Il limite di tanta pedagogia attuale, anche “rivoluzionaria”

La pedagogia attuale non di rado manifesta il limite basilare di tanta cultura odierna: il razionalismo. Anche autori che hanno comunque fornito contributi innovativi, come quello di una maggiore interazione col discente, di una crescita anche dell’insegnante, restano nell’orizzonte delle teorie intellettualiste. Pur trattandosi di pedagogisti sembrano non avvedersi, o non vogliono apertamente riconoscere, di finire per imporre la loro filosofia.

Questo è uno dei punti più diffusi per imporre il pensiero di qualcuno, alfine sempre dei potenti: presentarsi come neutrali, cosa impossibile, e voler liberare dalle imposizioni altrui. Anche la falsa equanimità del presentare al discepolo varie filosofie tra cui scegliere è un inganno. Infatti impedisce al genitore di educare il bambino alla luce di ciò in cui crede lui e pretende di educare con una serie di teorie che restano e conducono verso l’intellettualismo perché non vengono vissute. Si astrattizza dunque il naturale, storico, processo educativo e si distorce perciò la crescita.

Invece la via naturale è che ogni bambino venga educato, anche a scuola, alla luce dei valori dei suoi genitori. Al tempo opportuno il giovane avrà la possibilità anche di congrui momenti di scambio con chi ha scelto altre identità religiose o filosofiche. Da una certa età in poi l’adolescente sarà lui a scegliere l’educazione voluta. E qui si manifesta la sottile imposizione di certi sedicenti rivoluzionari: si parla tanto di partecipazione, di interazione ma lo studente non può mai scegliere alla luce di quale visione venire formato. Ecco, in nome talora della libertà e della giustizia, lo svelamento e l’inizio della dittatura, della manipolazione, dello svuotamento, del giovane. Ecco la sottesa furibonda lotta per il potere invece che per l’autentica democrazia. Ecco la società che va verso il crollo perché non si può reggere sullo spegnimento della gente. Ecco il ristagnare nel razionalismo perché i codici senza vita non lo superano mentre la ricerca identitaria vissuta e lo scambio orientano verso una cultura appunto in contatto con la vita reale e aperta a ciò che di umano può venire dagli altri, anche di altre filosofie e religioni.

Ecco il venire formati nella chiusura in sé stessi delle logiche a tavolino, delle soluzioni meramente tecniche, pragmatiche, che rendono sordi ad un autentico rinnovamento, sordi alla luce, sordi agli altri. E dunque sottilmente impositivi, proprio come visto sopra e in conflitto con gli altri.

Una società dove qualcuno stabilisce in astratto come l’altro si deve formare tende nel lungo periodo verso lo svuotamento dei giovani e la formazione di due classi sociali: i manipolatori e i manipolati. Dove paradossalmente i manipolatori sono essi stessi succubi di tale dinamica intellettualisica, meccanicistica e l’uomo diviene schiavo del robot da lui creato.