Dopo la sincronia muore la diacronia

Dopo la sincronia muore la diacronia

Il problema della mancata apertura nella Chiesa a cogliere il buono di altri orientamenti interni ed esterni ad essa ha comportato talora il paradossale e forse provvidenziale vantaggio di vedere imposte nei vari periodi che si sono succeduti piste di volta in volta diverse. In qualche modo favorendo forse non così tanto nelle gerarchie ma sì nel popolo una qualche tendenziale traboccante sintesi.

Ci si può però chiedere se l’imperversare del pensiero unico non possa riuscire a telecomandare sempre più anche i vertici della Chiesa. Scopriamo forse più chiaramente che le immense ricchezze del Concilio Vaticano II, attenzione all’umano, al dialogo, vanno contemperate con certi doni della Chiesa di epoche precedenti, come la consapevolezza della diversità rispetto al mondo. Una diversità che può portare al martirio.

Il dipanarsi del razionalismo conduce infatti al prevalere di una mera tecnica falsamente neutra voluta dai suoi detentori. Le pressioni omologanti possono giungere a teleguidare la compagine ecclesiale dall’interno in un dialogo che sembra ignorare la condizione di vuoto pseudo meccanicismo e di tirannide in cui esso viene vissuto. Insomma se all’interno della Chiesa spesso è stato carente il dialogo sincronico ora può venire a mancare anche quello diacronico.

Paradossalmente per salvare un dialogo autentico bisogna porre attenzione a non considerare solo i doni delle cose del mondo ma anche tante sue pericolosissime magagne. La diversità di Gesù dal mondo, pure tanto da lui compreso e amato ed in mezzo al quale è egli stesso cresciuto.