Una chiave di sblocco della democrazia

Una chiave di sblocco della democrazia

Un cuore fondamentalmente più libero da schemi, più pronto a discernere in contatto con la realtà viva, potrebbe manifestare una certa più pronta disponibilità a recepire il tema dell’accoglienza, del fare spazio. Un tema delicato, da considerare con equilibrio, nell’ottica attenta di una fede coltivata, per un cristiano, e non di un mero fare. Ma certo una via densa di possibili sviluppi, anche dal basso, dunque in varia misura capaci di aggirare eventuali resistenze oligarchiche. L’oligarchia infatti si può più facilmente reggere sull’individualizzazione e massificazione, schematizzazione, sul fondamentale isolamento, delle persone. Cose che l’egoismo, la scarsa accoglienza, possono alimentare. In modo ancora più drammatico e paradossale quando è il vario sottostimato che viene manipolato o anche addirittura sceglie liberamente questi orientamenti che perpetuano la sua stessa soggezione. Evidente che l’oligarchia possa invece scricchiolare quando dal basso si formassero reti, per esempio di cittadini, vivificate proprio anche dalla condivisione, dall’accoglienza, reciproche. Diffusione, sviluppo, scoperta, di tante ricchezze che altrimenti, in regime oligarchico, potrebbero restare doni meno volentieri accolti e fatti fruttificare.

Sarebbe per esempio talora bello ospitare, pur con sana prudenza, sulla propria rivista interventi di persone magari anche sconosciute e di diverso orientamento, solo perché comunque interessanti. Con sincera fraternità. Infatti il basarsi su titoli, fame, e altri riferimenti formali rischia di perpetuare, magari talora mascherandoli da ospitalità, gli interessi, gli schemi, dell’oligarchia e i possibili ripiegamenti dell’egoismo umano. Invece cercare di cogliere e di accogliere gli spunti interessanti da qualsiasi parte vengano può animare una ricerca molto più ricca, viva e diffusa. Uno stimolo di comprensione, di dialogo, di incontro, di ricerca di nuovi orizzonti, che farebbe bene a tutti. La fede, si dice talora, è il luogo dell’et et e non dell’aut aut. Ma talora potrebbe accadere che sia difficile questo per certi vari responsabili, nella Chiesa e fuori. Anche quando potrebbe essere proprio il caso dell’et et si può restare chiusi nel “mono”, in qualche varia unidimensionalità. Pensiamo alla decisiva questione della scuola. Dove si può sentire parlare di (falsa) neutralità, di identità o di dialogo. Magari più raramente di identità e di dialogo tra identità, quasi mai in certi casi, anche dove potrebbe apparire opportuno.

In queste direzioni un aiuto potente potrebbe venire, anche stimolata da esse, dalla possibile lettura (domando) che Cristo donerebbe l’eucarestia sostanzialmente a chiunque la desiderasse*. Non si può invece forse riscontrare nei paletti attualmente posti alla recezione eucaristica un possibile limite fontale di chiusura identitaria, il contrario dell’accoglienza? Il Signore ci aiuti, appunto, a lasciar amare, parlare, operare, lui.

*http://gpcentofanti.altervista.org/ritorno-a-cristo-al-futuro/