La Parola nella vita concreta

La Parola nella vita concreta

Da questo potete riconoscere lo spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio (1 Gv 4, 2)

Gesù parlava in parabole anche per questo, perché lo Spirito si incarna nella vita concreta, specifica. Certo che c’è il Tabor ma c’è anche il ritorno a valle. I discepoli pensano di aver imparato a fare miracoli ma senza portare le persone specifiche a Gesù e Gesù alle persone specifiche non ottengono nulla. Per tale motivo Gesù non ha scritto: non parla per astrazioni ma a misura di quella situazione, di quella persona, concreta.

Gesù avverte di non sostituire la fedeltà alla nostra comprensione della Parola (tradizione terrena) con la fedeltà alla Parola.
La Parola si rivela sempre più se non ci si chiude del tutto nel ritenere di averla già capita tutta. Gesù nel vangelo osserva che a quell’epoca sarebbe stato legittino domandare nella comunione della fede: come mai il re Davide in un salmo parla di un Signore che parla al suo Signore? Forse Dio è uno ma non mono? Poi la risposta verrà nella comunione, non da soli.

La Parola è Dio. Gesù ha detto che lo Spirito ci condurrà alla verità tutta intera anche per evitare che ci si impossessasse della Parola invece di lasciarsi portare da essa. La cultura attuale spesso considera la Parola un concetto da capire col cervello e applicare con le proprie forze. Qualche guida può fermarsi a ciò che ha colto lei stessa e tutto il resto è nulla. Invece Gesù dice che la Parola è un seme che cresce e si rivela gradualmente in chi la accoglie. Anche attraverso le altre persone, gli eventi… Il testo originale, in greco, del vangelo talora usa un’espressione che in italiano non esiste “remata”, fatti-parole. Maria da parte sua custodiva tutti questi fatti-parole lasciandoli condiscendere nel suo cuore (Lc 2, 19).