Una via nuova e feconda a tutto campo

Giovanni Battista preannuncia il Messia ma ne immagina l’opera a tinte forti, come uno che mette in riga le persone con la forza. Però quando viene Gesù vede che lo Spirito scende su di lui come nel suo nido naturale, a misura, con delicatezza, come una colomba. Lo Spirito di Cristo non calpesta l’umanità ma fa rinascere gradualmente ciascuno sulla propria specifica, ben al di là degli schemi, via con amore meraviglioso. Gesù stesso dunque come uomo matura in questa strada, con il vario aiuto degli altri. Non parla di un riduttivo rapporto di fede e ragione ma la sua umanità integrale si rinnova continuamente in tale percorso vedendo ogni cosa in modo sempre più profondo ed equilibrato.

Dunque non cerebralismi, forzature, sensi di colpa, astrazioni, meccanicismi, inutili sbrachi, emozionalismi, pragmatismi, spiritualismi ma il fiorire del discernimento divino e umano. È su questo cammino che mi sono trovato a sciogliere i principali, secolari, nodi ecumenici, a scoprire un rapporto più limpido e semplice tra lo spirito e la psicologia, la corporalità, dell’uomo, capace più fecondamente di sciogliere tendenzialmente in modo adeguato i nodi, di aprire le strade.

Tutte le ferite, gli ingabbiamenti, derivano da un amore non arrivato o arrivato strano, cupo, rigido, astratto, inutilmente sbracato… Solo Dio ci ama in modo meraviglioso, solo sulla via del suo amore si apre il nostro stesso cuore. E possiamo, nella condivisione dal vivo, sempre più comprendere dove risiedono le difficoltà degli altri. Eppure sempre nel mistero. Nell’accompagnare ciascuno all’incontro, anche implicito in un ateo, con Dio che gli parla nel cuore. Dunque non sostituendoci a Dio e all’altro nella sintesi finale dei discernimenti.

Un rapporto più armonico tra la spiritualità e la cultura, la stessa scienza vista in modo dunque nuovo. Non giustapposizioni, frammentazioni, ma una crescita semplice e profonda che rinnova ogni sguardo.
Davvero la via della cultura è quella dello scriba divenuto discepolo del regno dei cieli, che trae dal suo tesoro cose antiche e cose nuove. Un piccolo, senza tanti studi, può rinnovare magari in modo implicito tutta la cultura. Infatti la spiritualità non è più in varia misura disincarnata, soggetta a sensi di colpa, forzature, astrazioni, non finisce in pragmatismi per evitare questi cerebralismi. Più chiaramente si esce da una cultura intellettualista, vivisezionata, tecnicista, dalla cultura degli apparati e si entra in una corale, vissuta, partecipata, ricerca del vero.

La vita svuotata, spogliata di tutto, rinasce col contributo, la grazia, di ciascuno, di ogni cosa. Ognuno sul suo percorso personale e comunitario ed in momenti distinti nello scambio con i cercatori di altre visuali. Tendenzialmente un sempre più profondo ritorno ai vangeli, alla via del discernere divino e umano di Gesù nella vita concreta.

Si aprono orizzonti di comprensione nuova, più semplice e ben distinta, per ogni cosa, portati all’infinito dentro il mistero. Dunque anche una pastorale tendenzialmente più efficace, sempre più capace di comprendere i bisogni integrali di ciascuno, le situazioni concrete, le possibili vie di rinascita. È la via dell’uscita dalle astrazioni, vivisezioni, dagli svuotamenti, del razionalismo, dalle fughe nel pragmatismo, per entrare nella sempre più attenta, vissuta, ricerca del discernere divino e umano di Gesù nei vangeli. La via della coscienza spirituale e psicofisica, del cuore, nella luce che scende serena, a misura, come una colomba. Una via semplice e profonda, piena di buonsenso nella fede, del piccolo che si lascia portare dallo Spirito sereno di Gesù.

Davvero impressionante che Maria a Fatima abbia detto che alla fine il suo cuore immacolato trionferà. Anche questo “alla fine” può lasciar immaginare l’immane difficoltà, i possibili drammatici fallimenti, che la stessa vita ecclesiale può dover sperimentare per lasciarsi portare fuori dalle attuali strutturazioni culturali, anche non credenti, che stanno devastando la storia umana.