I margini nelle risposte a Dio

Il discorso sulle nostre scelte concrete nel cammino di crescita è molto delicato. Vediamo per esempio che al giovane ricco che gli chiede cosa deve fare per avere la vita eterna, ossia per andare verso la vita piena, Gesù prima cita i soli comandamenti che già sta vivendo. Evidentemente quel giovane tendenzialmente cerca di vivere il bene che ha compreso chiaramente. Nel suo caso un bene più orizzontale che verticale, un bene fraterno, più facile da comprendere rispetto alla sempre più profonda scoperta dell’appoggiarsi alla potenza della grazia.

Dunque vediamo che Dio sostiene quel cammino già con doni belli, da apprezzare pienamente. Le conseguenze delle proprie scelte vanno viste non con mentalità etica, quella dei benefici di un impegno con le proprie forze, come tante volte si è letta la risposta del giovane ricco, ma nello sguardo della fede e della grazia. Se Dio mi dona una grazia che mi apre all’oltre ma una grazia germinale, non così chiara, evidentemente mi sosterrà col suo Spirito se vivo in quello che nella grazia mi ha fatto chiaramente capire, senza andare verso l’oltre. Certo sarà una vita con le sue gioie e le sue prove, più soggetta alla precarietà di attaccamenti buoni ma terreni, meno pienamente centrati sull’abbandono alla potenza dello Spirito. Ma se Dio non mi fa capire chiaramente questo oltre ci sarà la sua grazia a sostenermi in quello che vivo. Dio può donare a qualcuno, come al giovane ricco, l’intuizione germinale, non chiara, di un oltre dello Spirito ma Gesù stesso dice al giovane che già sta vivendo cose belle.

Quel giovane però ha nel cuore un fuocherello che si sta accendendo e anche se non è pronto a lasciare tutto subito però gradualmente scopre il bisogno di chiedere a Dio la grazia per entrare in una vita più piena, più pacificata, più viva, meno precaria, con ogni bene, la vita eterna. Il giovane ricco è diventato il cieco di Gerico che grida, chiede luce a Dio. E questo anche se la gente gli dice di tacere, ossia tanti, anche buoni, pure che stanno seguendo Gesù lungo la strada, dunque nella Chiesa, tirano la giacchetta del giovane verso ripiegamenti terreni, anche buoni, il fare cose, non il cercare le vie della grazia, della fede. Perché anche questi vivono la fede in tante cose come un’etica, appunto un fare cose religiose più che un appoggiarsi sempre più a Dio, alla sua potenza.

Il discernimento dei margini di risposta alla grazia ricevuta è dunque delicato perché vediamo che anche Gesù non forza la scelta del giovane. Una cosa è aprirsi, se Dio dona questa grazia, con serena attenzione ad un oltre da scoprire gradualmente. Intuendo che questo scegliere il rischio di una vita non già in tutto sperimentata ma molto da scoprire porterà tantissimi doni di vita e di ogni bene. Altro è passare da una serena attenzione all’incubo del dover fare tutto subito, sotto pena di in realtà inesistenti punizioni divine. Vi possono essere sereni margini di scelta verso una vita più piena ma se scelgo il bene chiaro che ho compreso già vivo tante cose belle. Ripeto in parte più precarie perché terrene, meno centrate su Dio, ma comunque cose buone. Inoltre a differenza del giovane ricco vi possono essere persone almeno per ora non chiamate a questa crescita verso l’oltre della fede. Se Dio non chiama quel percorso non fa bene a sé stessi e si rischia di fare male agli altri a percorrerlo ugualmente, perché non è un percorso portato da Dio. Il proselitismo, il far fare per forza certe cose, magari anche religiose, alle persone è una strada ingannevole.

Se comincio per grazia ad intuire la strada ancora nascosta di una vita piena mi posso serenamente incamminare su una via nella quale gradualmente potrò imparare a crescere nella fede nella potenza della grazia. Mi conviene fare cose buone (dunque comunque a modo loro buone, pure se più terrene) o crescere nella fede nella potenza della grazia? Nel capire che non mi conviene rinunciare ad un secondo di grazia per fare cose buone io. Che mi conviene in vari casi per esempio dire ai miei parenti che sono venuto al pranzo di famiglia ma ad una certa ora ho l’appuntamento con Dio, tra l’altro talora testimoniando cosa mi dà vita. Invece di dare tutta l’importanza ai parenti e a Dio ciò che resta. Nel capire che mio figlio ha la febbre ma non muore se lo lascio da solo per il tempo dell’incontro con Dio. Mentre quando vado a lavorare lo lascio a casa.

Dunque cercando di vivere nel bene che ho chiaramente compreso già vivo cose belle e buone anche se meno solide e piene di vita e di ogni bene ma comunque sostenute da Dio che sa cosa farmi capire chiaramente e quali margini di scelta verso l’oltre donarmi. Se magari talora un po’ a denti stretti ma in modo alla mia portata scelgo gradualmente sempre più l’oltre della grazia nel tempo mi si aprirà un mondo insospettato di vita e di ogni bene tale che chi davvero vi si lascia portare ad un certo punto non lo scambierebbe con nulla perché anche quando non è ancora entrato in una pienezza però vede che sta trovando sempre più vita e ogni bene, la vita nella grazia, i miracoli e sta evitando problemi, difficoltà, precarietà… Siamo fatti per la vita nello Spirito, con ogni bene e non per il bene terreno a cui manca in varia misura questa linfa viva, feconda e solida, non precaria.

A qualcun altro nel suo sapiente disegno Dio può donare una grazia per andare avanti come un treno sulla via della vita, ossia anche se una tale persona ha anch’essa l’infinito da scoprire e debolezze e oscurità da imparare a superare con la grazia, ha già potuto comprendere e sperimentare nello Spirito che solo lì vi è vita piena e che proprio non gli conviene minimamente allontanarsi, distrarsi, da ciò nemmeno un secondo, per quanto gli è con semplicità e buonsenso possibile.