La cultura del cui prodest

La cultura del cui prodest

Nella società degli apparati possono emergere con la ribadita evidenza di un martello pneumatico i riferimenti per esempio di una testata. Una società nella quale la ricerca del vero, con il variegato aiuto di tutti, sembra essere quasi del tutto sparita. Da cosa finiscano per dipendere le testate lo si vede anche proprio dal suicidio di spegnere con le solite parole d’ordine la viva ricerca dei più, il desiderio di leggere, di informarsi.

Ma cosi si va verso il crollo. Vi è un estremo bisogno di luoghi di dialogo aperto, dove si dia voce a chi ha contributi da dare alla ricerca a tutto campo del vero. E anche a ciascuna persona, in quanto tale portatrice di esperienze, speranze, domande, difficoltà, che possono far molto riflettere chi si lascia mettere in discussione. Non dare voce meramente in base alle veline, ai ruoli formali, alla notorietà. Ossia ai criteri appunto degli apparati. Allora emerge chi è in cerca del vero, le intuizioni originali, il dialogo aperto, che stimola una vita viva, dal vivo, non spenta nelle astrazioni del solo virtuale.

È possibile tutto ciò? Bisogna animare dal basso, per esempio creando testate coordinate da pochi professionisti e con i contributi gratuiti di molti. Uscendo dunque dalle logiche del mercato. La società della tecnica sta spogliando l’uomo di tutto, l’uomo-apparato viene sempre più sostituito dalla macchina, al punto che forse solo dal sempre più possibile crollo di ogni cosa emergerà il bisogno di una società che favorisca la libera maturazione, partecipazione, di ciascuno. La complementarietà e non la concorrenza tra la persona e la macchina.

La cultura e l’informazione dei grandi numeri sono dominate dai poteri del momento: la finanza, internet, alcuni grandi stati. Impressionante vedere come nemmeno vi sia bisogno nella varia comunicazione di nascondere da dove provengano le veline. Spesso la cosa è lampante. Forse entro certi limiti qualche spazio può venire creato come dicevo sopra da piccole testate ma il pensiero viaggia sulle gambe delle persone e le logiche del potere si possono riprodurre anche nel piccolo. Chi cerca il vero con tutto il cuore dovrà prendere il buono, la parte di buono, che riesce a cogliere, ovunque si possa trovare. Consapevole di essere egli stesso in un cammino di conversione, dunque soggetto a possibili limiti e inconsapevoli ripiegamenti. Su queste scie una pista potrebbe risultare quella di scovare e mettere in rete i siti di persone singole che appaiono sinceramente in ricerca. Anche se le logiche del guadagno sono dietro l’angolo.

Resta, in questo mare di ambiguità, il cammino dal vivo, per esempio nelle comunità cristiane. Bisogna cercare guide serene, con un profondo e lungo percorso di sequela. Con i limiti che anche lì possono emergere nel tempo e che comunque possono darsi. Per noi cristiani dunque la speranza e la fiducia più profonda sta nel lasciarci portare da Gesù. È Lui che conduce il nostro andare. Morto come un malfamato eppure risorto per sempre.