Il ristagno di una fede senza profeti

Il ristagno di una fede senza profeti

“Mi rivolsi al Signore Dio per pregarlo e supplicarlo con il digiuno, veste di sacco e cenere e feci la mia preghiera e la mia confessione al Signore mio Dio: «Signore Dio, grande e tremendo, che osservi l’alleanza e la benevolenza verso coloro che ti amano e osservano i tuoi comandamenti, abbiamo peccato e abbiamo operato da malvagi e da empi, siamo stati ribelli, ci siamo allontanati dai tuoi comandamenti e dalle tue leggi! Non abbiamo obbedito ai tuoi servi, i profeti, i quali hanno in tuo nome parlato ai nostri re, ai nostri prìncipi, ai nostri padri e a tutto il popolo del paese” (Dn 9, 3-6).

 

Con la venuta di Gesù talora nel tempo è accaduto qualcosa da cui pure lui ci aveva messo in guardia. Ci aveva infatti rivelato che lo Spirito ci avrebbe condotto verso la verità tutta intera, ricordandoci la sua vita terrena in mezzo agli altri, in quei luoghi, con quegli eventi. Ma è accaduto che si sia potuta scambiare la propria comprensione di Cristo per Cristo stesso. Potendo chiudere almeno in parte il cuore al sempre nuovo venire di Gesù, anche attraverso le persone, la storia.

 

Si è persa talora l’attenzione all’invio da parte di Dio di profeti che aiutino a cogliere il continuo oltre del Figlio di Dio e dell’uomo. Certo ogni persona in mille modi è portatrice dei semi citati. Ma già nell’Antico Testamento si riscontra che il Signore mandava persone in particolare che avvicinassero sempre più profondamente a Dio.

 

Qui tra l’altro tocchiamo un punto delicato, quello del rapporto tra la ricerca del vero ed il potere. La storia non fa nascere il sospetto che i profeti noti siano quelli che vanno a vantaggio del potere vigente o, magari, emergente? Ma nella storia d’Israele forse accade almeno in parte qualcosa di diverso. Non per nulla vediamo che spesso i profeti di quel popolo erano invisi, perseguitati o comunque ai margini del notabilato della loro epoca. Vi era una fede di tutti che orientava ad ascoltare la sincera ricerca del vero.

 

Lo vediamo per esempio nella figura di Giovanni Battista. Il popolo credeva in lui, era vigile sul manifestarsi dei profeti e del Messia mentre egli era poco considerato o malvisto dai potenti. 

 

Dunque se ne può ricavare che una tendenza a chiudere Gesù nella propria comprensione di lui costituisca un forte ostacolo al vegliare sull’invio di profeti da parte di Dio e dunque al rinnovarsi della Chiesa e di qui della società. Il punto così non è tanto che i potenti riconoscano i profeti. Non di rado per il potente può risultare strutturalmente difficile riconoscere il profeta. Non si tratta infatti principalmente di teorie nuove da comprendere con la mente ma dei benefici del condividere con i profeti la vita quotidiana, nella quale si sperimenta naturalmente e concretamente, dal vivo, il loro aiuto. Per cui è la gente, proprio come al tempo del precursore, che attesta la venuta del profeta.

 

Un aspetto decisivo dunque sta nel tornare a diffondere tra la gente la fiducia, la speranza, l’attesa, dei profeti inviati da Dio. A tale proposito Gesù stesso avverte di certi pericoli. Vi diranno sono io ed il tempo è prossimo, oppure eccolo qua, eccolo là. Non andateci, insegna Gesù, perché il regno di Dio è in mezzo a voi. 

 

Continuiamo a riflettere sul Battista. Egli orienta non a sé stesso ma al nuovo venire di Dio, sviluppando i semi della storia precedente. Riconduce il cuore dei padri verso i figli ed i ribelli alla sapienza dei giusti. 

 

Tale apertura può turbare la falsa sobrietà e quiete di una fede statica, senza rinnovamento continuo non solo di un’anima disincarnata ma di tutto l’uomo, dunque anche della mentalità. Si può temere il dare fiato a tante possibili esagitazioni ma solo aprendosi alla vitalità della fede autentica si impara a distinguere il fanatismo dai benefici di una spiritualità autenticamente rinnovata. D’altro canto il sensus fidei della gente può molto aiutare. Infatti non di rado la gente se non è manipolata dai potenti cerca nel suo complesso aiuti e risposte autentiche, concrete. Non ha alcun bisogno di inseguire piste fasulle. 

 

Forse anche per questo Maria a Fatima ci ha trasmesso che il suo cuore immacolato trionferà e d’altro canto vi sono stati profeti di un’era dell’Immacolata, come padre Kolbe. La scarsa attenzione della religiosità diffusa ai profeti rischia di chiudere maggiormente nelle logiche degli apparati con gravi limitazioni per la vita della Chiesa e della stessa società. 

 

Fa riflettere che dopo il rifiuto di Cristo Israele non ha più riconosciuto, mi pare, veri e propri profeti. Ma anche la Chiesa, pur credendo in lui, talora qua e là, nel tempo, se ne può essere impossessata finendo anch’essa per non riconoscere veri e propri profeti. E può far riflettere che proprio la profezia può avvicinare la Chiesa ed il popolo credente ebreo. La Chiesa afferma che Gesù è venuto, gli israeliti almeno talora ritengono che deve ancora venire. Ecco, un aprirsi all’oltre di Dio può tendenzialmente favorire l’incontro tra le due fedi. Così come si possono sviluppare sempre nuove strade che colgano il contributo di ciascuno al più profondo riconoscimento di Gesù, Dio e uomo.

Si può osservare così che una sinodalità senza attenzione ai profeti autentici, non quelli di corte, può già segnalare certi suoi eventuali limiti.

Gesù afferma: “Per questo la sapienza di Dio ha detto: Manderò a loro profeti e apostoli” (Lc 11, 49).

Quelle qui sopra sono domande per una sempre più profonda attenzione alla venuta di Dio. Forse è vero che Dio invia persone che contribuiscono in modo esplicito ad aprire strade nuove. Ma un aspetto di crescita di questa nostra epoca può rivelarsi quello di riconoscerci creature di fronte all’infinito mistero di Dio. Dunque possibili contributi ma anche un infinito bisogno di crescere. È Dio che sa come far crescere ciascuna persona, è pericoloso fare classifiche sui contenuti perché solo il Signore sa come, quando, cosa, donare. Siamo aperti al sempre nuovo venire di Dio. Nei modi che egli sa. Ed è un dono riconoscere la possibilità di aggiustare il nostro discernimento e quindi non vivere nevrotiche insicurezze ma nemmeno coriacee sicurezze. Piccoli e semplici. Anche le guide, in vari casi almeno,  non hanno bisogno di ostentare, magari a fin di bene, per non lasciare nell’insicurezza i fedeli, chissà quale perfezione. La gente è contenta di poter trovare alcuni sufficienti punti di riferimento, non energumeni. Dunque guide che a loro volta si lasciano in mille modi aiutare a crescere anche dai fedeli. Forse il Signore invia di tempo in tempo qualche guida, pur con i suoi limiti, a misura per noi ed altri pastori da, in vario modo, accettare con i loro pregi e le loro insufficienze. Certo cerchiamo con attenzione anche persone  che aprono vie nuove. Ma lasciamo fare tutto a Dio.