Il corso della storia, la nuova fontana del villaggio e gli abusi del potere

Il corso della storia, la nuova fontana del villaggio e gli abusi del potere

Il razionalismo continua a sviluppare sempre più profondamente le conseguenze dei propri orientamenti ad ogni livello, culturale, sociale. Svuotamento, frammentazione, della persona, isolamento, comunicazione sempre più solo virtuale, sovraesposta ai mille possibili giochi delle astrazioni. Ridotti a meri consumatori.

Ma per esempio nella Chiesa sta germinando una più serena ed equilibrata visione dell’uomo tutto intero, specifico, la via del discernimento integrale, spirituale e psicofisico, dal vivo, a misura. Possono dunque maturare percorsi che tendono a superare le mille scissioni che rendono la persona solo un individuo. Si aprono strade di armonizzazione del cammino di ricerca di ciascuno e anche dell’incontrarsi

con quelli altrui. Andando dunque oltre gli schematismi dell’identitarismo rigido, chiuso in sé e di un vago, omologante, spegnente, sincretismo.

 

Dove competenze assolutizzate e ruoli astratti finiscono per prevalere sull’umano, per creare pseudolelites staccate dal comune camminare dei popoli, la persona è ridotta a macchina, diviene sempre più pericolosamente e diffusamente succube delle sue stesse scoperte tecniche. Fino a rischiare in molti modi il disastro più totale. Astrazione, frammentazione, chiudono le porte ad ogni ritrovarsi di ciascuno, delle comunità.

 

La gente si scopre in competizione con i robot che gli rubano il lavoro. Mentre la tecnica potrebbe essere di aiuto ad un più profondo sviluppo dell’umano. Forse lo stesso proliferare tecnologico costringerà a ridurre gli orari di lavoro, dividendoli tra l’altro più equamente tra molti e potrà favorire il sorgere di nuove, pluralistiche, fontane del villaggio. Luoghi di incontro umano, culturale, artistico, sportivo, sociale, anche con risvolti operativi rispondenti ai bisogni personali, comunitari, intercomunitari, del territorio. In una nuova comprensione della decisiva, libera, personalissima, maturazione di ciascuno, dell’autentico, integrale, non economicistico, benessere sociale. Tecnicismo che sta invece annullando i soggetti, i gruppi, l’ambiente. Mentre la partecipazione dei popoli può favorire tra l’altro misure per una più equa considerazione del lavoro ovunque nel mondo. Ed anche, per esempio, un diverso potere dei piccoli produttori, dei consumatori.

 

In un vivere frammentato, isolato, l’ecumenismo può venire ridotto a discussioni variamente astratte o ad un certo valido ma più limitato fare comune. Viene meno la fertile via della vita condivisa, che alimenta in profondità la maturazione di rinnovate spiritualità, sorgenti di visuali, anche di dottrine, più ricche di tante sfumature.

 

Possiamo dunque sperare che la storia stessa, bisogni umani di ogni tipo, orientino al sorgere di nuove, pluralistiche, fontane del villaggio. Nelle quali si aprono vie feconde in ogni campo. Non è un caso che per esempio nelle agorà, nelle piazze, delle antiche città greche si sviluppò una delle civiltà più vive. Non è un caso che il vuoto tecnicismo delle astrazioni porti invece ad un grigio ripetere le stesse cose.

 

Uscire fuori dai meccanismi standardizzati. Forse stanche elites non vogliono talora superare queste situazioni privilegiate condividendo alla fontana del villaggio l’impegno più sincero della vita, della ricerca, concrete, dei popoli. I pochi veri potenti, poi, che stanno dietro alle elites possono temere che le persone incontrandosi maturino valori veri, vivi. Non più ridotte da un sistema diffuso capillarmente in ogni ganglio della società a meri consumatori facilmente manipolabili. Dunque la nuova fontana del villaggio come possibile via di uscita da una sempre più pericolosamente asfissiante, spegnente, teleguidante, deprivante di ogni autentico diritto, dittatura strisciante.

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