Il ripiegamento e l’oltre meraviglioso

Il ripiegamento e l’oltre meraviglioso

In https://gpcentofanti.altervista.org/maria-e-il-dono-delle-polarita-nello-spirito/ osservo che le tendenze spirituali ma anche quelle filosofiche culturali, anche non credenti, nascono dalla nostra natura di figli di un Dio trinitario. Una natura però colta parzialmente certamente prima ma, pur in un in qualche modo tendenziale approfondimento verso la pienezza, sotto moltissimi aspetti anche dopo la rivelazione di Gesù.

Si riscontra di fatto nella storia da parte delle guide un orientamento umano a privilegiare un aspetto della Trinità. Quello dottrinario, veritativo teorico, astratto; quello spiritualistico; quello emozionale-vitalistico o quello pragmatico. Distorsioni e “monizzazioni” rispettivamente delle persone: del Padre; dello Spirito; del Figlio. Visuali che nella loro chiusura ideologica restano appunto nell’orizzonte di un Dio uno e mono.

Possiamo rilevare che alle secolari correnti dottrinariste e spiritualiste si è andata negli ultimi decenni più manifestamente aggiungendo anche nella teologia una tendenza pragmatica, relazionale. In qualche modo più che un’uscita dal monismo divino un suo sdoppiamento. Si passa infatti dall’apriori platonico all’induzione aristotelica.

Un rapporto con l’esterno pragmatico perché senza lo Spirito. Si parla di incontro quasi mettendo da parte il distinto e complementare momento della formazione identitaria, dunque anche una maturazione umana integrale. Se vogliamo si finisce nell’omologazione di soggetto e oggetto. In un nuovo monismo divino. La stessa scienza attuale tende a lasciare il platonismo per finire nell’aristotelismo. Non viene vista nella crescita integrale di ciascuno.

Dunque si può esaltare un unico aspetto della Trinità; se ne possono in qualche modo considerare solo due finendo per giustapporli, omologarli; in fin dei conti si possono tenere presenti i tre aspetti in modo vivisezionato. Perché è così difficile persino dopo Gesù crescere nello Spirito, coltivare il rapporto personale e comunitario con Dio accogliendo anche la grazia di ogni persona, cosa?

Proprio il rapporto con Gesù fornisce alcune risposte. Si tende, da parte delle guide, a chiamare Gesù il proprio Gesù, si può essere ben poco interessati a lasciarsi portare oltre, a percepire oltre verso il vero Gesù, Dio e uomo. Solo un grandissimo dono può accendere una inesausta sete di luce, un desiderio di accogliere, di cercare, la grazia ovunque la si possa trovare. Già vivere un po’ di bene è una grande gioia. Una gioia bella da godere ma della quale ci si può in varia misura accontentare, ci si può impossessare, invece di lasciarla crescere verso nuovi orizzonti.

La piena di grazia coltivava la grazia e la cercava assetata in Dio ovunque Dio volesse. La comunione trinitaria è pienezza di grazia. Senza una grande grazia ci possiamo in vario modo ripiegare sul dono ricevuto, pur vivendolo come possibile, vedere un Dio variamente uno e mono. Mono come noi stessi, chiusi nelle nostre visuali staticamente parziali con le loro conseguenze. Forse col peccato originale si è creata una scissione tra l’anima dell’uomo, la sua parte intellettiva, quella emozionale… E/o forse comunque agli esordi dell’uomo non vi era l’intuizione dello Spirito che scende come una colomba, facendo armonicamente fiorire tutta la persona. Chissà, il Signore ha fatto bene tutte le cose, niente visioni cupe o superficiali della creazione. Se vediamo Maria lei può apparire vivere quest’armonia, una spiritualità semplice e serena che forse con la maturazione si fa più anche più prudente. Ma certo Maria è comunque anche frutto della storia umana…

La via dunque è invocare per noi stessi e per gli altri la luce e la sete di luce ma anche accettare con fiducia in Dio i limiti nostri e di ciascuno. Possiamo però osservare che nel corso della storia l’esistenza dei vari monismi può comunque influire verso un oltre; possono sorgere guide e persone aperte per grazia a questo oltre trinitario, segnalando più chiaramente piste che possono condurre verso di esso, come l’unione e la distinzione nello Spirito della libera formazione spirituale-culturale identitaria e dello scambio; questa spiritualità può tendere gradualmente a diffondersi forse specie nel popolo, meno strutturato e più aperto a ciò che dà vita ma gradualmente anche nelle guide, pure attraverso una cultura che indichi più profondi riferimenti della crescita, come quelli citati sopra: riferimenti trinitari, dinamici e non più monistici, statici…