Differenza tra debolezza e peccato (Vangelo di lunedì 12 febbraio 2024 e commento)

Gv 8, 11-13 Lunedì 12 febbraio 2024, VI settimana del Tempo ordinario, anno pari

In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova.
Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno».
Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.
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Senza la grazia non possiamo fare nulla ma si può resistere in vario modo e misura alla grazia stessa. Talora per debolezze, per attaccamenti molto umani anche se per certi aspetti da superare, talora per più radicali ripiegamenti di interessi, fino alla pura cattiveria. Cosa forse molto difficile quest’ultima nell’essere umano, così soggetto alla fragilità, alla ignoranza. Perciò Gesù spesso suggerisce di porre attenzione a come ascoltiamo, di sforzarsi di passare per la porta stretta. Non si tratta di angosciarsi su tali piste ma di intuire sempre più che talora abbiamo dentro una luce serena che lasciamo sopraffare appunto da ansie, attaccamenti, debolezze varie dalle quali pure potremmo non farci troppo condizionare. Il cammino della fede insegna anche a gestire le emozioni, a restare calmi e positivi, atteggiamenti che nascono dalla fiducia sempre più profonda in Dio. La quale appunto aiuta per esempio pure a non fasciarsi la testa prima del tempo, a non ingigantire i problemi, a non complicare tante cose, a lasciar tempo alle situazioni di decantarsi, di chiarirsi… Si possono poi dare per esempio anche debolezze preterintenzionali, sbavature che non si ha il tempo, il modo, di respingere con ponderazione. In tali casi non bisogna accusarsi di peccato perché non vi è piena volontarietà. Queste accuse non fanno che scoraggiare, confondere, indebolire. Si può invece lavorare per esempio sull’evitare le situazioni prossime alla debolezza. Li vi può essere una scelta consapevole e volontaria.