Una nuova presenza negli ospedali

Una nuova presenza negli ospedali

La cultura del tecnicismo a tutto campo tendendo a svuotare rischia di portare verso una sempre più onnipervasiva manipolazione e verso il crollo della società. 

 

In tale contesto la sanità è tarpata alle basi. Vi è una mancata libertà, fin dalla scuola, di scegliere una formazione alla luce della identità religiosa, filosofica, cercata e, in momenti distinti, nel solo allora più autentico scambio con le altre visuali. Dunque non è favorita la maturazione delle persone ma invece un distorcente meccanicismo, astrattismo che certo non aiuta un sereno benessere integrale.

 

Pensiamo ai possibili riduttivi discernimenti. Un avvocato può offrire consigli tecnici senza comprendere il quadro generale, umano, di una data situazione. Così anche ad un medico possono sfuggire molte cose. Tra l’altro può porre minore attenzione a valutare aspetti non attinenti alla propria specializzazione. O aspetti relativi alle situazioni complessive in cui il malato vive, anche quella dell’ospedale.

 

Qui vorrei avanzare domande sulla presenza dei parenti in ospedale. La vicinanza potrebbe sostenere molto, in mille modi, il malato. Potrebbe aiutare a comprendere meglio tante cose di ogni genere, anche mediche. Potrebbe significare una vigilanza diuturna che prevenga e risolva tanti problemi sul nascere. Potrebbe favorire nel reparto un clima di familiarità…

 

Una presenza che può implicare addirittura uno stimolo al rinnovamento culturale. Ho visto persone scoprire che certi problemi per esempio psicologici, magari di coppia, non si risolvevano con terapie tecniche ma respirando intorno rapporti umani, di amicizia.

 

Ma certo una presenza che potrebbe rivelarsi problematica nella struttura sanitaria. Possibile non chiudersi di fronte a tali difficoltà ma valutare la praticabilità di eventuali piste di soluzione per favorire una partecipazione che, se positiva, potrebbe rivelarsi altamente benefica a tutto campo?