Una lettura della ricerca ecclesiale

Nella Chiesa la cultura di fondo attuale è quella di fede e ragione.
Ma se si prende a riferimento questa astratta ragione restano in vario modo nell’ombra l’anima ed il resto pratico-emozionale della persona umana.
Estremizzando molto per fare comprendere:
Fede e ragione: Giovanni Paolo II, dottrinarismo, tendenza alla societas christiana.
Per Benedetto XVI sulla via precedente si rischiano derive sociologiche, bisogna tornare alla fede. Ma restando, sia pure considerandola “allargata” come diceva lui, il riferimento alla ragione (anche guardata con sospetto per i suoi limiti) si tende ad indicare una spiritualità in varia misura meno attenta all’umano reale. Benedetto XVI preconizza un piccolo resto di fedeli molto convinti.
Ecco che Francesco tende a rigettare le astrazioni razionaliste e spiritualiste ma siccome il razionalismo resta la sua cultura di riferimento lo fugge più che superarlo: mettiamo i teologi su un’isola deserta a lambiccarsi il cervello e viviamo la vita pratica. Le sue scuole dell’incontro sono appunto dell’incontro ma mettendo da parte il distinto momento della formazione identitaria, temendone le astrazioni. Ma così si getta via il bambino con l’acqua sporca.
La strada mi pare quella di accettare le possibili astrazioni nella formazione identitaria e cercare un avviamento al loro superamento favorendo in momenti distinti l’incontro, la condivisione, con cercatori di altre visuali.
L’opporre o il mescolare identità e incontro invece favoriscono il potere che non è interessato all’autentica maturazione e partecipazione delle persone. Nel primo caso si crea un artificiale conflitto tra il bianco e il nero, nel secondo caso si omologa la gente.

Ma forse provvidenzialmente i tre papi citati colgono aspetti da integrare nel sempre nuovo oltre dell’autentico discernere del Gesù dei vangeli. Gesù cresceva nello Spirito (vedi ricerca spiritualista), che scendeva a misura, come una colomba (vedi il pragmatismo delle situazioni reali) grazie e verso i riferimenti della fede (vedi il dottrinarismo). Dunque una spiritualità semplice e serena che fa crescere gradualmente, a misura della specifica persona e non secondo schemi astratti. La Parola non è un concetto da capire con la propria mente e mettere in pratica con le proprie forze ma un seme donato (anche implicitamente, come attraverso la natura) in modo via via opportuno per quella specifica persona e che che accolto cresce in modo adeguato alla sua reale possibile progressiva maturazione verso il suo sempre più pieno compimento.

Ma siccome le teorie trasmettono poco è la gente che quando trova pastori che comprendono il proprio autentico cammino, i propri bisogni, scoprono vissutamente questa strada semplice e serena.