Meditazioni per i pastori

Meditazioni per i pastori

Maria stella del mattino, porta del cielo, salute degli infermi, rifugio dei peccatori. Il Magnificat. Le nozze di Cana.

Viviamo un tempo di grandi sofferenze di molti. Un pastore come può vivere il suo cammino? Cristo dalla croce ci ha dato Maria per mamma. Ci ha detto Gesù di rivolgerci a lei così come Maria ha incoraggiato i servi alle nozze di Cana a fidarsi di ciò che Gesù avrebbe loro detto. Ed è stata una grazia questo suggerimento perché Cristo ha chiesto ai discepoli un atto di fede non facile, come quello di portare l’acqua delle giare da essi riempite al maestro di tavola, come fosse vino. In una festa di nozze.

Maria è stata la prima ad accorgersi dei bisogni di quelle persone. Molti non hanno nemmeno mai saputo dei problemi che stavano emergendo. Dunque chiedere aiuto a Maria, con fiducia. Ave Maria. Con tale fiducia ascoltare quello che ci può dire Cristo, senza fermarci in logiche esclusivamente terrene.

Dunque un aiuto ad uscire da calcoli, prudenze, uscire dal sapere tutto io. Uscire dai pur talora inizialmente utili corsi di fede ed entrare a tempo debito in cammino, personale e comunitario, di fede. “Il Signore disse ad Abram:

“Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria

e dalla casa di tuo padre,

verso il paese che io ti indicherò.

Farò di te un grande popolo

e ti benedirò,

renderò grande il tuo nome

e diventerai una benedizione.

Benedirò coloro che ti benediranno

e coloro che ti malediranno maledirò

e in te si diranno benedette

tutte le famiglie della terra”

Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran. Abram dunque prese la moglie Sarai, e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate e si incamminarono verso il paese di Canaan”  (Gn 12, 1-5).

Lasciarsi portare nella fede che è Dio che dà vita sempre nuova, spirituale e umana, attento a tutta la persona, ai suoi bisogni. Cosa hai davvero da dirmi Gesù? Aprimi il cuore, le orecchie. Tu puoi manifestarmi cose che non mi aspetto, liberarmi dai paletti, anche culturali, che riducono preventivamente il mio ascolto. “Mετανοειτε”, agli esordi della predicazione di Gesù, veniva non di rado tradotto con “pentitevi”, poi con “convertitevi” ma egli propone subito l’uscita dal moralismo del salvarsi da soli verso la grazia che viene con delicatezza e gradualità ad aprire il cuore: “percepite oltre”, il regno dei cieli è vicino. E si tratta dunque di una vita che si può diffondere tra le persone.

Chiedere intensamente a Dio di aiutarci. Tendere, nei modi e nei tempi adeguati, a lasciare che Dio ovunque, anche nella scuola, faccia crescere ognuno sulla propria personalissima via, alla luce della identità liberamente cercata e nel solo allora autentico scambio con le altre. Da qui si può stimolare una viva partecipazione. Uscendo dagli spegnimenti, dalle omologazioni. Identità senza scambio e scambio senza identità si contrastano e si spalleggiano nello svuotare, manipolare, le persone.

Nessuno può sapere cosa ha da dire Dio ad un altro. Un padre spirituale può accompagnare la crescita di qualcuno, cercare insieme ma alla fine è la persona che opera nella luce il proprio discernimento, non un altro al posto suo.

Le vie di Dio non sono le nostre vie.

Io accenno ad alcune possibili piste. Gli ultimi tre papi hanno proposto strade variamente diverse, ognuna con le sue ricchezze. Forse la storia stessa ci stimola ad imparare gli uni dagli altri, a sviluppare nella vita e nella cultura la sinodalità. Proprio superando calcoli, paure, difese. Cosa possiamo fare, nei tempi e nei modi adeguati, perché nella Chiesa ci si apra ad una ricerca non formalistica, per mere competenze, del vero? Immaginiamo un profeta in antropologia teologica? Dove ci chiudiamo in calcoli, prudenze, di corto respiro? Cerchiamo di permettere ad ognuno di intervenire anche nel vario dialogo pubblico? Fino a che punto è possibile?

Sta maturando più diffusamente una spiritualità capace di aiutare ciascuno a crescere in un cammino personalissimo, ben al di là degli schemi, grazie e verso i riferimenti della fede. Attenti a tutta la sua vita, ai suoi bisogni. Stiamo uscendo dal moralismo del mero fare, funzionare, spirituale, psicologico, per entrare nella fiducia nella grazia che, cercando di accoglierla, viene gradualmente sempre più in noi. Ci aiuta ad aprire autenticamente il cuore integrale, la coscienza spirituale e psicofisica. Non dobbiamo “fare i bravi” ma tutta la nostra umanità è condotta con delicatezza, a misura, nel mistero. E dunque vede ogni cosa in modo sempre nuovo. In modo nuovo e più pieno un piccolo può rinnovare tutta la cultura.

Imparare da ciascuno, dalle esperienze, dalle stesse difficoltà, perplessità, delle persone. Imparare a non dare nulla per scontato.

Non si può sapere ciò che Dio propone in questo momento ad una persona, ad un pastore. Però Gesù stesso ha insegnato: Vi diranno eccolo qua, eccolo là, non andateci, perché il regno di Dio è in mezzo a voi. Egli ha qualcosa da donarci, da dirci, in ogni persona. Ecco, ascoltare Dio e gli uomini con vissuta attenzione, senza banalizzare, senza circoscrivere nei nostri schemi.

Nel vangelo vi sono mille cose da scoprire. Per esempio si riflette su quando dare o meno la comunione ma non ci si chiede se e come Gesù stesso nei vangeli ha dato l’eucaristia. Si crede in Cristo ma non si torna sempre nuovamente a lui, Dio e uomo, in ogni cosa, senza pensare di sapere già. Essere aperti alla grazia sempre nuova della Parola.

Ascoltare, non banalizzare, essere disposti a mettere in discussione le nostre più profonde impostazioni culturali, il nostro Gesù, nel Gesù vero, anche, nei tratti essenziali, quello dei vangeli, e, nei modi adeguati, anche nel Gesù, nella vita, degli altri. Magari poi si accendesse una profonda sete di Luce sempre nuova, non vista riduttivamente ma invece integrale, spirituale e umana.

La prima lettera di Giovanni fornisce criteri decisivi sul discernimento. Ogni spirito che riconosce Gesù venuto nella carne è da Dio. Vi sono astrazioni che non tengono conto dei cammini specifici, delle situazioni concrete. Vi sono astrazioni alla rovescia, che si schiacciano su un pragmatico presente senza cercare adeguate letture profonde, sviluppi possibili. Talora, magari spesso, è importante anche solo cominciare a parlare dei vari spunti qui citati. Le parole vere non sono concetti da comprendere col cervello e mettere in pratica con la volontà, ma semi di grazia che matureranno a suo tempo. Ecco un’altro insegnamento rivoluzionario di Gesù. Tutta la storia della cultura oscilla tra la teoria e la pratica senza trovare un incontro che nel profondo può essere solo un dono di Gesù, Dio e uomo. Lo Spirito vi condurrà alla verità tutta intera, che non è una dottrina astratta, né un mero fare, ma l’amore meraviglioso di Cristo. Ecco un motivo per cui Gesù non ha scritto. Non si esprime in astratto ma in situazione, amando dal vivo. E allora pure questi sono spunti che potranno meglio germogliare, approfondirsi, nella vita, nella condivisione concreta. Le consapevolezze del cuore si possono gradualmente comunicare, con più facilità, nella vita vissuta. E così, come al tempo di Gesù, è la gente nella vita quotidiana che sperimenta il beneficio delle vie nuove mentre i potenti dai loro palazzi possono meno agevolmente cogliere. Il vangelo stesso è nato e rimanda a letture personali e comunitarie dal vivo. Anche per questo il Figlio dell’uomo si esprime spesso in parabole, per stimolare la richiesta di dialogo dal vivo, per approfondire.