La religione nei limiti della sola ragione

Una delle conseguenze più drammatiche ed esiziali del razionalismo risiede nella circostanza che persino la guida cristiana, plasmata in una tale mentalità,  può finire per ritenere poco rilevante l’insegnamento scolastico alla luce della propria fede. Nelle scuole cattoliche si può impartire in fondo la stessa formazione nozionistica, astratta, di quelle statali. 

 

Le guide diventano paladine accanite di tale intellettualismo senza minimamente avvedersi che esso orienta al contrario dell’apertura della coscienza spirituale e psicofisica, ossia del cuore, nella Luce serena. Ci si chiude nei propri ragionamenti a tavolino, che Gesù chiamava loghismoi, al punto di ritenere che la stessa fede si basi su un misto di credenza e di ragionamento e non sul semplice accogliere nel cuore questa grazia quando la Luce la dona. Anzi quest’ultimo tipo di fede viene sprezzantemente considerato irrazionalismo. Non dunque sovrarazionale, ossia una fede crescendo nella quale si discerne tendenzialmente ogni cosa in modo sempre nuovo e più profondo. 

 

Non ci si lascia portare da Dio nel mistero divino, umano, “materiale” ma si fa dei propri ragionamenti il criterio della stessa verità di Dio. Non si tratta di una maturazione del discernimento nella Luce, imparando per esempio a cogliere il linguaggio spirituale, non direttamente materiale, della Parola di Dio. Questione certo al fondo nota a molte persone di fede anche prima di Galileo. Si vedano gli scritti di san Giovanni della Croce. La kantiana religione nei limiti della sola ragione riduce la fede ad un ambito disincarnato e da sottoporre comunque al tribunale di una inesistente ragione astratta. 

 

Se si privilegia una tale ragione astratta restano infatti un’anima disincarnata ed un resto emozionale-pragmatico dell’uomo. In una tale cultura la persona più attenta allo spirituale può così variamente rifugiarsi in un ambito etereo sospettando ma anche delegando tanti discernimenti della vita a conoscenze in realtà pseudoscientifiche. 

 

Che si sia prevalentemente intellettualisti, spiritualisti o pragmatisti si resta fondamentalmente in una cultura razionalista. Dunque nell’astrazione, nella spersonalizzazione. Il campo ad un’etica omologante, tecnicista, spegnente, è largamente aperto. L’uomo può venire ridotto in nome di un falso bene ad un mero individuo consumatore perso un una massa anonima. Per la gioia di pochi ricchi e potenti che in nome della solidarietà lo annullano e lo schiavizzano. Paradossalmente tra gli avversari di tali orientamenti si trovano drammaticamente fautori di quella stessa ragione astratta non a caso da loro declinata nel tradizionalismo di leggi altrettanto meccaniche, svuotanti. Perché riducono la vita dell’uomo ad un fare ostacolando la sua autentica, personalissima, ben al di là degli schemi, maturazione grazie e verso i riferimenti della fede. 

 

Una guida cristiana può dunque sentirsi guardata con favore dai sempre più onnipervasivi media del sistema e confondere in buona fede una tale circostanza per un meraviglioso incontro con il mondo intero. Non si parla, almeno nei modi e nei tempi adeguati fin dalla scuola, di formazione alla vissuta luce della identità liberamente scelta e nell’allora autentico scambio con le altre ma con grande enfasi ci si fa paladini di una astratta religione dell’umanità che, come visto, della fede e dell’umanità autentica è proprio l’opposto.