Esempi di letture nuove dei vangeli

Don Giampaolo Centofanti

Esempi di letture nuove dei vangeli

La vissuta ricerca del concreto divino e umano discernere di Gesù nei vangeli porta a letture di essi nuove ed efficaci capaci di rinnovare tutta la vita e la cultura.

Quando incontravano Gesù le persone respiravano a pieni polmoni perché si sentivano amate, capite e aiutate nei loro specifici bisogni integrali, aiutate a capire sé stesse con amore e ad aprire il cuore in modo semplice, graduale e sereno, senza forzature. È questa pastorale che facilita l’avvicinarsi di tantissime persone, in modo fuori dal comune, appunto per le vie specifiche adeguate a loro, alla vita in quel territorio.

Il giovane ricco

Mc 10,17-30

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».

Un certo moralismo che talora ci può venire trasmesso tende a giudicare questo giovane dall’esterno e a valutarlo come un egoista che risponde negativamente alla chiamata di Gesù. Ma tale giudizio non farebbe male solo a quel giovane ma anche a sé stessi perché ci si pone sulla via di regole astratte che scoraggiano, fanno sentire Dio lontano e sé stessi sempre inadeguati, sbagliati. Invece, gradualmente, seguendo Gesù, scopriamo il suo sguardo amorevole, capace di comprendere in profondità, di guardare lontano nella nostra vita. Lui sa che il giovane sta ricevendo una profonda chiamata alla vita piena ma che per lui è un cammino maturare, comprendere meglio. Gesù dunque non si ferma al fatto che quel ragazzo al momento vede la vita eterna come un do ut des, io faccio una cosa a Dio e Dio fa una cosa a me. Gesù vede nel cuore del giovane che lo chiama maestro buono proprio perché in qualche modo comincia ad intuire che Gesù è il Signore, l’amore stesso. Solo Dio infatti è amore, solo in lui possiamo amare. È bello vedere che Gesù non pretende che quel giovane faccia tutto subito anzi lo incoraggia come incoraggia ciascuno di noi. Gli parla infatti dei comandamenti che lui già vive. Sono cose bellissime, doni, che fanno stare meglio con sé stessi e con gli altri già quei comandamenti. E gli cita appunto solo quelli che già vive. Ecco, ogni minima grazia è già una vita bella, Gesù non ci insegna a dover fare sempre di più per un mero perfezionismo. L’unico motivo che dura nel tempo per seguire sempre più Gesù è che in lui troviamo sempre più vita. Se lo seguiamo per fare i bravi o perché temiamo inesistenti punizioni divine o per sensi di colpa non dureremo a lungo perché sono cose non chieste da lui nella grazia, sono pensieri che vengono dall’educazione ricevuta, da secoli di moralismi. Ma Gesù sa che quel ragazzo insisterà con le domande perché cerca qualcosa di meraviglioso che per ora intuisce in modo confuso. Allora alla nuova domanda gli propone di abbandonarsi completamente alla sua sequela. Ma lo fa con una parola di profonda grazia che entra in lui come un seme: lo amò e gli disse. Gesù sa che il ragazzo non risponderà subito positivamente perché ha bisogno di una naturale crescita nella grazia. Ma come Gesù stesso dice anche l’impossibilità è un passaggio di grazia. Infatti il giovane da un lato non ha la forza di lasciare tante cose dall’altro sente sempre più la chiamata verso la pienezza di vita. Per cui lo vediamo qualche brano più avanti nella figura del cieco di Gerico che chiede aiuto a Dio. Ecco il grande e decisivo passaggio di una profonda conversione: quando una persona comprende che non può fare niente con le sue forze ma solo Dio può dare la grazia per vivere ogni cosa. Per cui anche i comandamenti che prima riusciva a vivere non erano bontà del giovane che magari invece altre persone non volevano vivere ma erano doni grandi ricevuti dal giovane stesso. Il momento decisivo nella storia anche di tanti santi non è quello della forza ma quello della debolezza, quando sperimentano che solo in Dio si cammina verso la vita e da soli non si può fare nemmeno la minima cosa. Questi passaggi aprono ad un cammino sempre più sereno e leggero nella grazia perché ci si scopre creature che solo Dio può fare gradualmente crescere, non si deve più fare tutto subito ma si vive il bene semplice, come il giovane quei pochi comandamenti, che si può vivere, nella fiducia che sono doni di Dio e Dio farà gradualmente crescere se si cerca di accogliere quei doni. Talora si dice che Dio mette più alla prova quelli che più ama ma è bene vedere il cammino cristiano di prima mano, ossia cosa ha detto Gesù. Ha detto che chi lo segue avrà cento volte tanto e la vita eterna. Chi lo segue va verso un sempre maggiore benessere e se Dio permette certe prove tante volte in lui si superano, altre le si vive in modo completamente diverso. Le scritture dicono che i frutti dello Spirito sono amore, pace e gioia, non fustigazioni meccaniche. Dio guarda con amore, comprensione, guarda lontano, con fiducia, alla nostra vita e ci porta con amore sapiente e delicato verso di essa.

Pesca miracolosa

Lc 5,1-11

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

È veramente meraviglioso vedere come Gesù aiutava con delicatezza specifica, a misura, le persone ad aprire il cuore alla luce. La folla fa ressa intorno a Gesù per ascoltare la sua Parola ma anche perché ansiosa di ottenere miracoli. I pescatori, germinali discepoli, stanno lavando le reti mentre Gesù predica. Ossia sono ancora presi dai loro affari, non hanno la grazia, la fede, per mettere il Cristo al primo posto, forse ancora non lo hanno nemmeno riconosciuto più profondamente. Magari sono anche delusi verso Dio perché di notte (cioè operando di testa propria, senza cercare la volontà di Dio, suggerisce l’evangelista) non hanno preso nulla. Ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli in una tal situazione: ma come, il tanto atteso Messia viene e chi gli salta addosso per usarlo invece di lasciarsi portare, chi gli dà poco peso…
Ma invece Gesù nella fiducia nel Padre vede tappe, vie, occasioni, di crescita nella vita reale. Così intuisce che quei pescatori se non hanno potuto maturare una fede più profonda sono però pronti ad un amore fraterno, a rispondere positivamente alla richiesta di Gesù stesso di usare le loro barche perché lui possa aiutare bene quella gente. E lui fa discostare un poco da terra la barca di Pietro perché quei pochi metri di acqua dispongano ad una certa piccola apertura nella fede, un piccolo camminare sulle acque, quelle persone. Insomma un minimamente più quieto e disponibile ascolto, una piccolo abbandono nella fede. E sulla barca, senza fare altro, anche i discepoli che hanno aperto fraternamente il cuore possono ricevere meglio il dono della parola. Così ora ognuno è più pronto a ricevere i doni di Dio. E forse Gesù anche come testimonianza, incoraggiamento, per la gente chiede a Simone di gettare le reti, tra l’altro in un momento non adatto per la pesca, ossia di giorno. I discepoli ora sono pronti al salto nella fede di pescare sulla parola di Gesù, pure quando va oltre i ragionamenti terreni. E fanno una pesca miracolosa che li orienta a chiedere aiuto a quelli dell’altra barca, non visti dunque più come concorrenti ma come aiutanti, data l’abbondanza del pescato. Pietro forse ha male interpretato il motivo per cui Gesù si è scostato un poco da riva e gli chiede di allontanarsi da lui. Fin dagli esordi dei vangeli vediamo che i discepoli tendono a metterla sul piano della dignità con Gesù mentre Gesù la mette sul piano dell’amore e per lui quello della dignità è un piano fasullo e inesistente, senza senso. Ed è bello vedere che invece Gesù porta a pienezza, con fiducia, la vita delle persone, questi pescatori di pesci ora sono chiamati a diventare pescatori di uomini. Pietro ha trascinato, forse per ignoranza, anche altri discepoli ad agire di testa propria ed ora vede che avendo rimesso tutto in Gesù Egli trasforma tutto in vita non solo per Pietro ma anche per gli altri. Pensiamo ad un genitore che solo ora trova la fede e solo ora la trasmette ai figli… Gesù incoraggia, rasserena: fiducia, non temere. E ora, proprio ora che hanno fatto una pesca miracolosa, con fiducia sono pronti a lasciare le barche e tutto e a seguirlo.

I discepoli di Emmaus

Lc 24,13-35

Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto.
Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Gesù da risorto viene riconosciuto gradualmente nella fede. Figlio dell’uomo: si manifesta a misura di quella data persona. Forse in alcuni paesi orientali suggerirebbe di consacrare per l’eucarestia il riso e non il pane. Colpisce che l’acheropita, non fatta da mano d’uomo, Madonna di Guadalupe non sia raffigurata come una donna ebrea ma come una meticcia, india e spagnola. Per questo Gesù ha rivelato di essere stato mandato alle pecore perdute della Casa d’Israele, ebreo figlio di quel popolo. Qui poi Gesù si manifesta esplicitamente nello spezzare e dare il pane ai due discepoli in fuga. È un’immagine forse ancora poco meditata: egli dà il pane eucaristico a persone che, magari per ignoranza, stavano abbandonando il cammino di fede in lui e non erano esplicitamente confessate e assolte. Inoltre, ancora, spezza il pane e lo dà loro: la scena può forse fare immaginare più facilmente che dia il pane in mano più che in bocca. In ogni caso non si ritiene importante sottolineare queste cose. E forse Gesù da il boccone intinto a Giuda, perlomeno possibile chiedersi se non sia il pane eucaristico. E questa volta è più facile pensare lo abbia dato in bocca a Giuda perché è più complicato dare in mano il pane bagnato nel vino. Insomma forse Gesù non ha dato l’eucarestia in un solo modo. Tutti stimoli a non dare per scontato Gesù, a non dedurre con ragionamenti astratti tante cose ma a tornare sempre al vangelo. Possono nascere domande da porre alla Chiesa, sempre aspettando obbedientemente che sia la Chiesa stessa, in Cristo, a dare le risposte.

Gv 6,35-40

In quel tempo, disse Gesù alla folla:
«Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete.
Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

Nel suo vangelo Giovanni sembra vivere un profondo e commovente sforzo di sincerità: non riportare ciò che i discepoli volevano capire ma ciò che davvero ha vissuto e detto Gesù. Pensiamo alla lavanda dei piedi, raccontata solo da Giovanni. Pensiamo a Gesù che dice ai discepoli che molte cose ha ancora da dire loro ma per il momento non sono capaci di portarne il peso, lo Spirito li condurrà alla verità tutta intera ricordando loro quello che Gesù ha detto. Ecco nel brano qui riportato Gesù afferma di essere il pane della vita e che non respingerà colui che andrà a lui. Inoltre lava i piedi e sembra che dia l’eucarestia a Giuda pur sapendo che la lavanda dei piedi – confessione non è stata vissuta con sincerità dall’Iscariota. Insomma sembra che in Gesù la confessione sia un aiuto, e non una dogana, ad aprire il cuore per ricevere la grazia di Dio, anche nell’eucarestia.

Zaccheo

Zaccheo era diventato potente con gli imbrogli. Si capisce che complessi indicati dalla piccolezza di statura l’avevo spinto a cercare ogni mezzo per imporsi sugli altri. E così quando comincia a cercare Gesù lo fa come sa farlo, cercando un mezzo terreno per vederlo. Perciò sale sul sicomoro. Ma Gesù quando arriva lì lo chiama incredibilmente per nome e cioè gli fa capire che era lui che aveva mosso la ricerca interiore di Zaccheo e lo aveva pensato da sempre e lo avrebbe chiamato e trovato pure in mezzo alla folla. Così guarisce la sua ferita di contare poco di non essere amato perché contava poco.
Per questo Gesù dice Zaccheo scendi che oggi devo fermarmi in casa tua. È interessante vedere che il moralismo fa leggere a molti commentatori che bisogna salire sull’albero per vedere Gesù mentre Gesù dice scendi. Certo ogni lettura può avere le sue sfumature valide. Comunque fa sorridere che una volta mi hanno raccontato che un bambino delle comunioni che doveva ripetere con parole sue il vangelo ascoltato disse Gesù va in una città e vede Zaccheo sull’albero e gli dice scendi che ti fai male.

Le beatitudini

Il testo originale in greco dei vangeli ha tante sfumature che fanno comprendere meglio le parole di Gesù.

Beati i mendicanti nello Spirito, coloro che hanno bisogno dello Spirito e dell’aiuto nello Spirito degli altri. Che dono intuire anche solo germinalmente che da qui, dallo Spirito che viene nel cuore, anche attraverso gli altri, viene la vita e ogni bene.

Beati gli afflitti perché saranno chiamati vicino. Vado a piangere da Dio perché non mi ascolta e scopro che è lui che mi ha chiamato vicino per consolarmi, farmi sentire che soffre insieme a me ma anche mi fa coraggio perché mi prende per mano e mi porta sulla via per risolvere i problemi, per viverli in un altro modo.

Beati i mansueti, i docili, perché erediteranno la terra. Tutto infatti è dono di Dio. Quando cerco di ottenere per forza le cose come voglio io mi affanno, sto in grande ansia, perché la vita concreta può sgaiattolare in mille modi fuori dai miei piani. Invece quando comincio ad intuire che tutto ciò che vivo è dono di Dio nasce un piccolo seme di fiducia, di serenità, di abbandono in Dio. Mi godo i molti doni che mi ha fatto e non ingarbuglio il meraviglioso disegno di Dio per me facendo di testa mia invece di cercare la sua volontà. Su tale via sto anche più in pace con tante persone.

Beati gli assetati della giustizia che nel linguaggio evangelico significa della via giusta, ossia della sapienza divina, che libera dai sensi di colpa, dalle forzature e fa crescere con semplicità e buonsenso sulla via della luce. Chi infatti desidera e invoca la luce è sulla via per ottenerla in abbondanza. Eppure talora si chiedono cose buone, la fede, la carità, ma la luce sembra superflua invece cambia tutto, porta su una via sempre più semplice, bella, piena di doni, evitando tante inutili pesantezze e difficoltà.

Beati i misericordiosi, i compassionevoli, perché riceveranno misericordia e compassione. Infatti se il mio cuore è duro e inflessibile verso gli altri come posso percepire la misericordia, la comprensione, la compassione, di Dio verso di me? Lui mi ama in questo modo vicino ma io non lo sento perché vedo tutto con durezza.

Beati i puri di cuore perché vedranno Dio. La purezza di cuore è sincerità molto prima che purezza sessuale. La persona sincera può anche chiudere il cuore volontariamente e consapevolmente ma se è sincera lo riconosce e lo Spirito può entrare nel cuore. Se invece si racconta balle lo Spirito può avere difficoltà a entrare nel suo cuore perché un velo di bugie toglie la trasparenza.

Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio perché solo in Dio si può cercare di costruire la pace vera e non le paci fasulle imposte dai poteri forti, le paci fasulle delle alleanze interessate…

Beati i perseguitati perché cercano la giustizia, la sapienza di Dio, la via bella e sincera, pacifica, che può dare fastidio ai poteri forti. In un mondo che talora fa carriera vendendo l’anima non perdersi ciò che davvero conta e dà vita, il regno dei cieli con tutti i suoi beni già qui sulla terra.

Ecco ogni piccolo seme di questi doni è un seme di beatitudine, mi fa stare un po’ meglio, me ne avvedo? E mi può donare sempre più speranza perché il seme cresce se non tanto faccio chissà che cosa ma semplicemente cerco di non ostacolarlo, crescendo nel bene semplice e pieno di buonsenso che Dio gradualmente mi dona di vivere.

Altri esempi

Lo Spirito scende su Gesù come una colomba e rimane su di lui come nel suo nido naturale. Lo Spirito non calpesta l’umanità della persona ma, se si cerca di accoglierlo, la fa maturare in un cammino a misura, tendenzialmente nella sequela di Gesù nella fede e nel vario contatto con gli altri, le situazioni… In questa maturazione si vede ogni cosa in modo sempre nuovo. Gesù non ha parlato di fede e ragione ma di questa maturazione vissuta, viva, dal vivo, che porta nel mistero di Dio, dell’uomo, del mondo. Si superano le astrazioni, le distorsioni, del razionalismo e delle sue possibili conseguenze come una spiritualità disincarnata o il pragmatismo e l’emozionalismo che cercano di fuggire da tali varie astrazioni più che trovare il modo di superarle nella tendenziale scoperta del discernere concreto, divino e umano, di Gesù.

L’adultera

Gv 8,1-11

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Ma Gesù si chinò giù e scriveva giù col dito per terra. Il testo originale, in greco, sottolinea ancora più chiaramente che di fronte al giudizio, all’uso della vita di quella donna per interessi di potere, Gesù si fa piccolo che sembra vorrebbe scomparire. Quelli puntano il dito, Gesù col dito scrive per terra le Parole di una nuova creazione. Quelli vogliono giudicare Gesù secondo la legge intesa meccanicamente, Gesù è l’ispiratore, colui che porta a compimento, la legge rivelandone il senso di amore salvifico. Perché Gesù non risponde subito a loro? Si vede che, come sempre, porta le persone specifiche verso il loro autentico cuore. Gesù non risponde ma il testo greco dice che scrive giù nel senso forse che li fa riflettere sui loro peccati senza volerlo sottolineare ma forse anche facendo intendere che li conosce. Anche quelli si sentono amati, compresi, perdonati. Vediamo anche qui che Gesù non teorizza con risposte pur vere del tipo Dio comprende il cammino delle persone e perdona tutto ma invece accompagna la personalissima crescita del loro specifico cuore. Dice loro quello che in quel momento possono capire e che può aiutarli ad aprire il cuore ad uno sguardo nuovo. Quando quelli se ne vanno allora finalmente Gesù si alza perché lui cerca un rapporto semplice con le persone. Parla in piedi con quella donna che sta in piedi. Ora che quelli se ne sono andati la donna che stava in mezzo per essere giudicata ora sta lì sta al centro dell’attenzione amorevole di Gesù che le ha salvato la vita. È bellissima questa parola neanche io ti condanno. Proprio perché è senza peccato, perché è amore pieno, Gesù comprende tante cose, perdona. E non le dice di non peccare più perché altrimenti la prossima volta si arrabbia anche lui ma nel senso che le fa un regalo meraviglioso che fa capire tante cose di quella donna che era pronta a ricevere almeno come seme la grandissima grazia di non peccare più, la grazia di incamminarsi verso la pienezza della vita, verso la santità. Com’era bello il cuore di quella donna visto da dentro, non solo giudicato da alcuni suoi atteggiamenti visibili. Si possono intuire tante cose della sua storia. Gesù dunque non ripete regole meccaniche alle persone ma ad ognuna rivolge una Parola d’amore a misura per lei, per lei e nessun altro. Per esempio quando incontra la samaritana che aveva avuto sei mariti non le dice subito va e non peccare più ma le chiede da bere. A lei che aveva ricevuto e accolto la grazia di superare la tanto diffusa barriera di inimicizia tra giudei e samaritani, tenuta viva anche da tante persone con un coniuge solo. Ognuno ha i propri doni. Un grande errore rinchiudere le persone in etichette. Gesù dunque apre il dialogo a partire dal bene che è in quella donna e da lì nasce un dialogo di due pagine del vangelo che si capisce che è il dialogo di una vita. Nel quale la donna può aprire gradualmente, con semplicità, il cuore perché si scopre capita, amata, aiutata a comprendersi con amore. Quella donna per la prima volta sente l’amore meraviglioso di Dio per lei al punto che dice a Gesù dal profondo del cuore vedo che sei un profeta…

Gesù non giudicava miscredenti le folle ma guardava commosso a loro come pecore senza pastore. Nessuno, nemmeno lui, cresce da solo. Chi fa la volontà del Padre mio è per me fratello, sorella e madre.

I discepoli stessi tendono a rapportarsi con Gesù sul piano della dignità. Gesù invece con loro con amore.

Gesù risorto dà appuntamento ai suoi in Galilea. Ricominciando sempre con lui il cammino dei vangeli sino a Gerusalemme. Là mi vedranno.

Nel Padre nostro Gesù ci insegna a chiedere la fede, la speranza, la carità, al Dio creatore di ogni cosa (sia santificato… venga il tuo regno… sia fatta…); a chiedergli ogni bene spirituale, umano, materiale, sintetizzato in quella mirabile parola greca epiousion che significa pane soprannaturale e al tempo stesso anche pane di ogni giorno; a chiedergli di perdonarci e di aiutarci a perdonare, infatti questa frase si può intendere come una richiesta nella preghiera e non come un perdonare promesso con le nostre forze; “non ci abbandonare alla tentazione”, “non ci indurre”, questa frase potrebbe venire facilmente spiegata nel senso che Gesù ci insegna a chiedere al Padre ogni cosa, ma che il Padre non ci darà cose che ci fanno male e ci insegna a non chiederle; infine vi è la grande preghiera di liberazione, protezione, dal male.

Il figliol prodigo

Lc 15,1-3.11-32

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola:
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Il testo greco dei vangeli è pieno di sfumature meravigliose. Il padre divise tra i figli le sostanze, il patrimonio che entrambi a modo proprio pretendevano ma divise le sostanze in greco significa anche spezzò per loro la vita. Il padre non si diverte a vedere per esempio il minore (in greco neoteros) che prendendosi la parte di vita che gli spetta (altra traduzione possibile, che indica il gestire in vario modo in proprio la vita concepita isolata dal padre e dalla comunione in lui con gli altri) dovrà sperimentare solitudine, vuoto, bisogno d’affetto vissuto male, che crea malsana dipendenza (andò ad incollarsi ad un abitante di quella regione, narra il testo greco), ma non gli dice nulla perché capisce che il ragazzo ha bisogno di cercare liberamente ciò in cui pensa di trovare la vita, di non fare le cose per meccanico dovere. E il padre non si rassegna dimenticandosi del figlio ma veglia sul limitare massimo oltre il quale invaderebbe la sua vita. E così appena il figlio torna verso di lui, pure apparentemente solo per fame, subito lo vede e subito può corrergli incontro perché ora il figlio desidera ciò. E gli fa una grande festa che indica la grazia che ora può donargli perché il figlio non può fare nulla da solo ma ora è pronto a ricevere la grazia che gli fa capire nel cuore cosa dà vita davvero. Ha sperimentato sulla sua pelle l’inganno, il vuoto, di altre vie (= vivendo da non salvato) e cerca vie autentiche, profonde, non superficiali, non fasulle sicurezze che in quanto tali rendono sempre più fragili, agitati, insicuri, vuoti, senza le risorse che dà Dio. E vediamo come ora il ragazzo vede ogni cosa in modo diverso. Per esempio prima i servi li vedeva come garzoni di officina, salariati, ora sono fratelli con cui gioire insieme in Dio. Ma è anche bello vedere che questo giovane in sincera ricerca della vita chiama sempre il genitore padre, anche se potrà sempre scoprire meglio il suo cuore. E ora il giovane non parla più, parla il padre.
Il maggiore (presbuteros) ha seguito la via del fare il bravo non perché l’ha maturata interiormente ma per avere il riconoscimento del padre. Un ragazzo dice che deve studiare perché non vuole deludere i suoi genitori ma non puoi scegliere un certo tipo di lavoro per fare contenti gli altri devi fare il lavoro che vuoi scegliere tu. Poi chiaro che se in questa difficile epoca non puoi fare il lavoro per cui sei portato la maturazione ti farà accettare qualsiasi lavoro onesto. Il maggiore non ha compreso che il padre ama senza condizioni e propone la via della luce solo perché dà vita. Lui vive il rapporto con Dio come un do ut des e quindi si scandalizza dell’accoglienza festosa del figlio da parte del padre. Verso questo figlio maggiore il padre non tace come ha fatto a suo tempo col minore ma invece esce fuori a pregarlo. Dio che prega noi perché non ci chiudiamo in capricci e resistenze che pure abbiamo la grazia per superare. E il padre agisce così perché spiega al maggiore il suo amore senza condizioni per tutti e due, desideroso solo che ciascuno trovi vita. Da questo suo punto di vista di perfezionismo formale il maggiore guarda anche lui con sguardo distorto ogni cosa: dall’alto della propria perfezione i servi li chiama paggetti, pischelletti dicono a Roma, le armonie e i cori li sente come musiche e danze, cioè suoni prodotti da meri strumenti non canti d’amore e di gioia comunitaria, il padre è un notaio che deve riconoscere i suoi meriti, non lo chiama padre suo ma padre dell’altro degenerato figlio che non chiama mai proprio fratello. Ma questo formalismo non aiuta a vivere rapporti semplici e autentici con gli altri, il figlio maggiore lo ritroviamo nella parabola immediatamente successiva dell’amministratore disonesto. Questo pretendere correttezza formale da sé stesso e dagli altri, senza cuore, senza comprensione, senza perdono, gli fa perdere l’amministrazione della propria vita, ossia fa trovare anche lui come il minore solo e perso, anche lui senza risorse e forze per andare avanti, bisognoso dell’aiuto degli altri, che tanto disprezzava nel proprio perfezionismo formale. E allora come ultimo atto della sua ormai persa amministrazione fa sconti a tutti sui loro debiti perché possano poi aiutare lui. E finalmente il padrone approva il suo operato perché quella di Dio non è un’azienda ma la famiglia dei propri figli, che può andare avanti solo con l’amore e la misericordia.

La storia anche di alcuni grandi profeti biblici, antico e neotestamentari sembra passare per l’esperienza di almeno un profondo stato di disorientamento, di debolezza umana, talora anche di un fallimento. Nel quale in un modo o nell’altro comprendo meglio che senza l’aiuto di Dio, delicato, totalmente comprensivo e misericordioso, proprio a misura per me, non posso assolutamente nulla. Nulla di bene, neanche un piccolo sorriso, è frutto della nostra bravura, ma è un immenso dono di Dio che ci fa vivere meglio con noi stessi, con gli altri. Senza di ciò saremmo dei poveri disperati, anzi, non saremmo proprio. Dopo tante imprese profetiche mirabolanti ma anche persecuzioni crescenti subite e in atto, il profeta Elia sperimenta una crisi che lo porta al desiderio, alla richiesta, di morire. “Prendi la mia vita, perchè io non sono migliore dei miei padri” (1 Re 19, 4). Ecco l’uomo, che non ha risorse sue. Invece di dirgli, senza comprenderlo: “Ah, ma così fai peccato e non puoi entrare in contatto con me” il Signore gli invia un angelo che per due volte lo sveglia dal sonno dello scoraggiamento, della sfiducia in Dio, e gli dà da mangiare e da bere (1 Re 19, 1-8). “Con la forza datagli da quel cibo, (Elia, NdR) camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb” (1Re 19, 8). Un cammino di crescita graduale, percorso grazie a quel pane.

Forse Gesù non risponde, a coloro che gli chiedono un segno per la sua autorità: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere” (Gv 2, 19). Forse dice: “Sciogliete questo tempio…”. Il verbo greco luo di per sé come primo significato ha, mi pare, sciogliere. Può risultare interessante valutare se e in che senso una proposta di liberazione amorevole dalle incrostazioni del cuore (= sclerocardia) viene invece variamente letta come distruzione. Certo può incidere molto in ciò il fatto che Gesù poi sia stato crocifisso. Ma forse Cristo intendeva qui per prima cosa la via pacifica, vitale. Che
la stessa Chiesa secondo i tempi e i modi della sapienza di Gesù si lasci sciogliere anche dalle strutturazioni ecclesiali, culturali, civili, sociali, che ostacolano la sincera ricerca del cuore e la sincera partecipazione.

Il fico da tagliare

Lc 13,1-9

In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Gesù dice chiaramente che non è Dio che per esempio ha fatto crollare la torre di Siloe su quelle persone ma la lettura moralista ugualmente legge che Dio si può ad un certo punto arrabbiare e può tagliare l’albero. E così bisogna crescere per fare i bravi, per non scatenare l’ira di Dio, e dunque si è costretti a fare cose buone. Ma così può rimanere il pensiero che ci si potrebbe tanto divertire in altro modo ma non si deve. Invece Gesù spiega che il padrone del fico non rappresenta Dio ma una persona umana la quale non vi trova frutti e vuole togliere l’albero dalla vigna perché sfrutta inutilmente il terreno agricolo. Ma il vignaiolo, ossia Gesù, anche attraverso persone da lui inviate, spiega al padrone che l’albero per dare frutti va coltivato. La fede, la luce, nel cuore vanno accolte nella vita per dare frutto. Un cristiano il dono della fede l’ha ricevuto ma se non cerca di accoglierlo nella vita concreta poi gli può sembrare che la fede non serva a nulla. L’albero della fede come ogni albero non porta frutto da solo, magicamente, ma se lo si coltiva. Ma qui subito viene un punto cui accennavo prima. Il moralismo mi fa sentire sempre in difetto, devo fare chissà che cosa. Invece il vignaiolo non dice che il padrone deve zappare, concimare, dice che lo farà lui. Questo significa che senza la grazia non possiamo fare nulla. Non devi fare tutto subito ma cercare di essere te stesso con semplicità e buonsenso, lì agisce la grazia che Dio ti ha davvero donato. Se Dio ti ha fatto maturare nel cuore di salutarlo brevemente e affidargli la tua giornata al mattino e di brevemente ringraziarlo la sera è già un dono immenso, non devi fare di più. Se Dio ti ha donato ti non litigare con gli altri per ogni minima cosa è già un dono grande. Il vangelo di oggi dice che l’albero coltivato cresce e avrà di volta in volta le cure adatte, ossia quei nuovi doni di grazia che faranno crescere e portare frutto. Il paragone dell’albero aiuta molto perché fa vedere anche che l’albero cresce gradualmente non fa subito frutto. Ma non è già bella la fogliolina che spunta dall’esile pianta che germoglia? E poi l’arbusto che cresce con nuove foglie fino al fiorire in primavera e al rigoglio di foglie e frutti nel sole dell’estate. Il paragone è proprio con la pianta secca e scarna perché non coltivata. Talora può capitare di allontanarsi dal bene semplice e bello che si viveva e ci si avvede che ci si sta spegnendo, svuotando, si intristiscono, si perdono, tanti rapporti… Una persona mi diceva di aver capito meglio il dono della preghiera quando si è distratta non dandole importanza e si è accorta che era più scarica, rifletteva meno, vedeva meno tante cose belle. Un’altra mi ha detto che andare a messa la domenica le sembrava una routine poi quando finalmente dopo il lockdown del COVID ha fatto per la prima volta la comunione singhiozzava di gioia. Un’altra ancora che voleva rompere un rapporto ma poi ha riconosciuto che si poteva dare a quell’amico un’altra possibilità e si è sentita molto meglio. Ecco Dio non viene a incastrare ma ad aprire il cuore alla vita. Ho udito il grido di dolore del mio popolo e sono venuto per portarlo verso la vita, dice Dio nella prima lettura.

La preghiera testamento di Gesù (Gv 17)

La Domenica delle Palme ci mostra l’inganno del demonio. Parto dal punto finale: una religione senza Dio, si fa fuori Dio per il bene di Israele. Dunque un male mascherato da bene, perché il male evidente è più difficile da fare accettare. Un falso bene che si ottiene separando il cielo dalla terra: un Dio che non può farsi uomo. La torre di Babele, un bene costruito con criteri terreni non sulla fede in Dio; una bontà, una vicinanza, in realtà terrena, perché discerne coi propri criteri terreni e non nella fiducia nell”amore di Dio, davvero attento e vicino a tutto l’uomo: Abramo che pensa che Dio gli chieda di sacrificare come olocausto il proprio figlio perché deve stare Dio al primo posto mentre solo in Dio Isacco sarebbe stato veramente, liberamente, amato e non posseduto; i discepoli che sarebbero andati su una via di falso bene restando con Tommaso fuori dal luogo dell’appuntamento con Dio, il cenacolo, per fare coraggio a Tommaso ma con criteri terreni che avrebbero tolto a Tommaso, a loro stessi e al mondo il lasciarsi portare nel meraviglioso, davvero vicino in tutto, onnipotente, amore di Dio; la Maddalena che si sente chiamata con amore da Gesù risorto il quale però le dice di non trattenerlo, perché deve salire al Padre suo e Padre nostro, Dio suo e Dio nostro, perché solo nel suo seno potrà ricevere e da lì inviare come seme la pienezza dello Spirito, appunto dell’amore meraviglioso di Dio. Separare il cielo dalla terra mentre lo Spirito si rivela in modo virtualmente pieno nell’umano, Dio in Gesù: l’eucarestia ridotta a simbolo, non presenza reale di Cristo; e perché confessarsi con un uomo, se si può chiedere in privato perdono a Dio? Fidarsi di Dio senza cercare a tempo opportuno lungo il proprio cammino, e dunque se Dio dona questa grazia, un padre spirituale, una comunità di crescita con un formatore mandato dalla Chiesa e di cui ci si fida… Ed ecco il punto sorgivo dell’inganno del demonio: vediamo che anche i santi, come quelli qui citati, hanno sperimentato queste difficoltà, ma la loro sincerità ha permesso loro di lasciarsi portare oltre. Gesù dice che il demonio è omicida e padre della menzogna perché è solo così, nella falsità, che ogni persona può lasciarsi ingannare. E per questo la preghiera testamento di Gesù (Gv 17) è tutta sulla sincerità: Gesù ha custodito nella verità, chiesto al Padre di consacrare nella verità, di proteggere dal maligno, i suoi discepoli…
Il punto dunque è la sincerità possibile secondo la grazia ricevuta. Lì è Dio che opera, anche nel sereno cammino di un ateo, anche nel cammino per tanti aspetti fragile e confuso per il quale una persona sta passando. Gesù non giudica dall’esterno ma comprende con amore il percorso di ciascuno.

Otri nuovi

Mt 9,14-17

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».

Cercare il senso di volta in volta diverso, non meccanico, un discernimento del cuore aperto allo Spirito momento per momento. Il discernimento meccanico è chiuso in sé, non in contatto con lo Spirito e nello Spirito in contatto con la realtà viva, di volta in volta specifica. Il vino dello Spirito non può entrare in un otre chiuso, vecchio. Anche questa è un’immagine dell’amore di Dio, che non viene a squarciare i cuori ma ad aprirli con delicatezza, se vede che viene accolto liberamente. Così qui Gesù risponde con amore ai discepoli di Giovanni: il Battista continua a seguire quei discepoli che sono rimasti con lui benché egli stesso abbia indicato l’agnello di Dio in Gesù, li accompagna in una maturazione graduale perché non vadano perduti, non essendo ancora pronti a seguire Gesù. È interessante osservare che solo pochi discepoli di Giovanni alla sua indicazione passarono subito a Gesù. Quanto può essere graduale l’apertura al vero che si rivela, superando abitudini, schemi, affettività, posizioni consolidate! Ma proprio questo accompagnamento delicato permise a Giovanni di portare a Gesù moltissimi, forse tutti, i suoi discepoli entro la fine della sua stessa vita, donata proprio per l’amore alla vita vera, a Gesù, riconosciuto come il vero capo del corpo della Chiesa.

Vino e otri

Lc 5,33-39

In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere; così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!».
Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».
Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».

Gesù qui aiuta a comprendere con tutte le sue sfumature il senso della Parola e della tradizione che ne deriva. Non leggi da interpretare meccanicamente ma cogliendone nello Spirito il senso dell’amore vissuto gradualmente sempre più nella fede in Dio. Dunque delle tradizioni antiche resta di profonda validità e bellezza (il vecchio è gradevole) il seme profondo della grazia che ha dato vita a tutta la cristianità di ogni tempo mentre ciò che è caduco, ciò che è solo degli uomini non di Gesù tendenzialmente viene lasciato. E allo stesso modo il nuovo non è mero adattamento al pensiero alla moda in quell’epoca ma una comprensione, per grazia, più profonda di quello che Gesù ha vissuto e detto. Gesù è il vero vino vecchio e il vero vino nuovo. Il tradizionalismo e il progressismo sono ideologie prive di vita profonda. E il bianco o nero sono spesso usati dal potere per teleguidate le persone. Divide et impera è un detto già dell’epoca romana. Invece la vita è piena di sfumature che possono essere colte con l’aiuto di ciascuno, nella storia. Vi diranno eccolo qua, eccolo là, non andateci perché il regno di Dio è in mezzo a voi. Oggi nel tempo del pensiero unico vi è un altro sistema usato dal potere che ha in mano tutti i mezzi di comunicazione: parlare di solidarietà, di democrazia, di pluralismo, di fatto facendo parlare nel dibattito pubblico solo chi trasmette i codici di apparato. La solidarietà senza davvero libera maturazione delle identità e dunque libera anche partecipazione è un falso bene che inganna e spegne gli slanci autentici perché spegne appunto la viva ricerca personale di ciò in cui si crede. Si teleguida la gente con parole di bene usate in modo ingannevole. Gesù ha vissuto e insegnato il contrario.
Gesù segnala che lui è sempre oltre, portando in una vita tutta da scoprire, nei tempi e nei modi della sua sapienza sciogliendo i nodi e aprendo le strade. La strada è invocare lo Spirito di Gesù, che viene anche attraverso gli altri, le situazioni. Senza lo Spirito non si può nulla.

Il buon Pastore

Gv 10,11-18

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

Gesù è il buon pastore, il testo originale dice il pastore, il bello. Perché ci ama di un amore meraviglioso. Quella che leggiamo oggi è solo una parte, quella finale, del brano sul pastore delle pecore. Nella parte precedente Gesù dice che il pastore entra nel recinto delle pecore passando dalla porta, cioè per le vie autentiche, delicate, rispettose della libertà delle pecore. Un ladro di vita, uno che si fa in vario modo padrone della vita altrui, scavalca il recinto ossia entra con metodi non semplici, discreti, rispettosi. In vario modo ruba e forza, non aiuta davvero ad aprire il cuore, a trovare sé stessi. Il cuore (=il guardiano. La Chiesa) si apre solo se è amato e amato bene, non con stranezze varie. Le pecore riconoscono la sua voce naturalmente perché in essa trovano, nello Spirito, davvero sé stesse, la chiave che apre gradualmente il cuore, in modo per ciascuna personalissimo. E il pastore allora le conduce fuori: si sente tanta dolcezza in questo aiutare a fare capolino fuori del recinto, dolcezza del pastore e fiducia delle pecore. Il pastore prima sta dietro ad esse per aspettare che escano tutte e poi cammina davanti a loro, aprendo loro la strada verso il pascolo. Vi è dunque anche uno stare dietro e in mezzo al gregge, attendendo che tutte le pecore siano uscite. Il pastore lo vediamo contemplare le pecore mentre escono, mentre si fermano ricomponendo il gregge fuori del recinto. Il pastore impara il cammino autentico di ogni pecora dalla pecora stessa, in quella situazione, con quelle altre pecore. Se il pastore è una persona umana tanto più comprendiamo che i suoi modi, i suoi tempi, sono orientati in tante cose dalle pecore. E dalle pecore il pastore ha tanto da imparare su tutto, su Dio, sull’uomo, sul mondo, cresce in mezzo, insieme, a loro. È tutto un imparare, spirituale e umano, in ogni cosa, anche del pastore. Altro che risposte prefabbricate, meccaniche… Così l’amore può, per grazia, orientare gradualmente il pastore a mettersi sempre in discussione, spiritualmente, umanamente, per comprendere meglio, incontrare meglio, le persone. Un estraneo – afferma poi Gesù – non lo seguiranno ma lo fuggiranno perché non conoscono la voce degli estranei. Il brano a questo punto osserva che gli astanti non compresero questa similitudine. E infatti può proprio capitare invece che le pecore ascoltino e seguano false guide. Gesù allora spiega che lui è la porta: solo in lui e attraverso lui i cuori si aprono, comunicano tra loro. Le guide che vengono prima di Gesù, ossia non seguendolo, rubano, uccidono, distruggono: in vario modo fanno tutto tranne che aiutare le persone a trovare liberamente e serenamente sé stesse, la vita. Dunque anche se le pecore sono state confuse, ingannate, forzate e hanno seguito tali false guide di fatto non le hanno potute ascoltare, seguire, nel profondo perché i loro cuori semplicemente su quelle vie non possono davvero aprirsi. Ecco il segno del buon pastore: venire aiutati, se lo si vuole, con delicatezza, serenità, rispetto, a trovare sé stessi, la vita. A lasciarsi portare dentro sé stessi perché ciò può avvenire solo nell’amore meraviglioso di Dio. Infatti l’uomo da solo ha i propri schemi, le proprie rigidità, ferite, ha bisogno di scoprire l’amore autentico ma ancora prima è fatto per vivere nell’amore trinitario, fuori di esso nemmeno può respirare. Ed è solo in questo amore che usciamo incontro a Dio, agli altri, al mondo. Fuori di ciò guardiamo ma non vediamo, sentiamo ma non ascoltiamo… Quando l’umanità e forzata, calpestata, ingabbiata, distortamente riduttivizzata, c’è qualcosa che non va. Il pastore delle pecore viene perché le pecore abbiano vita piena, serena, semplice, abbondante, sana, umana. Ora Gesù può dunque rivelare che lui è il pastore, il bello. Il suo amore è rasserenante, liberante, vivificante e proprio per questo non è una favoletta. È un amore vero fino in fondo, fino a dare la vita. È questo amore vero che ama, comprende. Non viene meno. Senza vero amore non si può comprendere, si giudica a vanvera. Certo va compreso il buonsenso nella fede di tutto ciò. Gesù è scappato, si è nascosto, tante volte perché non era giunta la sua ora, non era il caso di lasciarsi prendere dai suoi persecutori. È un amore vero, sano, pieno di buonsenso, non fanatico, di vero semplice, cuore. Il lupo invece rapisce le pecore perché le devia dalla strada vera, dai riferimenti pensati da Dio per loro e le disperde. Pensiamo a persone che finalmente trovano in comunità belle amicizie ma poi finiscono per impossessarsi reciprocamente di quell’amicizia invece di riconoscerla dono di Dio e coltivarla crescendo in lui. Si allontanano dalla comunità perché si chiudono tra loro stesse – si rapiscono vicendevolmente – ma la sorpresa è che poi nel tempo anche l’amicizia ripiegata su sé stessa tende a infragilirsi, a svuotarsi e si disperde. L’amore vero porta nella conoscenza reciproca tra pastore e pecore. Senza amore non si può conoscere davvero, si giudica e si parla a vanvera. Per questo Gesù ripete che è il pastore bello. E sottolinea che lui ha un cammino a misura per ciascuna persona, ciascuna comunità – ho altre pecore che non sono di questo ovile. E questi percorsi diversi, a misura, uniscono davvero. Non è una unità esteriore, forzata, omologata, ma quella del cuore: una sempre più profonda, libera, unità. Ognuno, per esempio nella Chiesa, sul proprio percorso verso Dio. Gesù per primo respira libertà a pieni polmoni pur nell’obbedienza totale al Padre. È la libertà dell’amore. Lui offre la sua vita e la riprende secondo i criteri dell’amore, niente lo forza. Talora qualcuno si scusa per aver disturbato il sacerdote. Ma se il sacerdote è una persona che ama di cuore non si sentirà mai forzato. Se può fare quella cosa la farà volentieri, se Dio lo chiama altrove non potrà farla in quel momento. Anche una persona in graduale cammino non si deve sentire obbligata: la crescita è appunto graduale, si può vivere quello che Dio dà la serena grazia di vivere. Fare di più non serve a nulla, i sensi di colpa sono il segno che quella cosa non la sta chiedendo Dio. Così prima o poi si scoppia e non si fa più nulla. Meglio per ciascuno di noi abbandonarsi a Dio e lasciare che ci faccia crescere lui. Sulla via della legge senza cuore i farisei dicevano ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico. Erano tutti nemici e risolvevano presto. Sulla via della serena, graduale, autentica, crescita gli apostoli, persone semplicissime, sono arrivati quasi tutti a morire martiri.
Che bello dunque quando Gesù dice: per questo il Padre mi ama, perché si amano veramente ma proprio perciò liberamente: si sente tra loro il soffio libero e vivo dello Spirito che consente loro di essere l’uno nell’altro senza annullarsi, senza omologarsi ma invece vivendo in pienezza il proprio essere sé stessi.

Il sogno di Giuseppe

Mt 1,16.18-21.24a

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.

Giuseppe è molto agitato, non comprende come possa Maria essere incinta. Si rovella la mente, pensa di ripudiarla in segreto… Alla fine la sera distrutto dalla stanchezza si addormenta e finalmente in questo silenzio, abbandono, favorito dal sonno, può ascoltare lo Spirito. Ecco che nella pace dello Spirito ogni cosa torna al suo posto. Come può non credere a quella ragazza così profonda e sincera? Così determinata al bene? Ecco ora ricorda le Scritture che dicono che la vergine concepirà. Lui pensava si intendesse vergine prima di concepire ma ora si avvede che la Scrittura dice proprio che “la vergine concepirà”. Inoltre loro si erano fidati insieme della particolare, apparentemente contraddittoria, chiamata che sentivano nel cuore: sposarsi eppure vivere un matrimonio illibato. Non erano poi tutti in attesa di un Salvatore mandato da Dio? La luce serena si fa strada nel suo cuore.

Battesimo di Gesù

Mt 3, 13-17

13In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. 14Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?». 15Ma Gesù gli disse: «Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia». Allora Giovanni acconsentì. 16Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. 17Ed ecco una voce dal cielo che disse: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto».

Anche il Battista come tanti profeti si lascia spiazzare dalla sempre nuova venuta di Dio. Profetizza l’imminente venuta del leone della tribù di Giuda col suo fuoco divoratore ma quando Gesù viene a farsi battezzare Giovanni scopre che il vero Leone è un agnello è il vero fuoco dello Spirito scende su di lui delicatamente come una colomba e in lui rimane come nel suo nido naturale. L’umanità che si rivela via per la manifestazione dell’autentico Spirito di Gesù. Giovanni evangelista nella sua prima lettera dirà che ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne è da Dio. Nel battesimo si manifestano le fondamentali impostazioni del discernere Divino e umano di Gesù.Gesù come Dio porta a compimento i segni dell’Antico testamento Ma come uomo ha bisogno di attingere lui per primo a queste Grazie. Così non Chiede a Giovanni di battezzarlo per dare il buon esempio. Gesù non fa nulla solo per far vedere. Come uomo aveva bisogno del battesimo, così come riceverà la cresima nella trasfigurazione e mangerà lui stesso l’Eucarestia da lui istituita. E il Padre dice che si è in lui compiaciuto perché si compiace di donare ogni bene a ciascun suo figlio. Dunque il padre ci vuole dare ogni cosa che gli chiediamo se non ci fa male o appena non ci farà male. Nel Battista vediamo questa intuizione profondissima del battesimo per immersione e di una confessione si direbbe più personalizzata dei peccati. Tutto ciò viene portato a pienezza di sacramenti da Gesù. E Gesù tornando nel seno del Padre traccia la strada anche per noi. Come vi è stata la sua Pentecoste così in lui vi è anche la nostra quando andiamo in paradiso.

L’albero buono

Mt 7

15Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. 16Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? 17Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; 18un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. 19Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. 20Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere.

L’albero buono è solo Gesù. I frutti buoni vengono da lui. Un cristiano di lungo cammino non si riconosce dal numero di seguaci che se crescono bene ciò è frutto di Gesù. Ma qualche possibile segno è che e una persona serena, disponibile…

Esigenze della vocazione apostolica,

Mt 8

18Vedendo Gesù una gran folla intorno a sé, ordinò di passare all’altra riva. 19Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai». 20Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
21E un altro dei discepoli gli disse: «Signore, permettimi di andar prima a seppellire mio padre». 22Ma Gesù gli rispose: «Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti».

La sequela orienta gradualmente non verso il fare cose ma verso il graduale, semplice e sereno lasciarsi aprire il cuore dalla luce che viene via via donata. La fede fa tendenzialmente mettere ordine, ogni cosa al suo posto nei criteri della fede. Può accadere che si trasmetta più una filantropia cristiana che un camminare nella fede. L’amore terreno è già cosa buona ma diventa un pericolo quando si approfondisce il cammino di fede, perché su questa via si punta sull’opera di Dio.

Mt 10

19E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: 20non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.

Per esempio: le omelie vanno preparate con la preghiera, la vita, lo studio, la meditazione ma poi non vanno predicate come lezioni prefabbricate, bisogna stare sempre in vivo contatto con lo Spirito che sul momento può fare dire cose anche completamente diverse. Qualsiasi meccanico si fa così è un’ideologia: imparare a discernere sempre dal vivo, in quella situazione, in modo nuovo. Non andare col pilota automatico. Nel salmo 110 Gesù osserva che vi è già una profezia della Trinità ma nessuno se ne era accorto perché non si era aperti più attentamente a lasciarsi portare nel mistero della Parola. La Parola sicura, originale, non va cambiata piuttosto è meglio attendere si riveli più profondamente.

Ha guardato all’umiltà della sua serva. Ma il testo greco dice alla sua piccolina. Imparate da me docile e piccolino (stesse parole della mamma). Il segreto dei due, anche di Gesù come uomo, è puntare tutto su Dio. Cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio? Questa è l’opera di Dio (prima e più che degli uomini): credere in colui che egli ha mandato.

Gesù non si indigna come talora si traduce ma sente dolore questo si per tanta indifferenza al dolore altrui.

Mt 13

53Terminate queste parabole, Gesù partì di là 54e venuto nella sua patria insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? 55Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? 56E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?». 57E si scandalizzavano per causa sua. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». 58E non fece molti miracoli a causa della loro incredulità.

Ancora oggi può avvenire ciò: si ascoltano le persone per ruoli e competenze invece di cercare assetati la luce da ovunque venga.

Mt 14

8Pietro gli disse: «Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma per la violenza del vento, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?»

Pietro, il Battista in crisi, non cercano risposte da altre persone o con ragionamenti propri, la fede li orienta a chiedere aiuto a quel Gesù del quale dubitano.

Questione sul divorzio

Mt 19

1Terminati questi discorsi, Gesù partì dalla Galilea e andò nel territorio della Giudea, al di là del Giordano. 2E lo seguì molta folla e colà egli guarì i malati.
3Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «E’ lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». 4Ed egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: 5Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? 6Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi». 7Gli obiettarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e mandarla via?». 8Rispose loro Gesù: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. 9Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio».

Quando anche negli altri scritti neotestamentari troviamo possibili stranezze non inventiamo interpretazioni circonvolute ma torniamo ai vangeli: vedremo che Gesù non ha detto nulla di strano. San Paolo dice che la donna deve stare sottomessa al marito, Gesù non l’ha detto.

La continenza volontaria

Mt 19

10Gli dissero i discepoli: «Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». 11Egli rispose loro: «Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. 12Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».

Tradotto così sembra che vi siano super cristiani che non si sposano. Sarebbe un platonismo. Ma Gesù dice che solo alcuni possono ricevere questo, ossia avere la chiamata al vivere solo uniti a Dio, senza coniugarsi. Matrimonio e consacrazione alla vita casta sono due vie di uguale valore. Altrimenti si tratterebbe di disprezzo del corpo, che invece è la vera via dello Spirito di Gesù.

Parabola del banchetto nuziale

Mt 22

1Gesù riprese a parlar loro in parabole e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. 4Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. 5Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.

7Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. 10Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l’abito nuziale, 12gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale? Ed egli ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Questa parabola non di rado viene letta proprio con gli occhi di quello che non ha l’abito nuziale. Perché quell’abito è la salvezza che viene da Dio e non con le nostre forze. Eppure il padrone della parabola aveva detto ai servi di invitare buoni e cattivi.

Mt 23

Ipocrisia e vanità degli scribi e dei farisei
1Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: 2«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. 4Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. 5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe 7e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare ‘rabbì”dalla gente. 8Ma voi non fatevi chiamare ‘rabbì”, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. 9E non chiamate nessuno ‘padrè’sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. 10E non fatevi chiamare ‘maestrì’, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. 11Il più grande tra voi sia vostro servo; 12chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.

Se si prende la Parola di Gesù senza cercarne vissutamente il senso si va sulle montagne russe: pregate per gli operai nella messe (che Gesù vede abbondante dove il moralismo vede sfacelo) e non fatevi chiamare maestri. Ma gli operai aiutano ad entrare in contatto con Dio ma poi il discernimento finale lo fa la specifica persona nella propria vita, non gli operai al posto suo e di Dio.

Parabola delle dieci vergini

Mt 25

1Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. 2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; 4le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi. 5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. 6A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! 7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. 9Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. 10Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! 12Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. 13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.

Anche qui una parabola che può venire letta con l’occhio delle stolte: una persona vuole andare in un cammino di fede per fare amicizia non perché si sente chiamata al cammino ma ciò non è il caso perché così si rende anche il cammino di fede un centro sociale. L’accoglienza si farà in altri momenti e proprio per la grazia ricevuta. Distinguere piani e momenti, mettere i nomi giusti alle cose.

Mt 26

10Ma Gesù, accortosene, disse loro: «Perché infastidite questa donna? Essa ha compiuto un’azione buona verso di me. 11I poveri infatti li avete sempre con voi, me, invece, non sempre mi avete. 12Versando questo olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura. 13In verità vi dico: dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei».

Un’anticipazione del ministero laicale dell’unzione degli infermi, come quello dei ministri della comunione. L’obiezione sull’aspetto penitenziale dell’unzione può essere inadeguata. Perché nell’eucarestia non vi è un aspetto penitenziale, Gesù nell’eucarestia non perdona? Sono domande, non affermazioni come tutto ciò che in questi commenti non è già definito dalla Chiesa.

Gesù chiama finalmente madre Maria quando la chiama madre di Giovanni: di tutti, non solo sua.

Gesù lava i piedi dei discepoli (segno del sacramento della riconciliazione?) e poi da la comunione a Giuda. Insomma sembra che la confessione non sia una dogana (Giuda ha ricevuto la la lavanda dei piedi senza pentimento) ma un aiuto ad aprire il cuore per ricevere al meglio la comunione. Tra l’altro come detto l’uomo spesso tende a metterla con Dio sul piano della dignità mentre Gesù la mette sul piano dell’amore mentre quello della dignità sembra non avere senso per lui.

Mc 1

14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: 15«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».

Non “convertitevi” ma “percepite oltre”.

Gesù agisce almeno in vari casi leggendo nel cuore delle persone, non si possono leggere certe sue azioni senza comprendere questo, lui fa tutto con amore che alle persone arriva come amore, non come giudizio esteriore e condanna.

Mc 12

28Allora si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». 29Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; 30amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. 31E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi». 32Allora lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v’è altri all’infuori di lui; 33amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici». 34Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

L’uomo si può aprire all’ascolto solo nell’amore meraviglioso di Dio perché solo in esso si apre il suo cuore. In un brano parallelo Gesù secondo il testo dice: con tutto il tuo cuore: tutta la tua anima, la tua psiche, le tue forze. Cuore e poi due punti :
ossia spiega che il cuore è la coscienza spirituale e psicofisica. E in altri brani si vede che essa esiste e matura nello Spirito che scende con delicatezza, a misura, come una colomba.

Profezia di Anna

Lc 2

36C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, 37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

Il testo italiano dice che Anna non si allontanava mai dal tempio e poi dice sopraggiunta in quella ora. Ma, vista anche questa possibile incongruenza, il testo greco si può leggere nel senso che Anna era fissa su quella ora. Per questo può riconoscere il Messia in un neonato.

Lc 2

19Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore

Custodiva tutte queste parole-fatti gettandoli alla rinfusa nel suo cuore. Poi si maturavano dentro di lei e si mettevano in ordine…

La porta stretta

Lc 13

22Passava per città e villaggi, insegnando, mentre camminava verso Gerusalemme. 23Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Rispose: 24«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno. 25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete. 26Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. 27Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d’iniquità! 28Là ci sarà pianto e stridore di denti quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori. 29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi»

Come si conciliano il giudizio universale o questo brano sulla porta stretta con la parabola del figliol prodigo? La misericordia di Dio è senza condizioni, per andare all’inferno bisogna consapevolmente rifiutarla al termine della vita quando abbiamo vissuto anche tutta l’esperienza umana per capire che all’inferno si soffre. Ma il paradiso non è un luogo turistico il paradiso è vivere col cuore spalancato dalla grazia e alla grazia. Dunque il purgatorio è la delicatezza con la quale Dio apre graduale il cuore lì dove è stato chiuso. Quando si va in cielo la scelta definitiva è stata fatta e dunque quelli che hanno accettato la misericordia divina possono ricevere più facilmente tante grazie di vita. Ma qui sulla terra quando ancora non si è fatta una scelta definitiva Dio può donare la grazia attendendo in varia misura che la persona la scelga, la desideri, perché non si trovi poi a volerla rifiutare. La porta stretta dunque è questo impegno nel corrispondere alla grazia che via via Dio ci dona per poterla ricevere sempre più già qui sulla terra.

Lc 18

Il fariseo e il pubblicano
9Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. 14Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».

Si può creare per il moralismo trasmessoci da secoli un fariseismo alla rovescia; dichiararsi meccanicamente peccatore. Ma così non si e aiutati a cercare sinceramente e con semplicità se si è davvero volontariamente e consapevolmente chiuso il cuore alla grazia in qualcosa.

Gv 10

31I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo. 32Gesù rispose loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?». 33Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». 34Rispose loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dei? 35Ora, se essa ha chiamato dei coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), 36a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?

Nell’antico testamento vi è una questione latente, se la Parola di Dio sia Dio o meno. Vediamo infatti quasi una personificazione della Sapienza di Dio. È quanto osserva qui Gesù. Se infatti la Parola di Dio non è Dio allora è una mera legge esterna, che non può dare vita al cuore dell’uomo. Se dunque si pensa che Dio non si può fare uomo la vera spiritualità è morta. Non per nulla quando pongono domande a Gesù sulla legge Gesù risponde spesso citando la legge e i profeti. Tra l’altro anche in questo brano Gesù manifesta la sua lettura fulminante delle Scritture rilevando che già nell’Antico Testamento si parlava della Parola di Dio che essendo Dio rendeva dei gli uomini.

Mt 17

L’epilettico indemoniato
14Appena ritornati presso la folla, si avvicinò a Gesù un uomo 15che, gettatosi in ginocchio, gli disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio. Egli è epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e spesso anche nell’acqua; 16l’ho già portato dai tuoi discepoli, ma non hanno potuto guarirlo». 17E Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatemelo qui». 18E Gesù gli parlò minacciosamente, e il demonio uscì da lui e da quel momento il ragazzo fu guarito.

Fino a quando vi porterò su? Portatelo a me. Gesù non parla ai discepoli di sopportazione ma di portarli su ossia verso di lui e di non puntare sulle proprie forze.

Gv 14

12In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. 13Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.

Non ci sono più i miracoli del tempo di Gesù? Gesù dice che ve ne saranno di più grandi perché lui va al Padre. Portatelo a me dice nel brano citato appena prima di questo e lui opera più pienamente nello Spirito dal seno del Padre. Nel mio nome non indica una parola magica ma l’accogliere sempre più Gesù nella nostra vita.
Dunque il mondo è pieno di miracoli, che dono avvedersene.

Lo Spirito vi condurrà alla verità tutta intera ricordandovi quello che vi ho detto (Cfr Gv 16, 13). Forse Gesù ha indicato ai discepoli la pastorale profonda da poter scoprire sempre più: la ricerca del suo sempre più profondo, salvifico, manifestarsi, riportandoci ai vangeli. Ogni rinascita della Chiesa è passata per una rinnovata, nella sequela nella fede, attenzione al discernere concreto di Gesù nei vangeli, piuttosto che dal dedurre conseguenze pseudo logiche dalla fede.

In LC 10, 27 osserviamo che Gesù dice: amerai il Signore Dio tuo da tutto il tuo cuore sia in tutta la tua anima sia in tutta la tua forza sia in tutta la tua mente. È la descrizione della coscienza spirituale e psicofisica.

Fin dal principio

Gv 15,26-16,4a

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto».

Anche voi date testimonianza perché siete con me fin dal principio. Il ruolo della Chiesa è di stimolare e custodire il continuo, sempre più profondo, ritorno a Gesù. Gesù è nella Chiesa, la sostiene nelle verità essenziali e la conduce sempre oltre, verso la pienezza di Gesù stesso. Non fermarsi per esempio a Sant’Agostino o a san Tommaso ma lasciarsi aiutare da loro e da ogni persona a tornare sempre più profondamente al Gesù dei vangeli.

Amici

Gv 15,12-15

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.

L’amore comunica, tendenzialmente si apre completamente. Maturando la persona nel cuore si apre verso tutti, poi di fatto imparerà a farlo con buonsenso nelle varie situazioni. Questa tendenziale apertura totale del cuore nasce dal venire portati in questa apertura dell’amore trinitario. Guariti, vivificati, da tale amore. Rivelando che sono ferite tante chiusure…

La solidarietà come la vedeva Gesù

Lc 10, 25-37

Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». 28E Gesù: «Hai risposto bene; fà questo e vivrai».
Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». 37Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Và e anche tu fà lo stesso».

La parabola del buon samaritano nel capitolo 10 di Luca ci mostra la solidarietà come la vedeva Gesù. Il sacerdote scende per caso per la stessa strada dell’uomo gravemente ferito dai briganti. Scende, cioè non segue la luce nel suo cuore e quindi passa per caso, non è portato per mano da Dio sulle Sue strade. Il sacerdote sta lontano dal proprio stesso cuore e così è difficile accorgersi del fratello e di Dio stesso. Simil cosa avviene al levita, un altro religioso del tempo. Il samaritano invece era in viaggio, non era portato dal caso ma dalla luce nel suo cuore. Vede, sente, vive con il cuore.
La solidarietà non può ridursi ad un omologante fare, la vita così si spegne. La solidarietà autentica è frutto di vive ricerche identitarie personali. L’identità senza solidarietà, senza scambio, può chiudere in una ideologia. Ma anche, come visto, la solidarietà senza libera ricerca identitaria, nella luce diviene una svuotante ideologia prassistica. Identità e solidarietà quando si contrastano o si uniscono senza venire coltivate in momenti però distinti si spalleggiano nel manipolare le persone. La società si può spegnere fin dalla scuola. Muoversi nei tempi e nei modi adeguati verso le strade autentiche della crescita anche nella scuola è una decisiva via di uscita dallo sfacelo crescente. Questa crescita nella società può venire stimolata da una sempre più autentica sinodalità nella Chiesa, ossia nell’accoglienza e nello sviluppo nella fede dei carismi di ciascuno, uscendo dalle gabbie dei codici prefabbricati, delle competenze vivisezionate, stimolando la crescita e in momenti distinti l’incontro a tutto campo… Stimolare la sincera e libera ricerca della vita vera da parte di ogni persona, fin dalla scuola. Ascoltare la luce nel cuore mette in contatto comunque con lo Spirito di Gesù. Dire che questa luce scende come una colomba su ogni persona significa ancora più orientare a Gesù perché solo in lui si incontrano adeguatamente il cielo e la terra. Cercare le vie della crescita autentica, per superare tecnicismi, codici di apparato, burocratiche competenze, tutto ciò che ostacola la sincera ricerca del vero, e la sincera partecipazione, senza le quali la società muore. Se la scuola, la cultura diffusa, sono svuotate da tecnicismo, codici di apparato e via discorrendo ne risente anche la sinodalità…

At 1

Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».
E
Lc 24

Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

Gesù in molti casi, pensiamo anche all’acqua viva di cui parla alla samaritana che andava al pozzo ad attingere l’acqua, fa capire che viene a rispondere con potenza ai bisogni integrali di ciascuno ma non chiarisce subito come. Dispone all’invocazione, all’attesa, dello Spirito. Ecco nella prima comunità cristiana si sentiva il soffio dello Spirito nel quale vivevano e attendevano il sempre nuovo venire di Gesù. Poi talora nei secoli questo soffio può essere stato in varia misura soffocato dal moralismo del fare le cose con le proprie forze. Non più restate in città finché non siate rivestiti di potenza dall’alto. Ossia assecondare il graduale venire dello Spirito e non dover fare tutto subito con le proprie inesistenti forze.

Mt 26,28

28 perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati.

E

Gv 17, 9

Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi.

Bisogna porre attenzione al cambiare il testo originale del vangelo. Anche per chi osserva che il greco è scritto da ebrei che usano semitismi si può considerare che il testo è comunque stato scritto da quelle comunità. Inoltre non bisogna bloccarsi su una frase ma guardare a tutta la vita e a tutte le parole di Gesù. Qui per esempio vediamo che Gesù dice che non prega per il mondo. Sembra significare che, per esempio, non prega per il demonio perché rispetta la sua scelta definitiva. Ecco l’amore ama la libertà. Ecco un possibile senso del sangue versato per molti. Anche circa, per esempio, il non ci indurre in tentazione, cui ho brevemente accennato in questo testo il significato che ho segnalato viene confermato dalla vita e da altre parole di Gesù, come quando dice che non darà una pietra a chi gli chiede un pane, né una serpe a chi gli chiede un pesce.

Custodire la Parola

Gv 17, 6

Gesù non parla di osservare, come spesso si traduce ma di custodire la Parola. Non la presenta come una regola ma come un seme che, accolto, porta verso il suo compimento.

Mc 12, 17

Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio.

Gesù almeno in questo caso non propone una rivolta ma una rinascita che potrà rinnovare tutto in profondità.

Lc 12, 14

Gesù gli rispose: “O uomo, chi mi ha costituito su voi giudice o spartitore?

Collego questo brano alla citazione evangelica subito precedente perché si aiutano reciprocamente nell’interpretare i criteri che Gesù sembra manifestare. Gesù orienta i cuori ad aprirsi ma non propone soluzioni giuridiche o politiche perché esse devono scaturire dalla maturazione delle persone. Inoltre muovendosi nel foro esterno si tratta sempre di discernimenti, di esseri umani, passibili di limiti. La maturazione in Gesù però può sempre migliorarli.

In Mt 10, 1ss Gesù afferma che per la durezza del loro cuore Mosè permise al popolo di scrivere un atto di ripudio della propria moglie ma all’inizio della creazione non fu così… La durezza del cuore è dunque il distacco dalla vita nello Spirito in Dio. Il matrimonio è un dono della grazia di Dio, un gettare le reti sulla chiamata di Dio e sulla sua sequela. Talora si è presentato il matrimonio come una legge etica e ciò non ha senso. Si dice che i giovani oggi non fanno scelte definitive ma in questo talora possono avere ragione: come promettere qualcosa di definitivo sulle proprie forze?

Molte altre scoperte nei vangeli potrei segnalare ma le aggiungerò qui quando avrò tempo.