La mediazione umana nella stesura dei vangeli

La mediazione umana nella stesura dei vangeli

Nel cammino della storia, nella Chiesa, lo Spirito ci conduce tendenzialmente sempre più all’essenziale del discernere concreto, divino e umano, del Gesù dei vangeli. Un percorso dunque dove ciò che non è strettamente essenziale può venire lasciato ad una libera interpretazione che dunque non impegna la fede comune.

 

Cosa ha detto e vissuto davvero Gesù? Possiamo osservare che il complesso dei vangeli mostra a sufficienza il senso della sua rivelazione. Ma comunque anche le parole che gli vengono attribuite paiono proprio in questa direzione di fondo affidabili quanto ai loro significati. Non sembra emergere il bisogno di cambiarle ma di comprenderne, per grazia, il senso nel contesto globale.

 

Cristo da un lato vive e manifesta i riferimenti della fede dall’altro accompagna con amore ogni persona sul suo specifico, ben al di là degli schemi, graduale, cammino verso il compiersi della vita in lui. Riferimenti essenziali sostanzialmente immutabili e cammino graduale verso di essi e in essi, in una misericordia senza confini.

 

In questo quadro di fondo si può notare persino nei vangeli la tendenza anche degli apostoli a comprendere la parola secondo la propria mentalità. È il vissuto dialogo con Gesù che li libera dalle interpretazioni che essi possono quasi inconsapevolmente sovrapporre al messaggio di Cristo. Dunque un tornare continuamente ai vangeli per vedere cosa il Figlio dell’uomo ha veramente detto e operato. Perlomeno cercando di non imporre ai cristiani ciò che nei vangeli non si trova.

 

È quello che per esempio osserviamo negli Atti degli Apostoli dove la Chiesa cerca in un cammino saggiamente graduale di ridurre le norme non derivabili da Gesù. E ciò proprio nell’ascolto delle varie, talora opposte, tendenze che orientavano, per la fede comune, verso la riduzione all’essenziale sicuro certamente attribuibile a Gesù.

 

Il cammino personale e comunitario della fede appare come un graduale diminuire delle visuali personali lasciando spazio all’opera di Gesù. “Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?». Gesù rispose: «Questa è l’opera di Dio (prima e più che degli uomini. N.d. R.): credere in colui che egli ha mandato» (Gv 6, 28-29). Essenziale di Gesù e libertà di ricerca possono orientare, anche nel reciproco scambio, ad una continua maturazione di ciascuno verso Cristo, Dio e uomo.

 

Nei vangeli vediamo Gesù stesso leggere le Scritture cogliendone il senso profondo e complessivo. Per esempio quando mostra ai sadducei che nella Torà (= Pentateuco, ossia cinque libri), i primi cinque libri della Bibbia, si parla di fatto di risurrezione anche se non è usato tale termine esplicitamente. Al tempo stesso questo discernimento del senso gli fa prendere sul serio le parole delle Scritture, come nel salmo 110 dove Davide canta del Signore che comunica al suo Signore. Profetizzando un Dio uno ma non mono.

 

Tra l’altro il senso aiuta in tante direzioni, per esempio nel vangelo di Giovanni Gesù parla un linguaggio che può apparire diverso. Ciò può attribuirsi a molte cose. Come una lettura interiorizzata della sua testimonianza, magari grazie agli incontri con lui risorto, o come un per certi aspetti più maturo e attento ricordo. Il punto è porre attenzione alle parole, non scavalcarle, attendere casomai il loro rivelarsi ma anche tenere presente che si tratta di espressioni degli evangelisti. Certo riferite a lui, alla sua vita, opera, predicazione, non di rado riportata in modo letterale (ipsissima verba = parole “stessissime” di Gesù) e comunque tali da condurre nello Spirito sostanzialmente a lui, alla sua reale storia, però anche con attenzione alla mediazione di chi le scrive.

 

Gesù nei vangeli mette in guardia da una tendenza a leggere la Parola di Dio con mentalità terrene finendo in una religione terrena. L’attenzione al senso complessivo dei vangeli, il non scavalcare le parole e i gesti di lui pur tenendo conto che sono riportati da persone umane, ma ispirate da Dio. Vi è insomma una vissuta ricerca ecclesiale, personale, comunitaria, che riporta sempre più profondamente al Gesù autentico, a ciò che ha detto e operato lui, perlomeno ponendo sempre più attenzione alle verità essenzialissime e rilevando le sovrapposizioni umane di certa tradizione che non trovano riscontro nella sua storia riportata nei vangeli.

 

È davvero stupefacente rilevare come in una storia fatta anche di debolezze, di poteri, Gesù e la sua vita giungano a noi e anche ci riportino tendenzialmente sempre più a lui, ai vangeli, al loro vero senso. Un vero miracolo. E questo appunto in mezzo anche a limiti, sovrapposizioni meramente umane, disabitudini al cercare sempre più il Gesù autentico. Una storia fatta di progressi reali o presunti, anche di, per certi aspetti almeno, regressi. Un sensus fidei sincronico, nel tempo presente, ma anche diacronico, nello scorrere dei secoli. È Gesù che conduce la Chiesa, nella storia.

 

Non tutto dunque è essenziale, sicuramente riferibile a Gesù. Gesù non ha parlato di fede e ragione; non ha ordinato donne; non ha parlato di matrimonio omosessuale; ha dato la comunione, si direbbe, a Giuda e ai fuggiaschi non ancora esplicitamente pentiti e assolti discepoli di Emmaus; ha accompagnato in modo personale e graduale la samaritana; ha guarito e rimandato a casa o in sinagoga, al proprio graduale cammino, certe persone; ha mangiato, condiviso la vita, accompagnato nel loro libero e graduale percorso per esempio pubblicani e peccatori; ha affermato di essere inviato alle pecore perdute della casa d’Israele, a misura per loro. E da risorto è apparso sotto altro aspetto, a misura. Dunque la sua realtà essenziale si può forse comunicare in modo diverso a seconda delle situazioni…

 

A me sembrano riferimenti chiari ma non è detto che tutti siano d’accordo. Alla fine di questa riflessione mi pare di riconoscere una visuale diversa rispetto all’inizio di tale intervento. Non si può meccanicamente circoscrivere un ambito di verità essenzialissime lasciando libero tutto il resto. Per esempio: Gesù non ha ordinato donne e questo mi pare vero anche oggi; Gesù ha consacrato il pane e il vino ma forse in Oriente consacrerebbe il riso. Ha detto infatti nella sua vita terrena di essere stato inviato solo alle pecore perdute della casa d’Israele e da risorto è apparso talora sotto altri aspetti. Tornare sempre più ai vangeli, cercare di coglierne il senso, portati, in un cammino graduale, da Gesù. Lui sa ciò che di tempo in tempo davvero ci serve recepire. In un cammino di tendenziale maturazione in lui nella storia. Vi sono le verità essenzialissime, al fondo immutabili ma vi sono punti meno lampanti su cui ugualmente non si può lasciare libera qualsiasi interpretazione. Per questo sono necessari i pastori, nella Chiesa, con la Chiesa. E in tempo di pensiero unico è importante un’adeguata libertà tra i vescovi e il dialogo e la partecipazione dei fedeli e con tutti. Davvero solo Gesù può condurre la Chiesa in mezzo a tante cose.