Non si fanno piu’ scelte definitive?

Non si fanno piu’ scelte definitive?

Quando una persona si sente chiamata ad una consacrazione religiosa questa vocazione viene in genere confermata, se del caso, dal parroco, poi dal seminario. Un cammino lungo anni nel quale il candidato matura in tale percorso. Come si fa a valutare se è Dio che vuole ordinata quella persona? Il tempo è un aspetto fondamentale. Il soggetto in questione e con ruoli diversi alcune guide spirituali, in vario modo anche la gente che lo circonda, vedono confermata nella vita concreta tale strada.

Non si entra dunque in seminario facendo da quel momento il prete. Si è, si comincia almeno in una certa misura ad essere, a vivere, da presbitero anche prima. Quando poi arriva il giorno dell’ordinazione quell’uomo non afferma che sarà prete per tutta la vita per una meramente sua decisione ma perché insieme alle persone summenzionate discerne che si può avere fiducia che il Signore lo stia chiamando. Sulla tua Parola gettero’ le reti. Se Dio lo chiama sarà Dio a sostenerlo e farlo crescere su quel percorso. Dunque tutto nella grazia.

La stessa cosa vale per il matrimonio. Se non è maturato e vissuto in un simile cammino di fede rischia di essere in realtà una vita basata sulle forze umane. Può dunque divenire un moralismo pretendere che si viva cristianamente una storia che non è stata edificata così. Oggi si dice talora che i giovani non vogliono prendere decisioni definitive. Rimando per esempio a questo testo su certi giudizi ingiusti che la gente si può vedere affibbiati ( http://gpcentofanti.altervista.org/il-dramma-dellelitarismo/ ). Rispetto a quell’intervento qui aggiungo tra l’altro che forse alcuni aspetti positivi di certa libertà odierna favoriscono una qualche sorta di consapevolezza. Sulla base di quanto accennato sopra si può affermare infatti che certe perplessità vanno comprese e accompagnate in modo adeguato. Anche questo è un esempio del necessario passaggio da una religiosità per certi aspetti esteriore ad una autentica. Stanno germogliando tante vie che si potranno nel futuro rivelare feconde.

Quanto osservato può contemplare l’evenienza di casi di discernimento errato. Se per esempio Dio non chiama davvero lui al sacerdozio una persona può venire il momento in cui questa viene portata in una più autentica intuizione della sua vera chiamata. Può accadere anche il contrario: come nel caso di una persona con forti fragilità psicologiche ma con un’autentica vocazione. Potrebbe trovare formatori che la escludono. Si può avere fiducia che, se vuole Dio, prima o poi quel chiamato troverà la via per diventare prete. In tale direzione si può suggerire ai formatori di non bocciare un tale soggetto ma, in vari modi, di rimandare ad altri tempi, con tutti gli aiuti del caso. La grazia di Dio infatti può trasformare una persona fragile nella più solida e matura, anche proprio per il profondo confronto con sé stessa a cui è stata costretta. Mentre senza tale grazia qualcuno per certi aspetti più equilibrato potrà manifestare nel tempo problematiche ancora non risolte che per esempio lo hanno indotto ad un discernimento errato sulla propria vocazione.

Il razionalismo e lo scientismo, lo psicologismo, funzionalismi, possono dunque profondamente distorcere il discernimento degli stessi formatori. Potrebbe talora emergere il paradosso che una certa minore conoscenza psicologica di altre epoche abbia salvaguardato il cammino vocazionale di qualcuno, come persino la vita di certi santi dimostra.

Su tali scie ci si può chiedere se anche circa il sacramento del matrimonio sia giusto che, alla fine, sia la persona stessa a valutare l’autenticità della scelta fatta da lei e dal coniuge. Certo da parte della Chiesa potendo suggerire di maturare eventuali ripensamenti per quanto sensato con calma, nella preghiera, nel dialogo, facendosi aiutare…

Si può dunque anche qui entrare in una più profonda attenzione al mistero del rapporto di ciascuno con Dio, cercando di non finire per porsi al posto di Dio giudicando l’altro. Evidentemente tutto ciò riguarda anche il sacramento della riconciliazione. Da poco tempo si è concessa maggiore libertà di discernimento al confessore rispetto a precedenti normative più schematiche. Il sacerdote da parte sua deve obbedire alla Chiesa, poteva cercare di fare arrivare l’amore di Dio in altri modi, pur certo più limitati, quando vigevano le regole suddette. Comunque anche la situazione attuale può apparire un passaggio. Lasciare la possibilità di non assolvere ma suggerire in genere di accompagnare il cammino, l’autocomprensione, possibile del penitente e con tanta misericordia forse è una via che può venire approfondita. Al punto da potere stimolare sempre più la percezione che i primi a potere maturare nel discernimento sono proprio i pastori.

Questi spunti suggeriscono una continua ricerca su come aiutare con discrezione ma nel miglior modo possibile la preparazione al sacerdozio, alla consacrazione religiosa, al matrimonio, ad ogni personalissima vocazione. Per esempio è vero che non si possono oltre certi limiti costringere le persone che si vogliono sposare in chiesa ad una più approfondita formazione. Ma la si può con più attenzione motivare e proporre a chi può avere il dono di intuire l’importanza di ciò. E la formazione può farsi magari gradualmente cammino di fede, personale e comunitario. E anche cammino di formazione spirituale e umana. Una crescita integrale della persona specifica, della coppia specifica, che aiuti a comprendere i possibili passaggi spirituali e umani di un’autentica maturazione. E tutto ciò con equilibrio, sempre nell’attenzione al mistero, non mettendosi la guida al posto di Dio e trasformando la crescita in un meccanico perfezionismo. Per quanto riguarda i candidati al sacerdozio per citare un solo spunto scelgo quello, da valutare in ogni senso, dell’importanza di vivere almeno un paio di anni in parrocchia durante la formazione prima dell’ordinazione. Ma che sia una formazione nello sguardo di fede, sempre da rinnovare spiritualmente e umanamente. Nell’attenzione al mistero mentre le tendenze spiritualistiche, psicologistiche, possono continuare talora a distorcere il discernimento.

La fiducia in Dio e non il perfezionismo può orientare a scegliere con attenzione rinnovati formatori per i seminari ma invece a guardare con prudenza, a non scadere nell’efficientismo, circa i formatori al matrimonio. Forse si tratta di alimentare una maturazione complessiva, diffusa, più che di una selezione che rischia tra l’altro di divenire arbitraria.