn ‘nzieme a la città.
Comm ma comm pnzare
chella punizzione, Pecci
non passava o’ pallone,
l’impossibble era niente.
Contro leggi rella scienz
Eppure chella ro potente.
Miracule p’ ‘a povera ggente.
E ancor p’ ‘e vie se legge:
Me crerev ca murev e stu juorno
nu o verev: 10 maggio 1987.

Frate Scolta

Scuoteva la brezza invernale
l’ombrellone alla spiaggia,
lasciato in attesa di qualcosa
che tornasse per restare.
Silenzio d’un tempo cessato
nel verde azzurro del mare,
nell’orizzonte lontano, come
chiaro invalicabile confine.

Allora stupore fu l’oltre
incommensurabile del vento.

Il canto che sorprende

È la vita un canto,
perduto talora
tra nebbie invernali
di strade tumultuose,
e un dì ritrovato
nel campo di grano
al sole di maggio.
Spera sempre quel Canto
e canta parole mai proferite
per te soltanto.