Il peccato del mondo e nella Chiesa

Il peccato del mondo e nella Chiesa

Agli esordi della sua predicazione Gesù esorta alla metanoia, letteralmente oltre mente, oltre pensiero, insomma al lasciarsi portare oltre, perché il regno dei cieli è vicino. Subito Gesù manifesta la ricchezza del suo amore, del suo discernere. Parla di un oltre e chi non desidera nel profondo un oltre per la propria vita. E parla di un regno, di ogni bene, che è vicino, ossia amico, familiare. 

 

Lo sguardo di Cristo ci insegna ad evitare due scogli opposti di cui va tenuto conto: un oltre che diventi estraneità e una vicinanza che sia mero appiattimento sull’esistente. Anche oggi possiamo sperimentare il pericolo di un vangelo letto astrattamente o ridotto a mero pragmatismo. Possiamo estraniarci dal mondo o confonderci con esso. Nei primi decenni dell’evangelizzazione forse poté aiutare molto la percezione di un oltre vicino, la consapevolezza di vivere in un mondo pagano che aveva tanto bisogno di ciò. 

 

Oggi nella Chiesa può talora latitare questo bisogno di un oltre. Si può ritenere di avere ormai acquisito un adeguato discernimento ma paradossalmente proprio tale valutazione rischia di favorire un allontanarsi prima di tutto da sé stessi. La natura dell’uomo è quella di essere perennemente in cerca di un oltre benefico e vicino. Di un oltre autentico, dunque, rispetto al quale vi è sempre da correggere il tiro. 

 

È necessario divenire nuovamente consapevoli di vivere in un mondo pagano della cui mentalità possiamo essere partecipi per vari aspetti anche noi cristiani. Sì, in qualche misura “eretici” anche noi. Bisognosi di cercare Gesù col contributo di ciascuno, esplicitamente o implicitamente, in Lui.

 

Il rischio è quello di paganizzare sempre più la Chiesa proprio non avvedendosi di queste distorsioni terrene. Eppure Gesù ha insegnato con chiarezza che lo Spirito ci condurrà alla verità tutta intera orientandoci a tornare sempre più profondamente al Cristo reale, anche quello dei vangeli. 

 

Le impostazioni fondamentali del nostro discernere sono quelle di Gesù? Non possiamo persino ritenere di essere giustamente avanti a Lui, dopo duemila anni di sviluppo culturale? Gesù centrava il proprio discernimento su una ragione astratta, finendo così per frammentare l’uomo in ragione astratta, spirito disincarnato e resto pragmatico dell’umano? Non vediamo le conseguenze di ciò nell’intellettualismo, nello spiritualismo, nel pragmatismo? Magari variamente giustapposti. Orientamenti talora di noi cristiani. 

 

Gesù maturava nello Spirito che scendeva su di Lui con delicatezza, come una colomba. E in questa serena, vissuta, crescita vedeva ogni cosa in modo sempre nuovo. Un discernimento del cuore, della coscienza spirituale e psicofisica, nella Luce a misura. Un cammino in Dio, con l’aiuto del popolo eletto e di ogni uomo.

 

È proprio la gente, col suo naturale bisogno di un oltre benefico e vicino, un continuo riferimento per crescere insieme in Cristo. Quando si creano le elites separate da questa condivisione si codifica l’autoreferenzialità, che come abbiamo visto sopra è la prima delle distorsioni. 

 

Ma come aprirsi a questa crescita libera e condivisa in un mondo dove può esistere il prevalere dell’interesse personale, l’immaturità, tanti pericoli? Non per nulla Gesù ha costituito alcuni pastori. Ma ha anche insegnato a lavarsi i piedi gli uni gli altri. Quando l’uomo, anche il pastore, sente il bisogno di un oltre benefico e vicino è sulla via per coniugare sempre più adeguatamente, in mille modi, queste aperture e le necessarie prudenze. Il problema di fondo, anche nella Chiesa, è, ancora una volta, la magari involontaria ubris, la superbia del fare dà sé. 

 

Non a caso sceso dal monte della Trasfigurazione Gesù, in genere così mite, parla a proposito dei suoi stessi discepoli di generazione incredula e perversa e si domanda fino a quando dovrà stare con loro e dovrà portarli su, a Lui (cfr Lc 9, 41). È in realtà un forte, amorevole, avvertimento circa il più grave pericolo. Quanti disastri bisognerà sperimentare perché certi pastori scoprano il bisogno di un oltre benefico e vicino? E cerchino i modi adeguati per riconoscerlo, accoglierlo? Il Battista, vedendo venire Gesù verso di lui, disse: “Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1, 29).