La buona fede di Francesco

La posizione di Francesco sulla guerra russo-ucraina testimonia della sua buona fede, alla quale sempre sono stato propenso a credere. Anche perché il mare di vive intuizioni innovative che trasmette non potrebbe facilmente provenire da un burocrate. Francesco vuole uscire dalle astrazioni, dagli spiritualismi, del razionalismo ma non avendo ricevuto la grazia di intuire un oltre rispetto al razionalismo stesso esso resta la sua cultura di riferimento, sia pur guardata con sospetto. Così finisce nel pragmatismo del “famo a capisse” e non in una rinnovata ricerca del discernere divino e umano del Gesù dei vangeli, del suo cuore nella luce che scende a misura, come una colomba.

Questo pacifismo pratico induce a porre meno attenzione, nei tempi e nei modi adeguati, alla crescita identitaria delle persone e al solo allora più autentico scambio. Dunque scade nello svuotamento, nell’omologazione, delle coscienze che tanto aggrada al pensiero unico di finanza e big tech che vuole tutti meri individui consumatori persi in una massa anonima.

Francesco in vari modi si trova a supportare questo drammatico dominio. Ma non è consapevole di tutto ciò. Magari in maniera tragicamente furbesca pensa di usare questi poteri tirannici per i propri benefici scopi senza avvedersi che è vero il contrario.

La guerra citata mostra però che il papa non esita ad andare contro il mainstream quando la ricerca della pace secondo la sua visuale viene forzata a rientrare nei ranghi. Persino da alcuni suoi corifei più realisti del re.

Peccato che il razionalismo di fondo renda difficile anche al discernere del pontefice l’ascoltare piccole voci che valorizzerebbero i suoi tanti contributi innovativi e sbloccanti situazioni incartapecorite, orientandoli all’oltre del discernere concreto del Gesù dei vangeli. Il razionalismo capisce solo sé stesso, è strutturalmente chiuso nelle proprie logiche, non è naturalmente aperto come il cuore alla luce serena, a misura, che lo illumina, per qualunque via e da ovunque provenga.

Come sarebbe bello, Dio volendo, che Francesco si aprisse a questa nuova visuale. Trovando su queste scie anche vie nuove, meno impositive, più partecipate, per relazionarsi alle immani resistenze di chi nella Chiesa è accanito difensore di quell’intellettualismo astratto, in versione conservatrice o progressista, che è l’esatto contrario del vivo discernere di Gesù.