2040

Premessa

È un racconto distopico. Non che le cose stiano ora così. Anzi magari i problemi veri sono altri. Ma è un contributo, uno stimolo, ad una riflessione plurale, attenta, previdente, non superficiale. A tutto campo.

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2040

2040. Tragedie inenarrabili hanno decimato l’umanità. Inondazioni e sparizione di interi territori, di città, con il decesso di tanti, per l’innalzamento delle acque, per diluvi e trombe d’aria, temperature torride che hanno ucciso milioni di persone. Le masse sempre più spogliate di tutto e completamente asservite ad invisibili potenti che da tempo le teleguidano onnipervasivamente attraverso falsi omologanti valori. Lo stato della Tigolta domina il mondo essendosi impadronito di tutti i grandi media.

Le persone sempre più isolate e costrette all’isolamento dalle pandemie stanno sparendo dalla faccia di una terra ormai tutta automatizzata, un sistema che non ha bisogno di tanta gente per continuare a svilupparsi. Sono stati creati luoghi di incontro per mera riproduzione di futura manodopera specializzata.

Solo ora l’umanità comprende di essere stata completamente svuotata e manipolata dai potenti. Ma in queste dinamiche tecniciste senza scampo anche certi potenti, come i guru di finanza e big tech, che prima confidavano su alcuni stati sempre più loro asserviti, hanno cominciato ad intuire da tempo che sarebbero anch’essi finiti nelle spire tigoltesi ma non hanno potuto invertire la rotta ridando fiato alle compagini statali suddette, sia pure totalmente in loro potere ma sempre con quel minore margine di manovra rispetto alla assoluta dittatura della nazione ormai padrona del mondo.

La Chiesa totalmente teleguidata attraverso vescovi nominati ad hoc è quasi completamente sparita. Le persone non possono incontrarsi a causa di pandemie continue. Ormai per incontrarsi la gente sarebbe pure disposta a morire ma le viene impedito per ragioni sanitarie. Continuamente compaiono pandemie mirabilmente ad hoc rispetto agli interessi dei potenti: bloccano ciò che si deve bloccare e non bloccano ciò che non si deve. Stupefacente anche la progressiva gradualità con la quale la gente è stata spogliata di tutto. Pandemie giunte al millimetro per annullare gradualmente le persone, senza resistenza dei più e tacciando gli altri di irresponsabilità incivile, anche con emarginazioni e sanzioni varie, invece di lasciar valutare la loro eventuale parte di ragione.

Tutto svuotato, annullato. Una china drammatica che è stata permessa da tanti acquiescenti ripiegamenti sui propri miopi interessi. Senza diffondere la consapevolezza dell’estrema necessità di riflettere sulle possibili dinamiche avvenire, di prendere pure a prezzo della vita la situazione in mano.

Come? Per esempio rivendicando, prima di tutto, nei modi e nei tempi adeguati, il diritto alla formazione scolastica alla luce della identità liberamente cercata e del solo allora autentico scambio con le altre. Anche, strada talora più rapidamente percorribile, stimolando il dialogo dei genitori con i propri figli sugli studi scolastici di questi ultimi alla luce appunto di libera identità e scambio. Favorendo così la maturazione delle persone e la loro viva partecipazione. Una condivisione vera dunque, piena di sfumature, uscendo dal giochino del bianco o nero manipolati dall’alto. Già cominciare, a tempo opportuno, a parlare di queste piste è un seme di rinascita.

Inoltre opponendosi alla dittatura sanitaria quando si poteva comprendere che si stava andando verso una più grave questione di vita o di morte: l’asservimento, l’isolamento, lo svuotamento, progressivi e ormai in pianta stabile a causa del continuamente prorogato stato di eccezione sanitario. L’annullamento di ogni umanità. E poi guarda caso, nell’epoca dei dominatori del virtuale, finanza e big tech.

Sempre ripiegati sui propri interessi, sempre ritenendo vi fosse tempo per rimediare, anche tanti della governance si sono lasciati irretire nelle dinamiche degli apparati senza tentare, senza dire, nulla. Pure quando qualcosa si poteva fare, dire, far comprendere, alla gente.

Pensiamo alla Chiesa. A certi pastori che hanno ritenuto sempre e comunque di non rischiare ostacoli e rallentamenti di carriera ad opera di un papa fatto eleggere dal sistema. Sistema che può scatenare anche accuse ad hoc. E tra l’altro proni ad un doppiopettismo che espone ai ricatti del potere e dei suoi media, per cui errori del passato vanno pagati con le dimissioni. Mentre Pietro, Paolo, Matteo e gli altri apostoli come ben sappiamo non hanno puntato sui loro candidi curricola ma sull’opera di Dio. Né i pastori hanno cercato di accordarsi per tornare ai primi tempi della Chiesa, quando il papa non aveva tutti questi poteri da monarchia assoluta. Ma solo una essenzialissima parola su questioni di strettissima fede. L’obbedienza è una grazia e una fede matura è molto attenta ad essa e a non confondere le persone su questo punto fondamentale. Il laico poi, in certi casi, può più facilmente andare in un’altra parrocchia. Mentre è bene per il sacerdote obbedire al superiore anche se gli chiede, senza cambiare parere, tante cose che al primo paiono inutili e insulse. Potrà chiedere al superiore del superiore di venire spostato altrove. Ma, per esempio, non si può obbedire al superiore che comandasse di compiere un reato.

Paradossale che i potenti abbiano cominciato a battersi per l’unità della Chiesa sotto il papa proprio quando emergeva più chiaramente il bisogno di altro, proprio a difesa della Chiesa stessa. Tutti altri tempi rispetto a quelli che avevano portato a stimare di proteggere la compagine ecclesiale dal dominio degli stati rafforzando l’autorità pontificia.

Ma nella Chiesa il corto respiro di certi pastori ha impedito tante più rapide prese di coscienza. E ha impedito anche una più libera partecipazione, nei criteri della fede, dei laici, di religiosi come le suore. Lasciando invece che la tanto sbandierata sinodalità divenisse una mera cinghia di trasmissione della teleguida dall’alto.

Tutti colpevoli? Senza la grazia non si può fare nulla. Ma molti vari responsabili, anche laici, hanno vissuto male i loro margini di libertà. Anche se pastori previdenti avrebbero dovuto riconoscere, nei criteri fella fede, più libertà, più partecipazione, ai propri fedeli, anche al basso clero, proprio in attenta previsione dei pericoli incipienti. E inoltre tanti laici possono rischiare meno in quanto padri e madri di famiglia.

Si comincia più diffusamente a sentire il bisogno di cammini personali e comunitari di fede, non in eterno corsi, riunioni… E non mere catechesi ma prima di tutto ascolto di Dio, della Parola, in specie del vangelo. Ascolto sì con la guida del formatore con mandato ecclesiale ma, almeno gradualmente, preparando i formatori, nel dialogo con i fedeli partecipanti al percorso di sequela. Stimolando così la ricerca di una spiritualità a misura, in grado di comprendere le persone, senza la quale il dialogo può risultare difficile. E per questo la guida può preferire il monologo. Con il che la sinodalità è già morta. Ma ora è difficilissimo potersi incontrare dal vivo.

L’epoca del grande fratello si è così tragicamente sviluppata che negli ultimi tempi è divenuto ormai chiaro a tutti che non si può credere a nulla di quanto trasmesso dai media, dalla cultura. Ma è troppo tardi. Nemmeno rischiare la vita in tanti sembra ormai poter cambiare la situazione. Eppure ora di fronte a questo sfacelo molti sono pronti a dare comunque la vita. A morire per malattia, perdita del lavoro, minacce di ritorsione ai familari. Niente può più fermarli. E da qui nasce a macchia d’olio una drammatica, sanguinosissima, rivoluzione che spazza tutte le resistenze del potere.

L’umanità, ridotta in ogni senso ai minimi termini, si avvia a costruire una società basata sulla libera maturazione, partecipazione, delle persone. Quanto durerà questo sì, autentico vaccino?