Una sinodalita’ non intellettualistica

Una sinodalita’ non intellettualistica

“Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!” (Lc 17, 21).

Una vera crescita nella Chiesa e nella società è lasciar maturare le persone, sviluppare i carismi, gli orientamenti. Certo nella Chiesa sulla base delle verità essenzialissime, dunque sempre più liberate degli aspetti che tali non sono. Già gli altri scritti vetero e neotestamentari acquistano il loro autentico valore proprio come nella messa, rapportandosi ai vangeli, agli aspetti fondamentali della vita di Gesù. Egli è il vero vino vecchio e il vero vino nuovo. Dove allora vecchio e nuovo acquistano il loro vero valore.

La celebrazione eucaristica mostra dunque il significato della sinodalità: un sempre più profondo, liberante, ritorno a Gesù, in Gesù, di comunità vive. Ancora il sinodo non è avviato e già talora si parla di sintesi, di unità ma una direzione costruttiva pare quella di cui sopra: le sempre meglio individuate poche verità essenzialissime e la libera ricerca, espressione. Tali due movimenti alimentano una maturazione continua.

E questa è una via di rinascita anche della società. Fin dalla scuola libero sviluppo delle identità e solo allora autentico scambio, più viva partecipazione, anche sui media. Pensiamo anche al rinnovato contributo che possono direttamente donare i genitori agli studi, alla vita, dei figli. Certo, appunto, libertà all’interno dei diritti fondamentali di ciascuna persona. E qui va precisato che possono venire sempre più riconosciuti aspetti indisponibili allo stesso soggetto. Se qualcuno si vuole torturare o farsi torturare fisicamente da un altro ciò non gli è consentito.

Cercando le adeguate vie della libera crescita si possono tendenzialmente superare i limiti, gli ostacoli, delle varie visuali. Pensiamo al disastro del razionalismo imperante che sta svuotando e radendo al suolo la società. Tutto viene risolto attraverso una falsamente neutra tecnica, valutato secondo codici formali, come certe competenze, che spogliati di una reale crescita comune diventano mere parole d’ordine. Termini falsati, beffe: la solidarietà può divenire svuotante manipolazione; l’unità omologazione; la partecipazione, il femminismo, cooptazione di sistema…

La ricerca del vero sparisce, la civiltà va verso il crollo. Identità e incontro quando si contrastano si spalleggiano nel manipolare mentre armonicamente insieme si vivificano. Orientano verso un vero benessere umano, una più vera democrazia. Non siamo numeri ma persone.

Tutti gli aspetti sopra citati sono complementari. Una sinodalità ecclesiale nella direzione indicata stimolerà una società delle libere identità e dell’autentico scambio ma sarà anche variamente tarpata da questa eventuale carenza. Una più libera partecipazione sui media serve a molto meno senza una vera crescita dal vivo, che resta l’aspetto fondamentale.

Gesù non ha scritto perché non teorizzava ma amava dal vivo, persone specifiche in situazioni specifiche. L’ascolto comunitario, dialogato, della Parola e del vangelo in particolare, con una guida mandata dalla Chiesa, può venire sempre più scoperto profondamente in relazione con la messa, proprio come faceva Gesù, ed entrambi con ogni aspetto della vita. Il vangelo è stato scritto per venire tradotto dal vivo. Quando il pastore pensa di sapere già tutto può tendere a proporre catechesi, corsi, in forma di monologo invece che orientare almeno nel tempo verso la scoperta sempre rinnovata del vangelo, di Gesù, insieme ai fratelli. Lì la sinodalità è già morta. Si ascolta, dialoga, poco con Dio e con i fratelli e alla fine anche con sé stessi. Il proprio Gesù non si lascia toccare nemmeno da Gesù stesso; le perplessità, le domande, i bisogni, le esperienze, delle persone sono solo infantilismi. Si fanno lezioni, non si impara a lasciarsi portare personalmente e comunitariamente nella fede da Cristo. Tornare insieme al vangelo significa scoprire vissutamente sempre più la pastorale di Gesù stesso.

Già qui vediamo che si tratta di un rinnovamento da affrontare non intellettualisticamente ma gradualmente, cercando le vie, le tappe, adeguate. Senza cammino di fede l’incontro può diventare quello fasullo di Babele, senza attenzione alle persone vive, specifiche, alle loro domande, ai loro bisogni, l’approccio può isterilirsi, complicarsi, in partenza… Avviare con prudenza, dove e come possibile, cammini di fede attenti all’ascolto comunitario, dialogato, del vangelo, anche dando poi liberamente, discretamente, spazio alla comunicazione a tu per tu con una guida mi pare un attingere alle fonti della crescita, della stessa sinodalità.