L’arte specchio del tempo e profezia

Per quali motivi non poche persone avvertono che in modo così particolare tante chiese romaniche o del primo gotico avvicinano profondamente alla preghiera, aiutano a percepire la presenza di Dio? È vero tutto ciò? Tante sono le risposte che possono aiutare a intuire varie possibili sfaccettature di tale questione.

Qui vorrei osservare che forse non a caso il romanico e il gotico si sviluppano, potremmo dire, al termine di circa un millennio di fede cristiana quando tale spiritualità aveva pervaso, sotto non pochi aspetti e in non pochi casi, la vita di tante popolazioni. Ogni cosa, dalla più profonda meditazione spirituale e culturale al più semplice lavoro manuale veniva tendenzialmente vissuta da tanti comunque in uno sguardo, in una mentalità di fondo, di fede cristiana.

Naturalmente in questa spiritualità tante problematiche stavano maturando, per esempio nella direzione del bisogno confuso di un raccordo più profondo ed equilibrato tra il cielo e la terra, tra Dio e il cammino autentico, non forzato, dell’uomo. Lo slanciarsi verso l’alto del gotico può forse venire letto anche, proprio, come l’estremo tentativo di appoggiarsi a Dio in un mondo che esprime sempre nuove perplessità nei riguardi della fede…

Ecco allora che vediamo che l’arte più profonda e coinvolgente non può nascere facilmente da una persona isolata ma più facilmente in ogni suo aspetto riflette il sentire di una comunità di fede, viva, in dialogo, la fondamentale, vissuta, visione di ogni cosa alla luce di un nucleo unitario di valori vitali. Liturgia, arte, vita. Il maturare del seme della Parola nella storia con la collaborazione dei piccoli.

Oggi ciò potrebbe avvenire anche in uno scambio con altre identità vissute, cercate, personalmente e comunitariamente. Traendo nuovo alimento da tale scambio, come forse riscontriamo nel barocco siciliano, uno stile non ampolloso come altri dello stesso genere.

Successivamente alle epoche citate la crisi della cristianità e anche le problematiche all’interno della comunità rimasta credente si sono accentuate, per esempio col rispondere con forme di razionalismo alle sollecitazioni delle scoperte scientifiche e già in precedenza con tante domande sull’uomo che andavano emergendo.

Nel tardo gotico e poi ancor più, per esempio, nel barocco si può intravedere questo progressivo appesantirsi, ripiegarsi, dell’uomo su se stesso, sul suo ragionare a tavolino. Si manifesta talora, nel tempo, un intellettualismo, un tecnicismo specialistico, variamente disgiunto da un tutto vitale, vissuto. Non può accadere di sperimentare la sensazione che alcune chiese moderne non fanno che riflettere questa devitalizzazione, questa frammentazione, questo scientismo, nel vario giustapporsi di tecnici specializzati, l’architetto, l’ingegnere, il liturgista? L’arte sembra rivelarsi un campo in cui quasi naturalmente, anche dunque in varia misura inconsapevolmente, si riflette la reale situazione esistenziale, delle singole persone, della comunità, nella realtà storica, spirituale, umana, culturale.

La strada anche a tal proposito pare quella di sbloccare le possibili occlusioni, frammentazioni, del cuore, spiritualiste, intellettualiste, pragmatiste. Nella comunità cristiana imparando ad affidarci sempre più a Cristo. Su questa via anche sempre più imparando a cercare di apprendere da tutti in Cristo stesso. Nella condivisione, nella vicinanza, con ogni uomo, comunità… Il cuore divino e umano di Cristo aiuta a leggere l’arte di Dio stesso e dell’uomo in Lui.

Il cuore divino e umano di Cristo si potrà manifestare sempre più la chiave di ogni cosa. Ma come giungere a questa ricerca viva? Ci si può domandare se il tecnicizzarsi, lo svuotarsi, di tanta arte non si riveli il grido strozzato in gola di una civiltà che diviene schiava del robot da essa creato e finisce per morire.

Il link qui sotto va sempre riportato dove si cita tale testo

https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2015/07/01/news/quella-frammentazione-di-cui-anche-arte-e-architettura-sono-specchio-1.35237658/