Le chiusure ingannevoli

Molti blocchi possono chiudere la vita di qualcuno ad un oltre da scoprire. Pensiamo a quando si dà la parola in base a criteri che presi da soli sono formalistici come il ruolo, la competenza istituzionale, il titolo, la fama. Criteri che possono sostituirsi alla ricerca del vero con l’aiuto di tutti. Immaginiamo, solo per porre un esempio, un profeta in antropologia teologica?

Pensiamo al disinteresse verso la proposta di vie nuove, anche dove suffragate da scoperte culturali e frutti umani, sociali, pastorali, a tutto campo. Ritenendo che nella vita concreta ben si sa come cavarsela al di là di tante “teorie”. Come se la cultura attuale non possa essere strutturata e strutturante in modo variamente riducente e distorsivo nella vita reale. E non potessero emergere nuovi contributi o vedendoli come astratte imposizioni invece che come stimoli ad una ricerca sempre nuova. O anche ritenendo che certe intuizioni vitali siano incomunicabili. Che non vi siano vie che possano aiutare in tale direzione.

Pensiamo alle vivisezioni e giustapposizioni della cultura razionalista, come appunto il razionalismo stesso, lo spiritualismo, il pragmatismo, l’emozionalismo… Orientamenti che chiudono a scoperte, ad aspetti, che tocchino parti dell’umano che tali frammentazioni considerano poco. E chiudono alle mille sfumature della vita tendendo a ridurla in varia misura in bianco o nero, in schemi.

Pensiamo alla vivisezione della coscienza stessa, ad opera delle strutturazioni suddette, che può tendere a renderla cieca alla luce dello Spirito da ovunque provenga. Pensiamo ai ripiegamenti culturali, esistenziali, che tolgono interesse a cogliere il nuovo dell’altro.

Senza la grazia divina e umana di Gesù non si può nulla. Il mondo può andare a scatafascio ma senza la grazia non è possibile quell’apertura al percepire oltre (= μετανοειτε) di cui Gesù parla fin dall’inizio della sua predicazione. Si può anche parlare di soluzioni nuove, di dialogo, restando di fatto chiusi in sé stessi.