I fondamenti spirituali culturali di un nuovo discernimento in Gesu’, Dio e uomo

I fondamenti spirituali culturali di un nuovo discernimento in Gesu’, Dio e uomo

I fondamenti spirituali culturali di un nuovo discernimento in Gesù, Dio e uomo

I fondamentali riferimenti del discernere concreto del Gesù dei vangeli, nelle loro linee generalissime li possiamo rintracciare narrativamente ben delineati per esempio in Gv 1, 29-34. E approfonditi, tra l’altro, in Lc 10, 27. La coscienza spirituale e psicofisica, il cuore, che esiste e matura nello Spirito che scende delicatamente, a misura, come una colomba. Lo Spirito, dunque, come una colomba e Gesù come un agnello, docile e piccolino (cfr. Mt 11, 29), sul quale lo Spirito stesso scende e rimane, come nel suo nido naturale. Si nota dunque un movimento dall’alto, dallo Spirito, ma anche dal basso, dall’umanità, che è via per l’intuizione dello Spirito autentico, per esempio non spiritualistico, razionalistico, pragmatistico, moralistico… Nello sperimentare vissutamente, per grazia, questo duplice movimento sono stato condotto ad intuire in modo rinnovato la vita della stessa Trinità. Il Padre genera il Figlio nello Spirito. Ma il Padre e lo Spirito non possono esistere senza il Figlio. Solo la comunione d’amore è vita. Il Padre è l’origine perché se non vi fosse un’origine si tratterebbe di tre persone giustapposte. Lo Spirito è il ponte, la via comunicativa, amorevole, che consente al Padre e al Figlio di entrare totalmente, delicatamente, l’uno nell’altro, senza confondersi. Senza lo Spirito si tratterebbe di due persone giustapposte. Per esempio un Dio “mono”, triste, chiuso in sé, senza il respiro dello Spirito, non potrebbe appunto respirare, esistere. Solo l’amore, dunque è vita e l’amore è Padre, Figlio e Spirito Santo. Questa vissuta interpretazione della Trinità in Cristo, Dio e uomo, nel distinguere e collegare i vari elementi, spirituali, umani, “materiali”, rivela anche i fondamenti spirituali, umani, “materiali”, della logica. Non una logica razionalistica, da tavolino, chiusa in sé. Non una logica solo induttiva, pragmatica. E nemmeno una più pragmatica considerazione di entrambi gli opposti. Ma una logica trinitaria in Cristo, Dio e uomo. Un mistero dunque nel quale si può sempre più profondamente venire condotti lasciandosi, per grazia, portare da Gesù. Maturando sempre più profondamente, equilibratamente, spiritualmente e umanamente, per grazia, su questa via. Una logica viva, spirituale e umana. Un vivo intuire, discernere, in viva crescita, in vivo contatto, con la realtà viva. Non schematismi astratti, variamente a tavolino. Ecco che prendono a delinearsi le basi per un rinnovato incontro tra la fede e la, ora rivista, scienza. Non più il secolare, ripetitivo, paradigma di fede e ragione. Se questa è la via profondamente rinnovate sono anche, per esempio, la teologia, la filosofia, la psicologia… Come osservo dettagliatamente in diversi interventi precedenti. Tutto è tendenzialmente, per grazia, vivificato, equilibrato, ben distinto, messo tendenzialmente in sempre più profondo, adeguato, contatto, per le adeguate, concrete, vie spirituali, umane, “materiali”, con il resto. Dunque possibile sempre nuova adeguatezza, efficacia, Dio volendo, in ogni campo.

La visione della Trinità dunque non è un pensierino a tavolino ma nasce da profondi orientamenti spirituali e umani. Che tendono a plasmare ogni cosa. In un orientamento che solo per brevità chiamo spiritualista tutto discende dal Padre, più passivo è il ruolo del Figlio e dello Spirito, come in una certa possibile visuale trinitaria orientale. Da questa tendenza può discendere proprio anche una propensione all’indipendenza di ogni Chiesa regionale. In un orientamento più pragmatico il Padre genera il Figlio e poi si amano nello Spirito, evidenziando la loro parità, come in una talora ormai vecchia, ma non tanto, visione romana. Tale tendenza pragmatica può manifestare una propensione a risolvere i rapporti tra Chiese sul piano di un variamente formale potere giuridico.

La via del cuore nella luce serena, a misura, può orientare, come sopra accennato, alla visuale trinitaria in Cristo, Dio e uomo, descritta all’inizio di questo intervento. Essa può superare le altre due successivamente esposte conservandone le molteplici istanze positive. Il primato del Padre e la sua parità col Figlio non si oppongono ma al contrario o stanno insieme o non possono darsi. Anche nella Chiesa non vi è parità senza primato né vi è primato senza parità. E bisogna considerare il rapporto dei vescovi con le diocesi, che sono parte viva di questa comunione. Anche nell’ottica, per esempio, di un san Pietro, che prima di Roma è stato, pare, vescovo di Antiochia e forse anche di Alessandria d’Egitto. Ecco alcuni orientamenti nuovi che vanno gradualmente emergendo.

Può accadere per esempio che qualche buon teologo sia aperto a questi stimoli ma che fatichi, almeno inizialmente, ad uscire più profondamente da un sia pur residuo intellettualismo. Di per sè però non si tratta dell’aprire rinnovati percorsi con il viverli da parte di alcuni mentre altri ne approfondiscono i possibili sviluppi culturali in varia misura a tavolino. È la stessa vita di ciascuno, anche nella condivisione, è il vissuto, sempre più profondo, centrarsi in Cristo, Dio e uomo, che orienta a scoprire sempre più distintamente, equilibratamente, i riferimenti spirituali e umani del vivere potendo rinnovare ogni cosa, anche nella cultura. Nell’intervento precedente ( http://www.lastampa.it/2017/01/17/vaticaninsider/ita/commenti/vie-pi-umane-possono-avvicinare-in-modo-nuovo-tanta-gente-in-parrocchia-MVIwk8OqGtKqwMr8r3wS8K/pagina.html ) mi riferisco per esempio alla psicologia. Qui sopra ho accennato anche ad una nuova logica. Riferendomi ai suoi aspetti spirituali-umani-“materiali”. Non vediamo per esempio una possibile trinitarieta’ anche nel creato? Vi è la voce, il suono, l’udito; il sole, la luce, la vista… Si rinnova dunque ogni cosa, per esempio, come accennavo, la psicologia. Dio è l’unico psicologo perché solo il suo amore sapiente, delicato, vivificante, a misura della specifica persona, dà pienamente vita, libera dalle ferite, dagli schemi… E ciò appunto in un cammino graduale, non efficientistico, funzionalistico… Dio può lasciare per un periodo anche lungo un limite ad una persona perché non è ancora il momento perché venga superato nell’amore. Si viene su queste scie condotti in una sempre più profonda ed equilibrata consapevolezza della propria coscienza spirituale e psicofisica che, nella condivisione dal vivo, fa leggere, pur nel mistero, anche nella umanità integrale dell’altro. Ma appunto nel mistero perché solo Dio sa amare perfettamente e dunque un formatore può aiutare, in uno scambio reciproco, la persona a mettersi sulla via della scoperta di tale amore divino ma non sostituirsi a Dio e alla persona in questione nel discernere. La sintesi finale è sempre della persona nella propria vita. Per ciascuno la via è quella di un tendenziale sempre più profondo ed equilibrato ritorno, ecclesiale, personale, comunitario, umano, al Gesù dei vangeli, sulla scia del suo discernere concreto, distinguendone sempre meglio gli aspetti fondamentali.

Stiamo entrando dunque in un passaggio da concetti da tavolino a consapevolezze della coscienza. In una cultura ancora razionalista può risultare talora impossibile cercare di spiegare, magari anche dettagliatamente, ad uno studioso quali possono essere i nuovi riferimenti, i nuovi paradigmi, fondamentali e cosa possono comportare i vecchi e i nuovi. La gente invece, nella condivisione della propria vita dal vivo, coglie, tendenzialmente, il senso delle cose fondamentalissime. Proprio perché così umane. Come il cuore nella serena luce, il buonsenso nella fede… E gioisce, respira, questa è la diretta comunicazione, al sentirsi compresa in tutta la propria umanità, nel proprio personalissimo cammino, nei propri bisogni. Liberata, specie nel dialogo personale, nel cammino di fede personale e comunitario, nella collaborazione operativa, e via discorrendo, da paure, schemi, forzature, inutili lassismi, compresa nei propri bisogni integrali, si ritrova sempre più, naturalmente. È il vissuto, con le sue necessarie concrete novità, che si potrà fare gradualmente sempre più profonda, dettagliata, cultura. Allora in un vissuto diffuso i nuovi paradigmi potranno venire riconosciuti come naturali per tutti. Mentre oggi può apparire in qualche modo naturale ad uno studioso in tal senso strutturato anche il ben più astruso, meno, mi pare, umano, paradigma razionalista.

Lo Spirito scende delicatamente, come una colomba e rimane nel cuore di Cristo, come nel suo nido naturale. La sua umanità (e anche la nostra in lui) dunque è via per intuire lo Spirito autentico, per esempio non cerebrale, rigido… Trovandomi, per grazia, con l’aiuto di molti, specie del mio padre spirituale, su questo cammino ho gradualmente sperimentato sempre più profondamente una libertà a pieni polmoni, perché scoprivo vissutamente che Dio è amore senza limiti e condizioni. Mi sono accorto già prima del 2000 e ho cominciato ad osservare anche per iscritto che forse, superando magari qualche timore di esporsi, si poteva chiarire più profondamente nella Chiesa come la misericordia di Dio è senza limiti. E già intorno al 2000 ho cercato di trasmettere anche per iscritto che forse qui si poteva trovare una limpida soluzione alla questione ecumenica della giustificazione. Accogliendo anche alcuni possibili stimoli del mondo protestante si può affermare appunto che la misericordia divina è senza limiti. Non dimenticando le istanze cattoliche si può nel contempo affermare che Dio è delicato, rispetta la libertà dell’uomo. Il quale dunque può scegliere il suo destino, anche giungere a rifiutare definitivamente e a suo modo con piena consapevolezza (implicita se per esempio ateo) la misericordia del Signore. Ma non era forse, magari, proprio questa la risposta che, per esempio, cercava Lutero?

In questo intervento ho cercato di descrivere con qualche esempio come la sequela di Cristo mi ha condotto a scoprire vissutamente possibili visuali nuove, a tutto campo. Pensiamo anche, per esempio, ad una pastorale sempre più viva, a misura, per tutto l’uomo, per i suoi bisogni integrali, non solo per un suo astratto spirito o per una sua ragione a tavolino; per ogni specifico uomo. Ho vissutamente scoperto come cercando il discernere concreto, divino e umano, di Cristo potevo intuire in modo nuovo gli intenti positivi dei vari orientamenti e anche coglierli, armonizzati, anche con altri aspetti nuovi, nel suo cuore. Tante sfumature, tanto oscillare, della ricerca umana sono dovuti anche proprio al bisogno di trovare sempre più questo​ equilibrio in Cristo, Dio e uomo, nel suo Spirito. Nei miei interventi accenno a molti altri possibili concreti sviluppi, anche in campo ecumenico, su questa via. Il cielo e la terra si possono sempre più profondamente incontrare in Gesù.

Il cuore divino e umano di Cristo è la chiave di ogni cosa.