In https://gpcentofanti.altervista.org/lintoppo-della-storia-scovato/ rilevo che in tutta la storia della cultura, almeno occidentale, si può riscontrare un oscillare tra la teoria e la pratica. Platone e Aristotele, la grecità col suo filosofare e la romanità con la sua pratica di governo, Sant’Agostino e san Tommaso, Hegel e Kant, positivismo e romanticismo, Vaticano I e Vaticano II…
Dunque non solo nella Chiesa ma anche nel mondo non credente si ripropone il problema. Ricordiamo il programma di Hilbert, che voleva ricostruire una logica autoesplicantesi e i teoremi di incompletezza di Goedel che dimostrano che la logica non può non partire da punti accettati come dati (così tra l’altro da una fede) dunque dal contatto con l’esperienza concreta. Dimostrazioni in concomitanza con le teorie del caos che hanno messo in crisi la scienza che vede la realtà concreta sfuggire continuamente al proprio controllo.
Siamo in un’epoca in cui l’oscillazione propende non di rado verso Aristotele, la pratica. Ma la teoria e la pratica colgono ciascuna aspetti riduttivi e distorcenti della realtà, conducono con più difficoltà nel mistero di ogni cosa.
Partendo dalla vita personale, anche un laico può credere nei propri valori astratti ed essere afflitto dai propri sensi di colpa o dalle fughe vitalistiche o pragmatiche da tutto ciò. Anche il laico può non aver trovato la via di una maturazione graduale, personale, profonda e serena, piena di sereno buonsenso nella luce che illumina il suo cuore. Anche il laico ha bisogno di trovare il ponte tra la teoria e la pratica. Anche nel laico si può ritrovare una scissione tra la filosofia e la psicologia, tra i valori e le correzioni meramente tecniche del modo di viverli. Tutte le ferite umane, psicologiche, vengono da un amore non arrivato o arrivato in modo freddo, rigido o soffocante, ansioso o in vario modo pragmatico, incapace di ascoltare in profondità, di cercare davvero di comprendere… Non è interessante che talora anche in ambito laico non vi è un incontro, un ponte, tra la filosofia e la psicologia? Oggi in ogni cosa, anche nella scienza, si cerca il contatto con la realtà ma in modo pragmatico. Ma solo entrando con tutta la propria umanità, in modo sereno ed equilibrato, nel mistero si manifestano sempre più distintamente la verità delle cose e le relazioni tra di esse. Magari implicitamente ma anche i laici hanno bisogno di intuire lo Spirito di Gesù, la grazia divina e umana, la luce serena, non il moralismo, non il vitalismo, che illumina il loro cuore.
Un insegnante cristiano non può trasmettere la fede in una classe nella quale non tutti hanno scelto questa fede e così anche un insegnante buddista o non credente e via discorrendo. Ma anche il neutralismo è falsamente tale perché insegna il nulla, nel quale poi tra l’altro il potere mette quello che vuole. E anche il mero incontro svuota e omologa perché non nasce da momenti distinti da esso in cui le persone vengono aiutate a maturare in ciò in cui credono, pure imparando poi nello scambio con chi ha visioni diverse. Ma chi può criticare un insegnante che trasmetta agli studenti l’importanza di ascoltare la luce che illumina il loro cuore, di cercare ciò in cui credono? L’insegnante può anche suggerire che la luce autentica non calpesta ma fa fiorire l’umanità. Spiegando che su quella via si incamminano verso il superamento dei nodi della propria vita e l’apertura delle strade autentiche di ciascuno, alimentando la speranza per sé stessi e per gli altri. Su quella via comprenderanno in modo sempre nuovo tutta la cultura, ogni aspetto della vita e del mondo. Mentre non troveranno risposte adeguate nel tecnicismo, nel nozionismo…
Uno psicologo che non cerchi ciò in cui crede e non cerchi di vivere su quella via avrà gli stessi problemi degli altri.
Non solo i cristiani ma tutti in cerca del ponte
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