Il katechon e l’inganno razionalista

Ho accennato altrove alla tendenza razionalista a svalutare il rinnovamento che proviene da una vissuta ricerca identitaria e dallo scambio con le altre identità. Un drammatico dirottamento da ogni autentica conoscenza che conduce verso lo svuotamento totale, la tecnicizzazione, il mero fare, in ogni cosa. Spianando la via alla dittatura del pensiero unico a vantaggio di pochi potenti, in fin dei conti essi stessi schiavi di tale meccanismo. L’uomo schiavo del robot da lui creato.

Qui evidenzio con nuove sfumature un grave aspetto di tale distorsione: l’orientamento a ritenere utopiche, fuori dal mondo reale, sul piano concreto ininfluenti, le istanze spirituali. Si può osservare che tale critica non risulta del tutto errata proprio dove la matrice di questo utopismo è, almeno non di rado, il razionalismo. Una spiritualità ristretta ad un’anima disincarnata, lasciando tutti i discernimenti concreti alle scienze, può aiutare poco l’autentica maturazione della persona, può divenire anch’essa in varia misura un mero, perfezionistico, fare. Non conduce tutta l’umanità dell’uomo nel mistero di Dio, dell’uomo stesso, del mondo.

Ma dove si aprono le vie che orientano verso veri percorsi di crescita (per esempio fin dalla scuola la libera scelta della formazione alla luce della identità ricercata e del solo allora autentico scambio con gli altri) allora si può tendere a sviluppare una maturazione incarnata che orienta verso una più consapevole partecipazione a tutto campo. Qui ogni aspetto della vita, per esempio la giusta difesa militare, può trovare sempre più la sua equilibrata collocazione. Si edificano col contributo di ciascuno, pur con umani limiti, società più sane e più solide.

La società della tecnica, spogliata di tutto, sta andando verso un drammatico crollo e come si può credere ancora nelle magnifiche sorti e progressive di tale cultura? Eppure il razionalismo è così in vario modo pervicacemente entrato, inconsapevolmente, nella formazione anche di non poche guide cristiane che si potrebbe forse vedere anche in esso l'”uomo iniquo” della seconda lettera ai Tessalonicesi. E chi, secondo quella epistola, lo trattiene (= katechon) sono forse quei doni di grazia, di umanità, ancora non estirpati dalla società ma anche sempre meno diffusi a causa di tali dinamiche.

Pensiamo all’epoca di Gesù. Se i principali capi d’Israele lo avessero accettato forse Gerusalemme non sarebbe stata rasa al suolo dai romani. Pensiamo anche, al contrario, alla caduta del muro di Berlino. Stalin chiese quante divisioni avesse la Chiesa. Finalmente la Chiesa consacrò la Russia a Maria e l’impero sovietico si è sgretolato in modo misterioso, quasi senza colpo ferire. Sulla testimonianza di tre pastorelli. Lasciamo tali possibili interpretazioni al mistero ma anche discerniamo aperti alla fede. Inoltre quando chiesero a Giovanni Paolo II se lui poteva aver contribuito alla dissoluzione di quella dittatura pare (ma sempre meglio verificare e con precisione) che lui abbia risposto che forse si ma nulla avrebbe potuto senza i polacchi, paese con tanta fede.

Tornando al razionalismo, non si presenta anche esso “con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri, e con ogni sorta di empio inganno” (2 Tess 2, 9-10)? Ci si può chiedere cosa significhino le parole di Maria a Fatima: “Alla fine il mio cuore immacolato trionferà”. Il passaggio alla via della coscienza spirituale e psicofisica, del cuore, che esiste e cresce nella luce ora per grazia scoperta come serena, a misura, liberata appunto da tante astrazioni e moralismi?