Domande sul tema dello sviluppo gentile di P. Benanti

Domande sul tema dello sviluppo gentile di P. Benanti

Su L’Osservatore Romano del 9 agosto leggiamo un articolo di P. Benanti (https://www.osservatoreromano.va/it/news/2020-08/lo-sviluppo-gentile.html) dove si tratta della necessità di superare la concezione meramente tecnologica di progresso in quella di sviluppo umano integrale. Questa condivisibile affermazione viene però declinata, può apparire, con gli usuali tratti della frammentazione intellettualistica. Al pensiero tecnico-scientifico, sembra si sostenga, vanno aggiunti altri approcci, come quello umanistico e quello della fede. L’errore sta nel considerare il primo per certi aspetti compiuto in sé stesso, potendo poi in qualche modo meccanicamente assemblarlo con orientamenti umani diversi.

 

Questa neutralità non esiste, non esiste una ragione astratta separata dal resto dell’umanità di una persona. La comprensione di ogni cosa non si rinnova col maturare dell’uomo? La presunta neutralità della tecnica può finire facilmente per prevalere sugli allora orpelli delle filosofie e delle fedi. E non a caso ciò comporta lo svilupparsi di un’etica omologante, che viene considerata il vero sostrato di tutte le diverse visioni. 

 

Il problema è quello che già nel libro della Genesi evidenzia la Bibbia. Gli uomini volevano costruire insieme una torre che arrivasse fino al cielo. Una falsa immagine di bontà che subito emerge nell’evidentemente indotto sparire delle differenze. Una uniformità che non può reggere, conducendo all’implosione della società. 

 

Va dunque sottolineata la decisiva questione, fin dalla scuola, della libera ricerca identitaria a tutto campo e dello scambio tra queste ricerche. È pericolosissimo confondere l’incontro sempre in avanti (noi cristiani crediamo in Cristo) degli orientamenti con il possesso di un’etica omologata. Il primo comporta il lasciarsi portare sempre oltre, ciascuno sul proprio personalissimo percorso, da Dio (magari implicitamente) e con l’aiuto di ogni persona. Il secondo significa essenzialmente sapere già, sapere da soli, come si fa. Ecco le schematizzazioni tipiche della razionalità astratta, le omologazioni, gli apparati, il dominio di pochi su un popolo spogliato di tutto, manipolato. Magari a parole magnificando lo sviluppo umano integrale ed il pluralismo. 

 

Il vero sviluppo, il vero cambiamento d’epoca, è uscire dall’intellettualismo e ritrovare la via delle vissute ricerche personali e dello scambio tra di esse. Altrimenti non di guado si tratta ma di drammatico conseguente sviluppo di certe premesse. Ancora una volta la domanda è se all’autentica ricerca personale e al libero scambio magari si arriverà (se qualcuno sopravviverà) dopo il crollo di tutto o se uomini, per grazia, liberi potranno diffondere tale via che è anche quella della democrazia.