Piccolo magnificat. Un canto di tanti canti

Piccolo magnificat. Un canto di tanti canti

Ecco delle poesiole dove faccio cantare tante persone. In una persino Gesù. Spesso parla direttamente il protagonista, anche dove non scrivo tra parentesi un nome, sempre di fantasia. Sono storie inventate, nate però dal vivere in mezzo alla gente. Composizioni, scritte al volo, di un prete che cerca di partecipare di cuore alla vita dei fratelli e insieme a loro cresce e sente il loro canto. 

Yo vine aqui para cantar y para que cantes conmigo*

Ferragosto

Nel lungo silenzio d’estate,
entrato il ristoro dell’anno,
la poesia saliva dalla carne e dal sangue,
come una caparra dell’assunzione.
Sentivo cantare la vita, persone,
l’umano dolore, le gioie,
dentro la sconfinata Compassione.

Via lucis

Nella cineteca della memoria
prendo il film della tua storia
con sorpresa sempre nuova
di mille sfumature inavvertite.
E cercandoti mi scopro,
lì, sull’argine nebbioso,
a metà del primo tempo,
nell’ultima parola, non colta,
di quel canto, ai titoli di coda.

La dodicesima ora

Ogni sera che viene
è una sera che piango.
Riguardo il mattino.
Ogni terra che penso
è speranza lontana,
di giorni lontani,
che amo soltanto
in una foto del futuro.
Ritorna la sera.
Ritorna il mio letto, la mia nave,
la mia solita nave di sempre,
in cui piango da solo terre lontane.
Ogni terra che penso
è una sera, è un mattino.
Ogni terra che penso domando:
sei forse tu la mia terra?

Una piccola vela nel mare

Io che veleggio su questa dolce barca
che il vento porta leggera ed alla sera
appoggio il peso della giornata alla tua riva
io più non so di porti-chimera senza rifugio
che l’uomo cerca disperato per mari sempre stranieri.
Sì, questa dolce barca che ora porta
anche voi, porta il mare alla terra
e la terra al mare, a questa costa
che così chiara separa e cuce
ogni cosa al cielo. Senza
essere vista, dopo la sera,
quando ogni domanda, stanca, riposa.

Ultimo giorno della vita nascosta, canto a Maria

Il pane fragrante nella piccola brace,
i panni stesi, la porta schiusa,
ogni cosa di te, intorno a te,
sommessa svelava una pace.
Tra la madia, la falegnameria, il piccolo orto,
imparai una piccola, semplice, via.
Piccino la notte sognavo che un manto di stelle
custodiva la terra dal male con un dolce canto.

Conversione

Com’era bella la sera quella sera,
una canzone semplice cantava
non sarà una chimera ed intuivo:
davvero ci ameremo per sempre.
Che luce serena rischiarava l’aria,
che luce vera, semplice e buona
che dava vita, così spontanea
da non essere notata ma era
la fonte di ogni cosa. E che aria
alla campagna andava, umile
e tersa come l’anima tua.
La vita sapeva di lavanda
e di mentuccia ed era grano,
rondini, papaveri, il cardo,
l’olivo, luna nascente, margherita.

Abramo, che ebbe fede sperando contro ogni speranza

Niente.
Non vedo ancora niente lì sul monte.
Forse le stelle alpine sono le sole
a credere ancora ad un tempo che viene,
loro hanno in dono petali di lana per il vento e la neve.
Lì sulle cime calve battute dalla tramontana
vi è tanto turbinare che non alza in volo niente.
Ma una felicità insensata ancora pervade l’aria,
su per la mulattiera, ancora è come lana.

La lotta dell’attesa

Ora qui, sul monte, vedo la gola
che mi apre al vento e alla luce
delle stelle. E’ come se all’ordine mio,
alla mia salita, la nebbia sia svanita
del non volere un’attesa.
Com’è bella ora anche la piccola
luce, come un canto degli angeli
al vegliare dei pastori, o cometa
che svela e fuga il falco alto levato.

Maranà tha

Quale gioco di luci e riflessi,
che prospettiva agli sguardi?
Il limpido lago specchia di te
solo l’ombra, come lasciando
discreto il segno del vegliare
che vivi, nascosto, d’amore.
E’ questa cerulea parvenza
che volge in alto il mio viso
dal bastimento che attende
e anche lì, sul monte, ti vedo
oscura pieve nel sole ardente.

Canto di Giuseppe

Sei come l’erba danzata dal vento,
docile, leggera, ma ferma nel vero
radicamento. E come questo campo
che amo tu sei, dove crebbe l’ulivo
d’argento che piantai per gioco,
fanciullo, non sapendo che il cielo
seminava per noi il suo bel tempo.
E se abbiamo patito, tanto sofferto,
è come ogni ruga d’ulivo d’argento.
Il mare in fondo alla campagna
sei anche, ché in te sempre mi perdo,
fiducioso, certo, di toccare la riva.

Il canto di Maria

Tutto e niente.
Niente senza di voi,
senza la gente.
Il canto che sento
è un canto che sente.
Shema’ Israel.

D’aria e di luce (Padre Pio)

Tutto questo cielo trasparente, lucente,
che vedo come fosse nella mia mente,
si specchia nelle anime di cristallo;
l’aria è così trasparente, lucente,
che allegre comitive vi pattinano.
Ma è tutto, i palazzi di vetro, le strade,
la gente, che si specchia nel tutto,
al punto di farsi leggero, al punto
di essere niente; al punto che il grigio
e lo scuro, nell’etere, delle anime perse,
anch’esso di luce riflessa risplende,
al punto che anch’esso forse, domani,
si specchia, si accende.
Così, semplicemente, io vedo stasera
questo quartiere come nel vetro.
E più mistero è questo vedere.
E so che ti amo che posso anche
morire per niente.

Rione Speranza

Sempre per questa piazza passano
angeli, puoi riconoscerli dal vento
che gonfia loro le vele segrete
e li fa avanzare sicuri: si fermano
alle fontane per bere, anche poveri
e storpi, salpano su bianche golette.
Tu puoi ascoltare, non si sa come,
nell’aria, il loro cuore che canta.

Luci nella via

In quell’anonima strada di periferia
chi avrebbe pensato di incontrare
la vita. Questo diceva confusa, nuova,
l’anziana signora. Le avessi potuto parlare,
le avrei detto del potersi fidare, del non credere
all’inganno solo viscerale. Le avrei detto:
se viene una luce lasciati portare,
non temere il deserto se lo vuole il cielo,
ma temi le verdi praterie senza notte,
né luna, né stelle, né pioggia, il lume artificiale.

Il muro di cinta (ai grandi Leopardi e Montale)

Davanti a me, al sole, la pietra
di questo muro alto che vieta
un oltre alla terra e al cielo
e il glicine e la rosa lo sale sì
ma non di là di questo duro velo.
E non basta il canto
che canta canzoni nuove,
che tu dici: ora vedo, ora sento,
è la vita, è la vita che canta
il dolore, la gioia, la vita,
è il cardo, è la rosa, la margherita.
Preferisco pochi poveri versi
rasenti questa povera cinta
di campo, rasenti noi poveri cristi
che senza cielo ci siamo persi.

Transito di san Giovanni della Croce

Aqui feliz estoy – dijo muriendo –
en mi alma todo canta y llora…
tambien las casas con tejados puntiagudos,
en la colina, estan hinchadas
hasta el punto de tomar vuelo…

(Traduzione:

Qui sto felice – disse morendo –
nella mia anima tutto canta e piange…
anche le case dai tetti aguzzi,
sulla collina, sono gonfie al punto
di prendere il volo…)

Il fico (Osvaldo e Ludmilla)

C’è un sentiero lungo la riva,
dopo la casa bianca,
di pini e di mentuccia
fino al campo solitario
che vide amarci un giorno
soltanto. E tu ricordi ed io
ricordo che fu orgoglio o
timore o qualcos’altro solo.
Ed è così, perché ci amammo
tanto, che finì quell’amore,
facendosi eterno. E tu ricordi
ed io ricordo quel sole
tenue nel cielo argentato,
la mentuccia, i papaveri, il grano
e il fico che piantammo per caso.
E tu ritorni ed io senza te ritorno
a cogliere ancora il frutto nuovo.

Poesie dell’alba

Tuo il canto di campi
anelati da poesie dell’alba.
Mi fremevano parole nel cuore
a guizzi e a lampi.
Che aria nuova danzeranno
finalmente le distese di girasoli?

La vedova giovane e l’uomo perso

La sera stendi i panni al primo piano
– torni dal lavoro tra il vociare dei bambini
che giocano in piazza- ed io son sempre lì,
come non visto, a contemplare la tua morte
silenziosa e forte, io che come te vivo di figure
che si muovono a mezz’aria tra i volti di tutti i giorni,
di parole che odo e nessuno pronuncia,
di pensieri che confondono il passato,
il presente, il futuro, con la ruota del dolore.

Nella luce e nel vento

Inesorabile materia, stante eppur leggera,
anche dentro un grande problema…
io conosco, io sento, anche in te
il soffio del vento. Solo ti svela
sempre più, tutta intera,
la luce del cuore, di cielo e di carne,
oltre ogni schema computazionale.
Pane e vino il segreto e riso e pianto
il canto e la casa il firmamento…

Il deserto nella città

Un giorno d’agosto, ora ricordo,
fu un dono nascosto, ora lo so,
trovai poesia a forza strappandola
al brullo campo assolato di periferia,
all’ostinato silenzio del cielo,
al meschino agire, così facile all’uomo:
“ci deve essere un canto”, mi dissi…
e nulla potè fermarmi, passai il muro
invalicabile, d’aria e di pietra, ed entrai…

L’amore ripiegato

Mai più scorgeremo il vecchio sentiero, 
quel campo, l’amore dimentico d’altro. 
Il sole d’argento più non riluce tra il grano
i papaveri, il ranuncolo giallo.
Un astro accecante ora perde 
l’antico mistero nell’abbaglio di niente. 

Robertino

Il cantare delle cose era il tuo sguardo,
suonatore Jones ti chiamavo…

Un barbone

Che cielo verrà
che voi non avete conosciuto?
Noi morivamo sulla via
nel tepore di un mattino d’inverno
e tutto era così dolce
che ci pareva di sognare.

La speranza sorpresa

Un giorno ti vidi studiando al primo piano,
che più non ti speravo, apparire di lontano,
prendere la via di casa mia, venire dalle Americhe
forse o Singapore a sorprendermi il cuore.
E fu nuova tanto in fretta accolta che da sempre
mi parve conosciuta. Così era venuta, in quella stanza,
da quella via, un giorno improvvisa una luce
nell’anima mia. Così sarebbe venuta ancora
un giorno e un giorno ancora, a me, di sorpresa,
a stupire la mia lunga addolorata attesa…

Canti della sera

(frammento 1)

…il tempo che starei con te
è un tempo tra la notte
e il giorno, nè farei molto…
con te sulla porta di casa,
a guardare il mondo che si quieta
e a sentire l’eco della sera
nelle nostre parole…

(frammento 2)

…tra i fumi dell’inverno
che va alla primavera
e qualche fiore e qualche foglia,
ad ogni cosa intento
e solo alla soglia…

Frammenti di un canto

Ah, che la terra canta
solo se canti tu…

E nella valle trema
l’antico paese laggiù
alla rugiada dell’alba.
E l’attesa lo scalda
di pace e di speranza…

Stupore fu al morente
forse il non morire
ma già vivere di più.

Come l’estate

Neanche d’estate il cielo
si lascia imbrogliare a parlare.
Ma cadono stelle nel petto
la notte al primo assopire
-e non se ne vede una-
e cosa canta allora la luna?
E la macchia del sud dalle rocce
ed il mare a spergiurare…
Ma pungono ai vichi salmastri
gli aghi di pino e i fichi
provano male a fare gli indiani
e le ginestre, dal limitare,
sempre a guardare, come finestre.
Questa da noi è l’estate.
Questo per te è il dolore.
Bussano alle quieti scugnizzi
e fuggono via nascosti nel sole.
Anch’essi a risvegliare segreti.

Innamorati

Non era così, non era di lì,
ma non fa nulla, l’amore
divorava anche quell’erta,
quella strada brulla.
E subito tornava la lavanda
e la mentuccia, in mezzo
al grano, ai papaveri,
alle rondini e al sole dell’estate.

Innamorati (2)

Ma tu non dirmi
“Cantami ancora un canto”,
non odi il vento da cui vengo?
Canta mille canzoni
che anch’io non comprendo.
Né ti dirò “Danzami la danza
dell’amore di cui avvampo”,
che danza te, a questo vento,
la margherita e il campo
d’ulivi e di gelsomini.
Resta silente. E dal niente
sussurra allora il palpito
che chiama e chiama
il nostro cuore amante…

Canto del pescatore

Tutto e niente, ogni cosa
è brezza del mare argentato.
Ancora veglia l’innamorato.
E mille stelle e vele sciolte
e reti colme e non colte
al povero pescatore d’aurore.

Cieli e terre

Forse un giorno mi chiederai
che stelle son queste,
se quelle che imparasti da me.
Tornano le feluche, portate
dal cielo che si oscura.
Tu risalivi la corrente di Antibes,
a sud dell’Oceano,
e ti chiedevi se un vento marino
ti prese o non t’ingannò
lo stanco gorgogliare delle acque.

Canti ultimi

Tutto tace nella notte,
ogni cosa riposa
e il suo riposo è un canto.
Allo scrittoio ascolto
l’ultima poesia del giorno,
nella pace.

Piccole poesie di parole in dono

Sempre ho atteso,
come le margherite e le rondini
tra le spighe del campo,
il tuo canto, mi cantasse
per incanto un canto nuovo.
Ecco, ancora lo sento,
nell’umiltà del mio tempo,
e mi porta e viene
dalla terra e dal cielo.

Frammento a

… io che la vita ancora non so,
io che l’attendo, sempre più cose
io perdo e ti amo di meno e ti cerco
di più.

Frammento b

…ah, luce, ah, pace,
dell’Amore fatto umano,
che scioglie ogni tormento,
ogni oscuro cammino!

Avvento

Tutto canta della tua attesa
nella rossastra luce diffusa
che mite accarezza le morenti
foglie e le doglie discrete
dei rami nel viale che porta
a case quotidiane e misteriose…
Che tempo, quanto tempo,
ti resta? Tutto trasluce,
quieto, nel vespro, senza risposta…

Canto di Natale

Nella notte di Natale, ultimo pastore
a venire un barbone: chiede aiuto
per la radio mal funzionante,
come a udire il canto degli angeli.

Crocicchio di stelle

Un crocicchio di stelle illumina la via
come fosse la hall di una stazione,
bevo un po’ di latte al bar come
nella via lattea. Lo so, singolari
raffronti sorgono alla mente a certe
ore. Ma dato che il cielo stasera
sembra ad un passo, se mi gira
chiedo uno strappo alla navetta
per il Tabor alle prime luci dell’alba.

Piroscafi

Una grazia che libera è l’amore,
di andare oltre. Vedo dietro le
fronde i piroscafi salpare laggiù
nel mare, speranzosi, verso chissà
quale mistero, con il fumaiolo che
fuma un allegro, ignaro, vapore.

Un canto d’estate

C’è una stella nel cielo e più sotto la luce di un lampione,
la segnaletica stradale di questa viuzza di paese
unta e bisunta che porta al mare d’estate. E l’unto e
bisunto fa ricordare del male che c’è, forse ignaro
d’essere male, ma che unge e bisunge anche il bel litorale.
Quello però non lascia di principiare a portare,
anzi rovescia, un cielo di stelle come lampare nel mare
ed un mare che brilla come un cielo vicino…

Una freccia al centro del cuore

Io credo che l’uomo, gradualmente,
con amore, entri nella sua cella interiore
e attenda solo il paradiso. E’ una cella aperta
a mille strade, come allegra funivia sui monti, o ignara
feluca sul mare, ma sempre più solo a quelle vere.
Io credo all’uomo vivo perché muore, ed è
umile e servo e si lascia portare e tutto
spera ma attende solo il paradiso.

La croce del sud

Ho amato la tua dedizione canina
più di ogni cosa. Non per comodo
uso da schiava, ma per la pace
di questo amore sicuro. Hai amato
la trasparenza colombina della mia
vita con la sua debolezza più della
forza felina, per poggiare il tuo viso
sul mio petto, fiduciosa. Ma come
ogni cosa, anche la più bella, senza
la stella è ben poca cosa, ci perdevamo
nel niente, per niente, come chi troppe
volte ha aperto e chiuso porte e finestre
della sua casa e più non vede oltre.
Tu sei il dolore ed il riso dell’amore
perduto per niente e ritrovato scoprendo
presente da sempre lì fuori a due
passi, nel cielo, una piccola stella.

Il colore del cielo

Di rosa e di rossi è fatto questo tuo canto
che spera in un cielo che ancora non è.
La fragile foglia dell’eucalipto rinfresca l’aria
di un fremito verde al soffio di un tempo
che però non viene. Nel folto del bosco filtra
una luce che prima non c’era e ti scopri
ancora mancante, tu mancante, all’appuntamento.

Dio per compagno

Marcello che è triste, Filippa che grida,
il gatto che salta la palizzata, la verde
vallata nel sole d’estate, lo stadio
ha per spalti catene di alpi, che Maracanà…
Ed io ancora attendo, la gente che scende
nel sole sabatino, di festa (serena? Chissà?).
Io ancora attendo la tua nuova venuta, chissà…
Ma più di ogni cosa io vedo quell’aquilone
che vuole salire, salire, restare nel cielo, da te.

La notte di Teresa

Per una strada che non vedo
verso un cielo che non sento
correndo, ferma, come il vento,
arde la neve, fiorisce il melo…

Teresa di Calcutta

…e la notte ora sento è il tuo petto che mi stringe e m’innamora…

Chiamata di Frida

Il sole argentato imbianca questa rada,
il mare brilla della luce fioca, la foschia lontana…
Che cielo mi parla nell’alba roca dei gabbiani e così mite mi infuoca?

Emigranti

Queste pieghe invisibili del dolore
sono annodate nelle linee di fogliame
tra i filari degli alberi, a metà tra noi
e l’orizzonte.Tutto è accettato comunemente,
mitemente, dai campi, dagli animali al pascolo.
La lunga autostrada si anima di amaro
e di speranza per un palpito segreto,
che, come naturalmente, si svela.

Tu ad Ischia d’estate

Nel cielo riarso d’estate nubi accaldate,
tristi, dileguano come fosse un miracolo.
Nella piazzetta, tra i pini e i fichi d’india,
due gatti contendono, nella siesta che odora
di aghi e di resina nuova. Ma il vento leggero
di questa isola anche di quel miagolare fa un dolce eco,
che culla il riposo dell’uomo. Le case bianche, screpolate,
sono fresche, di mura spesse, anche da esse giungono echi
di parole, di bimbi, di risa, di grida. Tutto è un eco di pace,
familiare, di riposo, di vacanza, che va oltre, come un incanto
che forse niente, nessuno, almeno per un poco, vuole davvero
rovinare. Tutto è un eco di te, naturale, anche
al cuore che ancora non ti vede.

La macchina del tempo

Boccali di vino lasciati sulla tavola vuota,
finestre schiuse sull’aia non più nota,
un tempo allegra di vita semplice e buona.
Può tornare anche il tempo su quella strada,
dove un gallo bastava a salvare l’anima nostra
e l’asinello era un messo del cielo che ci parlava.

Annunciazioni

Com’è bello e amico un raggio di sole
d’inverno che disegna dimore di luce
nella mia stanza. Ricorda di un tempo
che sa essere mite malgrado il gelo
e se scopro un dolore che non sapevo
lo svela nella luce che mi porta per mano.
Ed io riposo ed io non temo in questo ricetto
solo di cielo e tendo la mano e lo dono.

Pasqua

Che aria tersa dopo la pioggia di primavera,
che luce viva che tutto mostra non veduta
e dopo la neve quali campi di grano e olivi
e querce portano il mio passo che sempre
ti cerca. Ed ora anche tu mi sei vicina,
cosi’,
senz’ancora dire niente, portata dai gelsomini,
cantata dal vento, lasciando fare al tempo.

Veduta dal monte Carmelo

Gli erti gradoni di queste colline
come quelli di un’anima in cerca
assetata di pace tra gli ulivi
ombreggianti, nella canicola d’estate.
Poi di lassù, tra le fronde, appare
il dipinto della campagna, alfine
abbandonata nel mare. Di lassù tutto
riposa, tutto trova il suo senso,
l’ordine naturale, semplice e bello.
E’ appena un ricordo com’era velato
al brillare tremolante della terra
madida come te, con te, per la salita.

Speranza di popoli marini

Stasera alla rotonda il cannocchiale non dispiega
che altro mare. Più lontano, nitido, l’orizzonte
che nasconde i sogni dell’uomo e i segreti del tempo.
Solo una nave ora si scorge appena, osare l’impresa
di toccare il domani delle persone. In questa sera
d’inverno, calato un tepido sole, tutto riposa sereno.
Anche il dolore ed il male, come nel cannocchiale,
trovano più esatta collocazione. Nel fresco pungente
della notte che viene già entra il sapore dell’estate.

Lunedì dell’angelo

Le mille ferite che il tempo m’ha fatto
si quietano in un barbaglio di luce,
nel mormorio delle cose
che culla il mio dormire.
Ora riposo, e lavora la vita
e tutto è una fitta di dolore
e una canzone dolce.

Ricordi di un prete

I poveri palazzi di periferia
non mi hanno mai messo tristezza,
cio’ che fa male sono gli agglomerati
indifferenti, pare, al passo del vicino.
Dove la città digradava in campagna
le case si facevano basse, vedevo prati
di pecore, di mucche, di cavalli…
come un miracolo proprio sperato
tutto davvero era più semplice e buono.
La domenica dopo la siesta il prete
anziano s’incamminava forse da un amico
alle case della quercia, sul colle.
E tornava al tramonto col suo basco nero
calcato sulla fronte e la tonaca tonda,
ormai lo sapevo, che odorava di vino.
La gente scendeva al paese a folate
di famiglie, di amici, così modesta, essenziale,
da consolare il cuore nella sua povertà.
Ed io dal terrazzino vedevo nel campo
cavalli pezzati come fosse il Minnesota d’inverno al tempo dei cheyenne
e recitavo, spiazzato dalla prima
missione, sereno il salmo della sera.

Natale

Come i pastori andiamo alla stalla
se angeli ci hanno chiamato,
come i magi ci incamminiamo
se una stella ha brillato per noi…

Massimiliano Maria Kolbe

Ogni dolore grava sulle nostre spalle
– treno che corre, vento che soffia
e porta lontano le lacrime –
ogni dolore amaro – per la valle,
montagne nere e tramonti rossi –
ogni dolore – ad ogni fermata
una ferita da ricordare.

Predica di san Francesco

Voglio somigliare il tuo verso
al canto poverello ma terso
del fringuello, canti com’è bello
il Suo amore a tutto l’universo.
Il crocifisso è impresso dentro te
come al mite pettirosso,
ogni dolore senti, ogni pianto.
E tu somigli il Suo sguardo
al dolce sole di questo vespro
quando l’allodola torna al suo nido
e si ode il lieto eco del suo canto.
Alla colomba, all’aquila, al falco,
ti accosto, ad ogni volatile preposto
ad ogni canto, ad ogni volo,
a ricordarmi il cielo.

Sposalizio

1

Questa lunga mia notte
risplende nel tuo sguardo
fiducioso e tranquillo.
Raggi di luna lucente
filtrano nella stanza oscura,
come i tuoi occhi nel mio dolore.
Io mi addormento
fiducioso e tranquillo.

2

Lasciavi il silenzio di tutto,
restava solo la luce.
Imparai a filtrare
il grano dalla pula.
Ti scoprii lampada
ai miei passi
nella notte oscura.
Seppi che un cielo
sconosciuto mi pensava.
E ti amai come si ama la vita.

3

Vieni, entra, la porta è aperta
ed entra il vento e la luce delle stelle.
Vieni, entra, mentre ti attendo
dormendo e sognando.
A lungo ho camminato,
valli e monti ho traversato,
ora ti attendo nel mio riposo.
Vieni entra, siedi alla mia tavola e dimmi,
in questa notte di vento e di pace,
quella parola che diventa vino e pane.

Redenzione

Poveri sterpi, brulle colline,
cemento, cemento
ed io che ti vedo,
ed io che ti sento.

Un burocrate

Se il poeta col suo canto
rivela all’uomo quel che sente
che verso canterà di un uomo
grigio, indifferente, nella mente
pieno di gomene?
Forse quel canto strozzato in gola
sarà il solo grido che lo scuote?
E se è un vescovo o un prete
gli dice che questo non è amore?
Ma un cielo grigio resta non uguale,
al cercatore la costa svela mille insenature,
porti celati nella nebbia,
banchine forse solo semichiuse.

È la vita che canta

Mi è mancato il tempo
per scrivere poesie,
avevo da viverle.
Mi è mancato il tempo,
avevo da amare.
E scrivevo veloce.
La notte nel silenzio
le parole come semi
gemmavano da sole.
Ed io mi destavo un istante
a fermarle nel cuore.
O nei giorni d’estate
quando il sole imprigionava
in casa qualche
tempo di quiete
e la strada appariva
scintillante deserto
perso nella luce.

Il katechon (2 Tess 2)

La fiaccola del vero
contro la manipolazione
viene dal cielo
e viene dall’umano.
La tecnica da sola
scinde, frantuma,
omologa,
il semplice cuore.
L’uomo diventa automa,
servo di pochi
signori del denaro,
caricato a molla.
Va verso il crollo
di tutto
e non si ferma
se il cuore non lo sveglia.
Sarà il disastro
a destarlo,
se poi qualcuno
resta?
O accoglierà la luce
nella coscienza,
piccola, semplice,

serena, umana?

Ave Maria

Apri come non mai tutte le porte del cuore
ecco chi sei, chiara stella dell’alba.
Vieni come non mai dove alcuno ti cerca
tersa aria nuova e non veduta.
Ah, come umilmente sei amorevole e vera
che cerchi sempre i cuori e mai le cose. Povertà e sete e non sapere
e chiedere a tutti e mendicare,
ecco perché il potente non ti vuole.
Ah, se sapesse invece quanto è dolce.

Seconda Ave Maria

Sempre la sera quando scende la tua pace
domando che sia del mondo che non spera.
Potenti affannati a dominare gente
che cerca solo una vita più serena.
Oh Signore, tu sai perché permetti
queste cose, questi dolori, queste ferite astruse. Quando le cose semplici e buone?
Quando la fede coltivata a scuola,
pure lo scambio col pensare altro?
Lasciateci campare, siamo stanchi.
Viene la sera, ogni voce si fa eco distesa,
quieto il campo di girasoli, il faggio riposa.
Fuma il comignolo del casolare nella tenue rossastra luce diffusa.
E l’allodola dal nido ai margini del bosco
canta che questa vostra vita non è vera.

Preghiera del vespro.

La sera tu vieni sileziosa
come una pace segreta
tra il vento e la rosa.
Un raggio di luce rossa
ferisce per un solo istante
la siepe odorosa di gelsomini.
Qui nella campagna
tu parli confidenzialmente
come il marito e la sposa.
Come la mamma e il bimbo
che rotola sull’erba
senza farsi male.
E la mamma ride contenta
di tale gioco che
non le dà pensiero
ma solo infonde fiducia
in questo tempo di prova.

Compieta

Ci sia pace nel tuo cuore
lascia scendere la pace.
Senti? Bussa alle finestre
dalle brume della sera
e ti dona di ascoltare.
Tu aprile. Non temere
– ti dice – i fantasmi dell’inverno,
né la notte che viene.
Riposa. Io sono invece
nel crepitare del caminetto,
nel cagnolino beato
della tua presenza,
nelle semplici cose
contro le quali nulla
davvero può il male.

Breviario pasquale

In questo tempo di sera
sento un canto
come una sorpresa
che si rivela un appuntamento.
Non devo fare nulla, viene
ed io soltanto sento.
Sento il dolore per il vento
che scuote questo mondo
e più nel fondo una pace,
una speranza, in cui mi perdo
senza più alcun ragionamento.

Ora nona

Ecco ancora un canto.
Chiede paternamente: sei stanco?
Stanco di che – rispondo –
sono felice come il vento
che soffia d’estate sul mare
azzurro e come per un miracolo
dileguano le nubi accaldate
e tristi. E la brezza porta
il profumo delle acacie in fiore
e il sapore dei fichi che cadono
nelle mie mani mentre guardo,
forse sogno nel mio riposo,
la verde costa del sud
distendersi ad arco, fino
all’orizzonte. Senza scoccare
il dardo ma felice
di cucire il cielo, la terra, il mare,
a questa pace.

Il canto di Red Crow

Ah, più non so qual’è il cammino
tra le verdi colline nel chiaro mattino.
Prima la terra andava nota fino
al grande fiume viola Potomac.
Che mistero mi prese e non volevo,
io vedo il volto vero del Grande Spirito.
Gli Appalachi brillano all’alba dalle
cime di neve alla valle in fiore e
sanno da sempre. Tutto sapeva di te.
E di me, chiara stella dell’alba.
Chiara mattina nuova in te mi perdo
per sempre felice di morire, di lasciare,
di essere niente. Che tu splenda, tu possa
cantare! Canzoni mai udite aprono tutte le porte
al cuore ed entra l’aria di primavera ed entra
il sole e l’acqua di sorgente ed ogni bene ancora.
Possa venire, cantare, come tu sola sai,
in ogni amaro dolore, in ogni errante cercare.

Rosario di Fatima

Vieni come una pace
al piccolo che riposa,
come un sogno bello,
la gioia che non sapeva.
Ed ora è maggio e
apri ogni finestra,
il piccolo canta
il sole è mite e scalda
senza fare male.
Ma quanto difficilmente
ascolta il potente.
Ascolta la gente
semplice e bisognosa
che finalmente riposa
in questa nuova Parola.

Un canto nella solitudine

Che mi resta nella vita? Quattro note di un canto
e una finestra che attende ancora qualche cosa
ed apposta resta aperta, arrivasse una risposta.
Ma fuori è autunno quasi inverno e il tempo scade
tra le foglie sui rami ormai rare e pare senza senso
ogni cosa. Nel silenzio quasi funebre che sento
più non sprezzo quel flebile canto. Quattro note,
un sussurro, niente, una finestra aperta inutilmente,
nulla? Una canzone antica udita mille volte ora,
proprio ora, qui, con sorpresa, mi tocca il cuore
e dice: ero con te da sempre.

Canti dalla nuova dittatura

Ah, questo oscuro tempo del nostro svanire
in plumbeo cielo grande fratello,
il lucignolo acceso ancora nel lungo inverno
celato miracolo di uno che non può morire.
Seme nascosto di tormentato crogiuolo
e scava, scava, tra polvere nuda
cercando, sincera fonte, acqua sorgiva
donde traboccano le povertà.
Non moriremo nemmeno da morti, ebeti pupi
vedremo tra macerie di tristi stagioni
una invincibile presenza.

L’eterno dilemma

Le cose parlano al poeta,
il poeta fa parlare le cose?
Solo lo Spirito supera le prose
e svela al cuore il canto che
il mero ragionar nascose.

Diego Armando Maradona

Ra o ciel p’a’ povera ggente
ca maj ‘e vint niente,
senza “sant” en alt scfere?
Suffrenn ‘nzieme a la città.
Comm ma comm penzare
chella punizzione, Pecci
non passava o’ pallone,
l’impossibble era niente.
Contro leggi rella scienz
Eppure chella ro potente.
Miracule p’ a povera ggente.
E ancor p’ ‘e vie se legge:
Me crerev ca murev e stu juorno
nu o verev: 10 maggio 1987.

Rinnovo delle promesse battesimali

La lampada è spenta
il sole tramonta
la neve scende bianca
sul mio andare via.
Lungo la strada
dietro i rami spogli
volti a mezz’aria
dicono parole di cui
mi sfugge il senso.
Nella notte che viene
mi congedo per amore,
per tornare più vicino,
per morire tre giorni
e poi resuscitare
quando il fico germoglia
e l’estate è vicina.

Antares (la ricerca del vero)

La stella brillava non potevo cancellarla,
secondo i media della falsa democrazia.
Era così bella nella notte scura la dolce
sua luce che tremava di dolore, di amore,
di paura. Ma non cessava di stare bianca
nella curva del cielo che tanto l’amava.
Non potevo cancellarla, non posso cancellarla,
non l’ho cancellata, vada come vada fosse
anche l’ultima parola pronunciata: stella,
Antares, anti Ares, dio della guerra. La bella.

La rada

C’è una spiaggia lungo la rada
dove un tiepido sole splende
triste in questo novembre.
Lì tu celi e riveli il tuo mistero
e domandi sempre e non cerchi
più risposte. Solo guardi il mare
che brilla e si perde nella foschia
lontana e non hai più domande
e domandi sempre.

Canti dalla nuova dittatura (2)

Cammina in questo tempo
ognuno in una nebbia umida
e grigia. Il cardo e la rosa,
il grano e la sposa nel dì
di festa sono altra cosa.
Il maggio odoroso si è perso,
l’inverno segue all’inverno.
Ed io che cerco il tuo cuore
e il tuo cuore mi cerca mi dico
qualcosa ancora è rimasto
di vero e di bello che porti oltre
la bruma senza alcun vento.

Canti dalla nuova dittatura (3)

Grigia strada della Nomenklatura
dove ognuno si perde nella bruma.
Triste sole d’argento che devi splendere
ancora aspettando un altro tempo.
Ma tutto questo silenzio parla
di un miracolo che sta venendo
ed io senza ancora volerlo già prego.

La natura della luce

L’amore nasce come un tramonto – diceva –
Un raggio di sole infiamma un breve tempo
e tutto trasluce, quieto, nel vespro,
nella naturale mancanza di senso.

Ma la favilla avvampò nel riposo
e Ti pensa ogni momento e si stupisce
e perdutamente si perde in questo vento.

Il sole triste della nomenklatura

Io non so più – diceva – che questo tempo
grigio dove tutto è spento, banale, senza senso.
E non vorrei morire come sciogliendomi
al vento, senza che alcuno veda.

Eppure ricordo l’odore dell’erba tagliata
nel campo di calcio e il “pensiero”
che soffiava nell’aria. E il pallido sole
nel cielo argentato non era triste più di tanto.

Cantico dei cantici

Guardate i gigli del campo,
guardate gli uccelli del cielo
e imparate a giudicare questo tempo.
Imparate dagli aberi, in autunno
le foglie dorate, fino all’ultimo belle,
lasciano volare via con fiduciosa malinconia.
Lasciatevi svegliare dal gallo
alle luci dell’alba,
sia colmato il cuore di speranza
al tremolare della stella del mattino.

Il vuoto pneumatico

Le sirene lontane chiamano al lavoro
ma il lavoro non c’è sono solo ricordi
che esalano dalle nubi d’amianto
di questa alba rossa e già grigia
che rimane dentro come una ferita.
Ma io che vedo ogni cosa straniata
in questo tempo da un pensiero malato,
io sento anche un invicibile canto,
come il fiore germogliato nella crepa del muro,
come il verso imperterrito del gallo…

Il canto che sorprende

È la vita un canto, udito talora
tra nebbie invernali di strade
tumultuose,
talora in un campo di grano
al sole di maggio.
Spera sempre quel Canto
e canta parole mai proferite
per te soltanto.

Notte di Natale

Nella notte di Natale
angeli cantano, pastori
vengono, stelle portano
magi sui loro cammelli.

Quieta la piccola luce
i cuori spaventati
e svela e fuga
il falco alto levato.

Metaverso

Come una bolla portata dal vento
andavi leggera, qua e là, senza senso,
guardando immemore il tuo sentimento
spento al comando venuto via radio.

Conversione di Rainer all’edicola dolomitica

Mi aspettavi, benigno, ogni giorno
all’incrocio
tra il fiume nebbioso e l’argine antico,
appeso ancora a quella croce incorniciata
da un tetto alpino.
Una lanosa stella ai tuoi piedi ed un
lucignolo bigio.
E mi parevi ogni giorno un poco più chino,
un poco più vicino…

Frammento 3

Era lì all’ultimo banco della chiesa,
oltre la vetrata stormiva la quercia
nel vento di maestrale che andava
a primavera.

Una suora colombiana malata

Ti vidi come un lampo,
mille miglia lontano,
sorridevi al cielo
bagnata dal suo pianto.

Planavi in cordigliera
come il condor mirando
il cuore d’ogni uomo
salvato dal tuo volo.

Vocazione matrimoniale di Lorenzo

In questa notte d’estate la campagna
nel silenzio stellato riposa
e nel silenzio ha mille parole.
L’ulivo assopendo risplende, ti sogna Corinna, si vede.
La luna mi dice che t’amo e più non rivela,
niente vuol dirmi di te.
E quel girasole che freme per l’alba forse parla per te?
Il rivo argentato sussurra: “Aspetta domani, lasciati andare, non senti il canto di questa lucente preghiera?”.

La natura del vento

La notte nel silenzio le canzoni
volavano dai cuori nelle case
passando magari da bugigattoli
aperti al fresco dell’estate.

Il vento le portava, che’ sa molte
cose, le più nascoste pure.
Le posava discreto con un soffio
leggero nel riposo ignaro.

Erano sogni d’amore, preghiere
implorate da madri ansiose,
suppliche di pace ed altre belle cose
che sole la brezza può fare volare.

Oblazione di Vincenzina

Alla luce sbilenca dalla soffitta buia
lo sguardo tendeva in attesa ogni sera.
Come venisse di là qualcosa che in fondo
non c’era, come volasse uno sposo chimera.

Come il barlume fosse preghiera venuta
dal cielo
ed i camini sui tetti davanti angeli santi
in vedetta per dare la buona novella.
Come miracolosa si rivelasse ogni cosa.

Guerra

Tutto il dolore si e’ riversato
su di noi ed ora siamo stanchi.
Tra le macerie del male
una preghiera sale da ogni dove,
senza parole, oltre le domande,
ogni questione.

Genitori

Erano li’ disperati a pregare
sperando ogni cosa, una briciola,
un seme, qualcosa.
Predicava il frate:
“Potente è l’amore impotente,
il tempo veloce scava lentamente”.

Un figlio

Come l’acqua smeralda del mare
che brillava
alla rada delle domande al vento.
Così era il silenzio di mio padre.
Nel cielo sfolgorante della Puglia
d’estate imparai ad ascoltare.

Una madre

Ti rivedo nelle foto
bambina e poi sposa,
principessa di una fiaba,
ignara di ogni cosa
e poi ansiosa madre,
che scopriva stupita
un’altra vita e il cielo
che veniva.

Esercizi spirituali

Care suore lasciatevi tirare il velo,
ridete! Imparate dalla gente, cantate!
Siate piccole creature semplici e buone,
amate di cuore, cercate sempre l’aiuto
del Signore e di sua madre!

Via dei miracoli

Come un lucignolo si spegne al vento
e la mano lo accarezza, coprendolo.
Così ti custodivo.
Come dal cielo viene il bello
e stupito senti un canto.
Così ci conoscevamo di nuovo
nel tempo.
Ed il Signore voleva che nulla
mi costasse fatica
e ci allietava Maria nella sua casa.

Pellegrinaggio per l’Appia antica

Lucignoli fumiganti
per catacombe ancora
nella notte di Roma
del quo vadis.

Invitatorio in comunità

Poi – mi disse – nel tempo,
udivo cori, vennero danze,
come fumi che brillano al sole
di marzo
dalla coltre di neve del campo,
quasi l’aria andasse specchiando.

Annunciazione

Nel cielo riarso d’estate
nubi accaldate, tristi,
dileguano come fosse
un miracolo.
Imparo a non computare
il tempo
a lasciar fare al vento.

Ecce homo

Cosi’ spoglio che gli mettono
un velo,
loro che l’hanno spogliato,
ma se lo vuole il cielo
e’ tutto un altro fiato.

La cognizione del dolore

La foglia dorata d’autunno
lasciata cadere al vento
come se fosse inverno,
senza potare quel ramo,
senza bagnare quel campo,
nel mite ristoro del sole
volata lontano.

Pasqua del figlio maggiore

Non piu’ amministratore,
la danza mi sorprende
delle colline in fiore
carezzate dal vento.

Pasqua da Maria

Come colline in fiore
carezzate dal vento
il dolce ristoro
della casa avita.

Veglia dei miracoli

Nella notte tranquilla riposa,
rinasci, amata da ogni cosa.

Il trasparire dei miracoli

Come fumi che brillano al sole
di marzo
dalla coltre di neve del campo,
quasi l’aria andasse specchiando,
i miracoli sconosciuti all’inverno.

Le gabbie invisibili

Andammo via come fosse il vento
sacco forato di sorrisi senza
senso,
come destino eternamente avverso
all’oltre del muro.
Marciavano dentro invisibili bolle
di mago.
Naturale il silenzio mattutino del gallo,
il sibilare sinistro della moka sul fornello,
il contropedale del ciclista alla crono del Giro.

San Giovanni centenario

Ancora cerco quel berretto giallo
che mettevi nelle notti d’inverno
per scaldarti il capo. Era quello
il tuo segreto. Così brillava il tuo
sguardo in ogni tempo, così guardavi
il mondo…

La manna

Stanotte le stelle hanno pianto,
il cielo cercava un campo
dove posare il suo manto
tra dune dissolte dal vento.
Ma nella foschia dell’alba
rosa cos’è questa rugiada?

Questa è una raccolta di poesie scritte al volo al link qui sotto alcune seppure sempre velocemente ma riviste https://gpcentofanti.altervista.org/la-mi-vedranno-mt-28-10/

 

 

*Pablo Neruda, Canto general

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