Il polso della situazione

Il polso della situazione

Non mi meraviglierei se in cielo constateremo ancor più chiaramente che dall’ultimo concilio abbiamo avuto, almeno sino ad ora, il dono di papi tutti santi. Dunque parlo con amore, per un possibile contributo ad una crescita comune. Mi pare davvero un dono di Dio che ci si stia aprendo con più frequenza all’elezione di papi non italiani. Può apparire sotto molti aspetti positivo che i pontefici vengano via via da ogni parte del mondo. Tra l’altro eventualmente nuove aperture, stimoli originali, sblocco di possibili apparati.

 

Però con una mentalità diffusa ancora poco sinodale vi è l’inconveniente che un papa straniero porta l’esperienza della sua terra mentre magari conosce meno la storia italiana. Può così tendere a cercare di riproporre in Italia certe piste del proprio paese di origine che in Italia risultano variamente artefatte. Per cui non solo si può riscontrare il problema generalizzato del bisogno di un discernimento rinnovato, per esempio non spiritualista o razionalista o pragmatista. Dunque passaggi meno schematici, distinzioni più adeguate. Ma anche, all’interno di ciò, la poca sinodalità, la confusione dei vissuti di popoli diversi o comunque il pericolo di non maturare un adeguato polso delle diverse situazioni.

 

Ecco un’ulteriore spinta ad intuire che forse è bene che il papa, i pastori, diventino sempre più appunto anche accoglitori, stimolatori, dei carismi altrui, anche nei vari paesi. Un’autentica partecipazione, sinodalità, dalle quali ancora oggi si può essere talora molto lontani. Al di là delle parole nuove. Non concretizzandosi tali percorsi si possono creare ostacoli alla vita di fede a tutto campo.

 

Non va escluso insomma che un pontefice straniero venga mal consigliato da poche persone. Mi chiedo se questo rischio lo corre oggi anche Francesco. Per qualcuno il male minore è appoggiare la parte politica meglio disposta all’accoglienza degli immigrati. Pazienza, si afferma, se sui temi identitari prevale l’omologazione nihilista.

 

A me pare che quello dell’accoglienza dei migranti sia di fatto l’unico valore sotto molti aspetti positivo di compagini politiche che hanno metodicamente svuotato il paese immergendolo in una drammatica alienazione politicamente corretta-consumista che sta portando il mondo verso il crollo. Non è un caso che un numero crescente di persone si senta totalmente estranea a tale sistema individualista-finanziario imperante per esempio in Europa e in Italia. Imperante anche quando va in minoranza alle elezioni. Davvero ormai la distinzione essenziale è tra questa oligarchia al potere, a sua volta rigidamente teleguidata, irreggimentata, da pochi signori del denaro e la gente che subisce tale continua espropriazione della propria storia, di ogni ricerca autenticamente libera, umana. E che poi viene anche accusata, a seconda della convenienza, di immaturità. 

 

Dunque il tema dei migranti, sia pure subliminalmente in versione omologante, spegnente, è stato l’ancora elettorale di salvezza di un potere che va implodendo. Altro che favore ricevuto che orienta noi cristiani a sopportare lo svuotamento di cui sopra. Il profondo sostegno profuso per un sistema in crisi apre spazi per stimolare, sia pure nei tempi e nei modi adeguati, una strada ora più nitida. Non per esempio la rivendicazione di un maggiore spazio educativo per i soli cattolici. Ma invece il favorire per ciascuno la libera scelta della formazione nella vissuta identità ricercata e nello scambio con le altre. Ossia una strada tendente a riscattare le persone dalla dittatura del pensiero unico rendendole sempre più capaci di maturare, di confrontare, valutazioni personali, non programmate dall’alto. E dunque desiderose di una partecipazione più consapevole e concreta, meno disposte a venire lasciate nel solito cantuccio. Magari in nome di uno scientismo ad uso dei dominatori e isolato da una più autentica maturazione complessiva, personale e comunitaria. 

 

Il sistema tecnicista-consumista sembra procedere in gran parte automaticamente, con i teleguidati ruoli, le asfittiche incanalate competenze, verso lo sfinimento totale, a tutto campo. Questi meccanicismi tendono a chiudere ogni esponente dell’oligarchia nel cortissimo respiro dell’interesse personale, con persino nessuna attenzione ad un’autentica, partecipata, ricerca del vero. Masse crescenti sperimentano un annullamento totale e dunque una non sempre matura ribellione che viene stigmatizzata dallo stesso apparato artefice di tale situazione. Ma per i motivi suddetti impossibilitato a comprendere tutto ciò. Penso che non pochi funzionari della stessa oligarchia saranno via via ben felici di aggregarsi a piste più costruttive, capaci di coinvolgere davvero le persone, di alimentare concrete speranze.