Decisive domande sull’obbedienza

Viviamo in epoca di pensiero unico, di svuotante tecnicismo a tutto campo, dunque in una società dominata dai codici degli apparati. Una Chiesa guidata da un sovrano assoluto è gravemente a rischio per pericoli esterni ed interni. Per esempio in questo dominio di sistema un papa con non rapidamente dimostrabili problemi psichiatrici potrebbe causare danni enormi.

I vescovi, le diocesi, mi chiedo se non debbano tornare alla comunione ma anche alla larga autonomia dei primi secoli. Una decisiva via di rinascita anche oltre i confini della Chiesa è quella di favorire fin dalla scuola la libera formazione alla luce della identità liberamente cercata ed in momenti distinti lo scambio con chi sceglie altre identità religiose o filosofiche. E anche quella di sviluppare la libera crescita e partecipazione a tutto campo, nei criteri della fede, nella Chiesa.

In questo intervento pongo domande tutte da valutare più approfonditamente, nel dialogo ecclesiale. Domande tra l’altro su come eventualmente giungere a tale rinnovato assetto. Può per esempio un numero significativo di vescovi, di diocesi, porre all’obbedienza dovuta al papa limiti secondo criteri chiaramente evangelici? L’obbedienza deve essere assoluta eccetto il caso di reati o può avere dei limiti evangelici? Che tra l’altro impediscano per esempio di sottostare ai malesseri di una persona gravemente disturbata.

L’obbedienza è un pilastro della vita di fede ed ecclesiale. Evidente che crepe pur ragionevoli nella interpretazione di cosa essa sia potrebbero causare danni peggiori dei problemi che vorrebbero evitare. Preghiera e vissuta, condivisa, riflessione anche circa questi temi sono forse comunque utili.