La guerra tra psicologi e counselor & C.

L’uomo matura cercando di accogliere lo Spirito che scende su di lui gradualmente, a misura, come una colomba. Solo questo amore delicato e sapiente può aprire davvero il cuore di ciascuno, sciogliere i nodi, dipanare le strade. Oggi invece non di rado la cultura scinde la persona. Un prete psicologo quando trasmette la spiritualità può farlo in modo variamente astratto, ingabbiando in regolette, quando fa psicoterapia può trasmettere funzionamenti. Non vi è un accompagnamento dell’altro alla scoperta dello Spirito autentico che solo lo può davvero liberare. Dio non fa crescere secondo regole meccaniche o facendo ben funzionare. Un formatore cresciuto nel sereno cammino descritto sopra entra in una sempre più profonda consapevolezza della coscienza spirituale e psicofisica che lo aiuta a leggere, nella condivisione dal vivo, anche nella vita integrale di chi gli chiede confronto. Ma vivrà questo scambio non in modo efficientistico. Talora non è il momento per qualcuno di superare una ferita psicologica o di progredire in qualche aspetto spirituale, tra l’altro sempre in vario modo facce di una stessa medaglia e non aspetti meccanicamente vivisezionati e giustapposti. Dio sa come, quando, fare grazia. Il formatore qualche volta tacerà, qualche altra accennerà appena, comunque lascerà che sia il confidente a fare la propria sintesi di volta in volta nella vita concreta.

Ben diversa dunque la dinamica insita nel tecnicismo imperante, che sta conducendo all’emergere di figure come il counselor, il life coach e il mental coach. Ci si può chiedere se su queste scie si riduca sempre più ogni cosa a mero funzionamento e se, al contempo, in queste figure si cerchi proprio qualcosa di diverso dal falso oggettivismo scientista di certa psicologia. In qualche modo persino nella Chiesa emerge un orientamento pragmatico che cerca di liberarsi dalle astrazioni teoriche del dottrinarismo e dello spiritualismo.

La cultura razionalista al potere non è in grado di comprendere la necessità di una ricerca umana a tutto tondo e incarnata e non ha neanche interesse a farlo perché questo vuoto e falsamente neutro tecnicismo favorisce il dominio di pochi potenti, degli apparati, su una società che si cerca di rendere di meri isolati individui consumatori persi in una massa anonima.

È significativo come nella grande comunicazione e nella cultura non emerga mai il problema di un salto di qualità. Persino nella Chiesa certe guide sono accanitamente in difesa del razionalismo e lo sono in vario modo anche da sponde politiche opposte. Non per nulla tale fondamentale concordanza è alla base del formarsi delle attuali due classi sociali: i vari sistemi del potere e la gente spogliata di tutto e manipolata. Chi, nel primo caso, può intervenire nella comunicazione, a patto che parli solo in un bianco o nero che, come detto, si contrastano e si sostengono reciprocamente e chi, nel secondo, abbisognando di semplice umanità, di una autentica ricerca identitaria e di un solo allora più autentico, ricco di vitali sfumature, dialogo si trova naturalmente fuori dagli schemi e dagli interessi del razionalismo.

Un mero funzionare dicevo, pupazzi a servizio dei dominanti, in fin dei conti essi stessi teleguidati e schiavizzati dalla tecnica, dal robot creato dall’uomo. È per questo che si sta diffondendo, talora anche in ambito cristiano, l’idea di una super religione razionalista che unisca gli uomini in una fasulla fratellanza che ben si guarda dal riconoscere e favorire, fin dalla scuola, la formazione alla luce di una libera ricerca identitaria e di un solo allora autentico scambio. Una unità coatta, svuotante, manipolante, che sta conducendo la società all’implosione.

Le vecchie guide cristiane, gli stessi psicologi, vedono in tanti casi sgretolarsi la considerazione per la loro preparazione. Certi psicologi, anche cristiani, vorrebbero impedire legalmente l’operare di altre figure finendo per rischiare di porre un altro bavaglio alla libera ricerca del vero e dunque al fondo anche a Gesù. Drammatiche deviazioni anche in alcuni credenti da parte di una cultura razionalista che niente ha a che vedere con la fede. Ma in una cultura che resta intellettualista il superamento di tante fasulle astrazioni diviene, come osservato, una fuga nel pragmatismo. E mentre genera più chiaramente la citata classe al potere inconsapevolmente sviluppa una società pure inconsapevolmente desiderosa di liberarsi dalle astrusità razionaliste in cerca dell’umano semplice e autentico, come osservo in https://gpcentofanti.altervista.org/una-chiesa-famiglia/ .