La messa, sacrificio o banchetto?

In questo intervento pongo solo domande su sottolineature diverse della celebrazione eucaristica, tendenti per esempio a privilegiarne in varia misura l’aspetto sacrificale o quello conviviale del banchetto. Chiedo se non si possa trattare dello stesso moralismo spiritualistico o razionalistico che orienta l’uomo a salvarsi da solo. È una possibile tendenza ormai, dopo il peccato originale, umana, anche Pietro dopo la pesca miracolosa esorta Gesù ad allontanarsi da lui peccatore. Il sentimento di non poter ricevere l’eucarestia perché indegni. Ma di conseguenza il ritenersi allora in qualche modo col proprio merito in altri momenti degni. Salvandosi da soli. Mi pare semplicemente un piano errato. Gesù viene a salvarmi perché creatura bisognosa di lui. Certo in tutto il racconto evangelico non si fa problemi di avvicinare, accogliere, i peccatori, se non quelli di un amore discreto, delicato, rispettoso della libertà altrui.

Il moralismo tende a privilegiare l’aspetto sacrificale perché qualcuno deve pur pagare il fio di tanti peccati. Il rigetto di tale cupezza può indurre a privilegiare il lato conviviale della messa. Ma Gesù semplicemente ci ama, si dona a noi ridandoci vita. L’eucaristia è pane di vita. Le scissioni appaiono appunto disincarnate, cervellotiche. La sinassi è festa ma non superficiale bensì la gioia di una vita virtualmente rinnovata in Gesù oltre ogni morte. Dio offre la sua vita perché tutti si possano sentire totalmente amati, senza condizioni. L’amore di Cristo è dono, gioia nel profondo, anche quando passa per i sentieri della sofferenza. Tutta la nostra vita può risorgere, donarsi anch’essa, ricevere ogni bene.

Nella sua prima lettera Giovanni afferma che ogni spirito che riconosce che Gesù è venuto nella carne è da Dio. Spiritualismo, moralismo da un lato, filantropismo dall’altro, la separazione di cielo e terra, parlano della grazia divina e umana di Cristo che può venire sempre più profondamente.