Una cultura poco interessata al vero e ai suoi scopritori

Nella cultura attualmente prevalente la ricerca del vero può finire per contare poco. Per partecipare al dibattito pubblico bisogna per esempio rivestire ruoli istituzionali. Nella frammentazione delle materie ciò può comportare specializzazioni senza vissuti sguardi d’insieme già così favorendo il tecnicismo e di qui le logiche d’apparato. Oppure è necessario diventare famosi grazie ai media che oggi sono in larga parte nelle mani di pochi potenti della finanza e di internet. Al punto che la fama può risultare, come in ognuna delle vie che qui cito, un possibile titolo di demerito, ossia un segnale di appartenenza al sistema.

Oppure ancora bisogna essersi creati in qualche modo uno spazio particolare nella vita quotidiana ma anche ciò può dipendere da un potere che non ostacoli in vari modi, talora persino inconsapevoli, una pur di per sé evidente fecondità anche nel concreto.

Si potrebbe dunque essere preparatissimi, aver aperto strade mirabolanti nella cultura, anche con una ricca ed incisiva varietà di scoperte, si potrebbe, persino ulteriormente, aver manifestato un’efficacia fuori dal comune per esempio nell’aiutare la rinascita complessiva, pure psicologica, delle singole persone e delle realtà territoriali e non essere conosciuti e non poter intervenire nella varia grande comunicazione.

Si può aggiungere che ciò è dovuto anche alla circostanza che appunto il razionalismo prevalente tratta una cultura di concetti mentre Gesù insegna che la Parola e le parole vere sono semi, ossia grazie che illuminano la coscienza spirituale e psicofisica, il cuore e, se si cerca di accoglierle, fanno maturare la persona. Insomma consapevolezze esistenziali che si possono più facilmente trasmettere gradualmente nella condivisione continuata, dal vivo.

Ancora una volta la prima a beneficiare di tante vie nuove è, come al tempo di Gesù, la gente che ne sperimenta concretamente l’aiuto. Spesso senza neanche troppo avvedersi della novità della cosa. Mentre più difficilmente possono cogliere il senso profondo di tali piste e i suoi effetti concreti i potenti dai loro palazzi.

La sete di Luce invece di venire alimentata dalla cultura può venirne dunque profondamente spenta prima di tutto e anzi, come visto, principalmente nelle istituzioni. Una società che stimola lo svuotamento non può che tendere a crollare.

Il percorso verso il disfacimento totale sembra via via divenire un sempre più ripido precipizio. Sarà la rovina a costringere ad un salto di qualità, se qualcuno sopravviverà?

Cosa si può fare? Le vie del Signore non sono le nostre vie. Una strada sarebbe quella di riconoscere ad ogni persona il diritto di scegliere, fin dalla scuola, di venire formata alla luce dell’identità liberamente ricercata e nel solo allora autentico scambio con le altre. Stimolando un’uscita per esempio dall’attuale astratto e omologante razionalismo, solidarismo e favorendo una vissuta autentica ricerca. Una concreta sete di verità capaci di dare vita davvero. E così animando tendenzialmente una nuova viva, non formalistica, partecipazione. Vero terreno di crescita anche dei ruoli e delle competenze.