Gli opposti estremismi della ragione astratta

I lati del problema sono essenzialmente due: da un lato la vicinanza “concreta” di Dio, del sacerdote, della comunità cristiana…; dall’altro il timore che si diffonda il virus. Bisogna dunque cercare di stare accanto senza che si sparga il virus. Si possono trovare mille modi. Dio è Spirito: nei casi non ordinari si dona in altri modi. Per i sacerdoti vi sono per esempio mille media interattivi. Per i casi particolari prevale ciò che più direttamente tocca la vita. Se uno sta bloccato a letto e non ha da mangiare certo non si può lasciarlo a morire. Sarà lui il primo a desiderare che qualcuno venga comunque, certo usando tutte le cautele possibili.

Bisogna cercare di considerare tutti gli aspetti e trovare le vie adeguate. Dialogare anche sulle sfumature cercando comunque un accordo che tenga conto dei vari lati di una questione. Forse anche questo ci sta insegnando il Signore. Superare l’uniteralità. Dio è Trinità: tra il Padre e il Figlio c’è lo Spirito, la via adeguata.

Nei tempi e nei modi opportuni: fin dalla scuola non solo sviluppo delle identità e non solo sviluppo dello scambio. E così: non solo ragionamenti astratti coi loro principi schematici, senza vita, o solo vita pratica, senza adeguati riferimenti. Tutto è vivo e comunica nello Spirito. I cuori semplici, specie quando non vengono confusi da qualche vario potere, con naturalezza tendenzialmente si riconoscono nella via che cerca di considerare tutti gli aspetti e di metterli in adeguato contatto. Il cuore è aperto alla realtà viva, una riduttiva ragione a tavolino si perde nelle astrazioni. Dunque il cuore non è irrazionale ma umano, nell’umano vi è anche la ragione ma non estrapolata da tutta la persona e ridotta a computer.

Forse il Signore in mille modi ci riporta al cuore, alle strade semplici e buone che cercano di entrare in più adeguato e profondo contatto con la realtà viva. La riduzione dell’uomo a computer rivela sempre più le sue tendenze svuotanti, manipolanti, omologanti, distruttive.

La fede al tempo del coronavirus