L’ amore

L’ amore

Solo l’amore che comprende lo specifico, personalissimo, cammino di ciascuno può aiutare l’uomo a trovare sé stesso. Nella tendenziale semplicità, serenità. È su questa via, nel soffio di questo Spirito, che possiamo entrare più profondamente in contatto col nostro cuore. Prima invece frammentati in mille pezzi da tante astrazioni.

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Moralismo (talora spiritualismo) e tecnicismo possono risultare due facce di una stessa medaglia intellettualista. Si dice che l’economia deve essere al servizio dell’uomo ma poi, fosse anche considerando una economia del benessere non solo materiale, si può in realtà variamente slegare la riflessione economica dalla ricerca delle autentiche vie di una vita, di una crescita, integrali, di ciascuno. Per esempio ci si guarda bene dal toccare più attentamente il problema della scuola, che sta svuotando i giovani delle motivazioni di una profonda, libera, ricerca dell’identità e dello scambio. I veri punti nevralgici non vengono affrontati un po’ perché nel vuoto di stimoli autentici, anche equilibrati, si può in varia misura perdere l’intuizione della loro possibile fecondità, molto perché il potere non vuole uomini liberi e maturi, artefici della propria ricerca. Invece ad un certo potere può interessare un mero burattino, come un mero consumatore. Ecco il tecnicismo economicista e l’astratto moralismo, il volontarismo, posti, talora, come orientamenti naturali. Il moralismo può di fatto risultare reciprocamente funzionale anche al tecnicismo pedagogista, psicologista: si rimproverano certi giovani del loro bullismo, si fa un’analisi delle loro famiglie ma il degrado educativo della società del pensiero unico non viene realmente toccato. Non lo toccano efficacemente nemmeno le rivendicazioni della sola propria identità, senza libero pluralismo, senza scambio. Quanto sarebbe fecondo, poi, scoprire le vie di una personalizzata gradualità. Moralismo e tecnicismo si riscontrano per esempio anche in una sinodalità declamata e poi troppo ingabbiata in competenze, come se l’umanità, la profezia, potessero essere vivisezionate. Un amore, dunque, che cerca di comprendere, che accoglie, andando oltre. Vi sarebbe tanto bisogno di percorsi per certi versi alternativi che potrebbero rivelarsi particolarmente nelle corde della donna. Il mio cuore immacolato trionferà. Forse per questo la donna può risultare ancora oggi tra le persone più penalizzate.

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Al Corviale il bambino era incerto nei suoi ragionamenti nel rispondere alla domanda di Francesco se anche i non credenti sono figli di Dio. Poi il papa gli ha chiesto cosa gli dicesse in proposito il cuore ed il fanciullo ha subito detto che sì, anche loro sono suoi figli. La via del cuore nell’amore autentico, rasserenante (di Dio), è dunque quella dove possiamo sempre più trovare l’autentico noi stessi. I concetti astratti possono invece squadrare l’umano, costringendolo in camice di forza, prive di sfumature e al tempo stesso cervellotiche.

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Consideriamo proprio la questione femminile. L’intellettualismo può rischiare di ridurla talora ad una monocorde rivendicazione di potere. E certo è giusto valorizzare, cercare i giusti spazi, anche per le donne. Ma un astratto razionalismo può tendere ad uniformare meccanicamente ogni persona, uomini e donne, specie talora proprio quelli al vario potere, su orientamenti pragmatici che possono spegnere l’umano. Così si può non cogliere la profonda, complementare, fortemente alternativa, via che Gesù e Maria sembrano indicare, stimolare, per la donna. La via non del potere, del mero burocratismo, del mero fare, dello stesso intellettualismo ma del cuore, dell’accoglienza, della tenerezza, dell’ascolto, del dialogo, del lasciarsi portare oltre. Possiamo infatti notare che in tanti momenti decisivi nei vangeli sono le donne a lasciarsi portare oltre, con il cuore, entrando per prime in nuovi orizzonti. La samaritana che accoglie il nemico giudeo, Gesù, al di là di ogni convenzione; l’unzione di Betania con nardo preziosissimo; la vicinanza sotto la croce; la prima scoperta della resurrezione…

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Più profondo coinvolgimento, dunque, anche della donna nei vari ambiti ecclesiali istituzionali, anche di guida spirituale, con la consapevolezza di poter aiutare proprio con la vocazione femminile a superare certo possibile burocratismo, schematismo. Ma anche con la consapevolezza del rischio di farsene invece, magari ulteriormente, fagocitare. Nell’ambito della consacrazione religiosa femminile una rinnovata formazione, un rinnovato, anche concretamente esperienziale, pastorale, coinvolgimento, potrebbero rivelarsi un fecondo contributo allo sviluppo dell’accoglienza dello Spirito che ci porta sempre più profondamente nel cuore divino e umano di Gesù.

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Nella Trinità, poi, lo Spirito Santo può sembrare talora non si veda e non si senta, al punto che nella Chiesa lo si comincia a riscoprire per certi versi solo negli ultimi decenni. Eppure non è meno Dio del Padre e del Figlio. Il quale Figlio, tra l’altro, va a dare la vita per noi senza neppure poter sapere chi dei discepoli starà in cielo alla sua destra. Ho letto di una femminista che perse la fede perché Gesù chiama Dio Padre. Ma proprio Dio è anche, appunto, Spirito Santo e Figlio. E solo in questo amore esiste. Se non vi fosse un’origine e se Padre e Figlio non esistessero, non si amassero, accogliessero, nello Spirito, non sarebbe un solo Dio. E Dio non sarebbe amore, comunione. La donna, il laico, anche il semplice prete, il diacono, vanno valorizzati. Ma non è significativo vedere che l’intellettualismo può orientare a rivendicazioni riduttive, pragmatiste e a compartimenti stagni (per esempio la donna), private di una più profonda, integrale, anche personale e comunitaria, tendenzialmente armonica, carica di rinnovamento?

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Ogni virtù senza l’amore si svuota, diviene l’opposto di sé stessa, ideologia. L’amore è umile, l’umiltà da sola diviene falsa modestia, una forma anch’essa di egocentrismo. Nella vita quotidiana è, in varia misura, umano che la libera ricerca dell’identità femminile possa comportare sbandamenti per eccesso e per difetto, che sia un cammino. Inoltre mi pare giusto che una donna possa, volendo, assumere nella società gli stessi ruoli anche di potere di un uomo. Ma nel mandato ecclesiale di Gesù vi è una vocazione orientata alle caratteristiche più specifiche di ciascuno. Una autentica riserva identitaria? Al tempo stesso mostrando uno sguardo di amore, di comprensione, sul graduale percorso, sui bisogni, di ciascuno. Per questo, forse, Gesù non ha chiamato donne al sacerdozio. Pur avendole molto valorizzate, coinvolte. Il rinnovamento mariano. Che aiuta a scoprire sempre più profondamente il vero senso anche, per esempio, del sacerdozio. La stessa fede, ha osservato Francesco, non si trasmette, si partorisce alla fede. Bisogna tornare sempre più, per grazia, al Gesù dei vangeli. Però anche attenti ad evitare ripetizioni pedisseque, non nello Spirito. Non a caso, dunque, la gradualmente sempre più profonda, non schematica, disincarnata, riscoperta dello Spirito di Cristo e della donna. Per esempio Gesù stesso afferma di essere stato inviato solo alle pecore perdute della casa d’Israele. Forse in Cina si sarebbe fatto, nell’eucaristia, riso? In questo intervento pongo domande in una ricerca aperta.

 

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