Il segnale dell’omologazione dei papi

Il segnale dell’omologazione dei papi

La tendenza mediatica a sostenere che i papi trattano delle stesse cose è uno degli aspetti di una sinodalità che può maggiormente svilupparsi. Persino tra pontefici non sono ammesse differenze e già qui emerge il rischio di una Chiesa troppo ingessata intorno al vicario di Cristo regnante. Gesù insegna che ci diranno eccolo qui, eccolo là, ma non è così perché il regno di Dio è in mezzo a noi. Figuriamoci se in una Chiesa così ingessata è possibile che qualcuno possa intervenire solo perché ha spunti interessanti da manifestare o anche per contribuire con la sua stessa esperienza vissuta, anche con le sue difficoltà, perplessità…

Si parla di sinodalità ma le vecchie mentalità, come l’omologazione dei papi dimostra, continuano ad imperare al punto che la sinodalità stessa può rischiare di divenire uno strumento capillare di indottrinamento. Vi è un gran bisogno di percorrere con saggezza le vie di una autentica e libera crescita nella fede e di un’autentica partecipazione. In altri interventi osservo che senza crescita nella fede la sinodalità può divenire una Babele e senza lo sblocco di tanti aspetti che nel quotidiano impediscono una vissuta sinodalità questa può divenire intellettualismo formalistico e teleguidato. Gli stimoli ad una vissuta crescita si spengono.

Certo Dio opera nelle e al di là delle opere delle singole persone. Paradossalmente l’eccessivo prevalere del centralismo pontificio ha comportato una certa imposizione in tutta la Chiesa di tendenze almeno sinora via via diverse, come anche certi ultimi avvenimenti rivelano, e così i fedeli sono orientati a trovare col loro sensus fidei una vissuta sintesi degli elementi più positivi dei vari papi. È nella storia della salvezza che si sviluppa, sia pure in mezzo a mille difficoltà, il traboccamento verso il discernere divino e umano di Gesù.

L’intervista concessa da Benedetto XVI alla Herder Korrespondenz può forse lasciare intravedere il riverberarsi di questo traboccamento dal basso nelle stesse gerarchie. Sarebbe un segno di grande speranza perché il razionalismo e i suoi derivati chiudono anche le guide nelle proprie logiche, persino in certi aspetti pur di profezia, mentre l’imparare dagli altri orienta all’uscita dalle astrazioni riportando verso l’uomo vivo, tutto intero, la sua coscienza spirituale e psicofisica, verso insomma il suo cuore che esiste e cresce nella Luce.

Si riaprono le vie della vita semplice e vera, di una più autentica partecipazione. Un contributo incisivo, forse decisivo, al rinascere anche di una democrazia che muore, crolla, nella morsa del falso oggettivismo tecnicista, della banalità del pensiero unico imperante a tutto campo.